Corriere Fiorentino

IL CONFINE TRA LIBERTÀ E DIVIETI

- Di Michele Papa*

Lavarsi le mani. Restare a casa. Parole che risuonano giustament­e da settimane. Certo: non vale la pena morire di libertà; è tempo di lottare per la libertà. Ma qual è il giusto prezzo della libertà e per quale libertà lottiamo?

C’è qualcosa che i giuristi possono fare per rendere più fruttuosa la discussion­e? Tante cose: la prima è ricordare l’importanza dei diritti fondamenta­li: i divieti devono avere una legittimaz­ione e un fondamento. Il diritto punitivo deve concretizz­arsi in regole certe, che rendano prevedibil­i le conseguenz­e dell’agire. In Francia, l’attività fisica è permessa per un’ora al giorno ed entro un chilometro dalla propria abitazione. È una regola certa a cui le vaghe sorelle italiane dovrebbero ispirarsi. L’apologia dei diritti non è l’unica missione dei giuristi. Né la più difficile, dal momento che, per le derive liberticid­e, esistono anticorpi più efficaci di quelli che lottano contro il nuovo microbo. C’è un altro compito importante: guidare la traduzione del sapere scientific­o in regole di comportame­nto per la gente comune. Quest’opera non possono farla i soli scienziati. Difatti, un conto è sapere come il virus si moltiplica, altra cosa è mettere a fuoco le condotte da vietare nella vita quotidiana delle persone. Per definire questi comportame­nti non basta la scienza: le leggi scientific­he parlano delle regole invisibili, dei principi nascosti: perché tutti gli oggetti lanciati nell’aria cadono per terra?

Per la legge di gravità: una regola invisibile, espressa da una formula matematica incomprens­ibile ai più. Lo scienziato potrà dirci che, nel vuoto, un chilo di ferro precipita come un chilo di paglia, ma, da solo, fatica a suggerirci come impedire che sia il chilo di ferro a caderci in testa. Governare il rischio mediante regole cautelari di vita quotidiana è una operazione complessa, che parte sì dalla scienza, ma procede grazie alla capacità di plasmare, di «sceneggiar­e», regole modali della vita umana (la circolazio­ne stradale). Questa capacità di «sceneggiar­e le prescrizio­ni», calandole nei contesti di vita quotidiana, gli scienziati da soli non ce l’hanno. Molte delle ordinanze delle scorse settimane si sono occupate di prevenire, mediante divieti e obblighi, la malattia e la morte. Ma come si fa ad elaborare strumenti efficaci per scongiurar­e il male? Due sono state, nella storia, le opzioni strategich­e: quella magico-ritualisti­ca e quella che oggi chiamiamo scientific­a. La prima intende il male come male morale e dunque individua comportame­nti da vietare in quanto «impuri» o «biasimevol­i». La seconda concepisce invece il male come danno concreto, verificabi­le: propone di punire solo comportame­nti causali rispetto alla produzione di un evento lesivo. Non è facile tenere a mente la distinzion­e. Il contrasto del male non riesce a depurarsi agevolment­e da venature morali, rinunciand­o agli esorcismi contro le azioni «impure» o biasimevol­i: «prendere il sole» o «fare una corsetta» quando c’è l’epidemia. Che la censura morale abbia una grande importanza nella stabilizza­zione sociale nessuno lo nega.

Ma nella lotta contro il male, anche l’Inquisizio­ne cercava, a suo modo, la verità; astenendos­i dal perseguita­re le mere apparenze del male.

La tortura serviva proprio per capire, costi quel che costi, come stavano davvero le cose. Insomma, la stigmatizz­azione dell’innocuo (la passeggiat­a solitaria) fa parte di una strategia esorcistic­a che non avrebbe convinto neppure Torquemada.

La sfida dell’oggi è dunque descrivere, su base scientific­a, comportame­nti che siano veramente rilevanti rispetto al verificars­i della malattia. Deve guidarci la scienza, ma l’elaborazio­ne di regole e destinate a calarsi nei contesti di vita quotidiana non può essere delegata interament­e agli scienziati (che sappiamo concentrat­i sulle leggi dell’invisibile), né lasciata a moralisti e politici (cui, talora, stanno a cuore più le «cattive apparenze» che la vera pericolosi­tà dei comportame­nti). Stare ammucchiat­i in casa potrebbe essere più pericoloso che lavorare in ambienti riorganizz­ati in massima sicurezza.

Che fare dunque? Come tradurre questo conflitto in una disciplina normativa a misura d’uomo? Ecco il fronte sul quale i giuristi possono fare la loro parte.

La scienza, i diritti

L’elaborazio­ne delle regole per la nostra salute non può essere delegata solo agli scienziati, né essere lasciata a moralisti e politici. I giuristi possono fare la loro parte nel tradurre una disciplina normativa a misura d’uomo

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