IL CONFINE TRA LIBERTÀ E DIVIETI
Lavarsi le mani. Restare a casa. Parole che risuonano giustamente da settimane. Certo: non vale la pena morire di libertà; è tempo di lottare per la libertà. Ma qual è il giusto prezzo della libertà e per quale libertà lottiamo?
C’è qualcosa che i giuristi possono fare per rendere più fruttuosa la discussione? Tante cose: la prima è ricordare l’importanza dei diritti fondamentali: i divieti devono avere una legittimazione e un fondamento. Il diritto punitivo deve concretizzarsi in regole certe, che rendano prevedibili le conseguenze dell’agire. In Francia, l’attività fisica è permessa per un’ora al giorno ed entro un chilometro dalla propria abitazione. È una regola certa a cui le vaghe sorelle italiane dovrebbero ispirarsi. L’apologia dei diritti non è l’unica missione dei giuristi. Né la più difficile, dal momento che, per le derive liberticide, esistono anticorpi più efficaci di quelli che lottano contro il nuovo microbo. C’è un altro compito importante: guidare la traduzione del sapere scientifico in regole di comportamento per la gente comune. Quest’opera non possono farla i soli scienziati. Difatti, un conto è sapere come il virus si moltiplica, altra cosa è mettere a fuoco le condotte da vietare nella vita quotidiana delle persone. Per definire questi comportamenti non basta la scienza: le leggi scientifiche parlano delle regole invisibili, dei principi nascosti: perché tutti gli oggetti lanciati nell’aria cadono per terra?
Per la legge di gravità: una regola invisibile, espressa da una formula matematica incomprensibile ai più. Lo scienziato potrà dirci che, nel vuoto, un chilo di ferro precipita come un chilo di paglia, ma, da solo, fatica a suggerirci come impedire che sia il chilo di ferro a caderci in testa. Governare il rischio mediante regole cautelari di vita quotidiana è una operazione complessa, che parte sì dalla scienza, ma procede grazie alla capacità di plasmare, di «sceneggiare», regole modali della vita umana (la circolazione stradale). Questa capacità di «sceneggiare le prescrizioni», calandole nei contesti di vita quotidiana, gli scienziati da soli non ce l’hanno. Molte delle ordinanze delle scorse settimane si sono occupate di prevenire, mediante divieti e obblighi, la malattia e la morte. Ma come si fa ad elaborare strumenti efficaci per scongiurare il male? Due sono state, nella storia, le opzioni strategiche: quella magico-ritualistica e quella che oggi chiamiamo scientifica. La prima intende il male come male morale e dunque individua comportamenti da vietare in quanto «impuri» o «biasimevoli». La seconda concepisce invece il male come danno concreto, verificabile: propone di punire solo comportamenti causali rispetto alla produzione di un evento lesivo. Non è facile tenere a mente la distinzione. Il contrasto del male non riesce a depurarsi agevolmente da venature morali, rinunciando agli esorcismi contro le azioni «impure» o biasimevoli: «prendere il sole» o «fare una corsetta» quando c’è l’epidemia. Che la censura morale abbia una grande importanza nella stabilizzazione sociale nessuno lo nega.
Ma nella lotta contro il male, anche l’Inquisizione cercava, a suo modo, la verità; astenendosi dal perseguitare le mere apparenze del male.
La tortura serviva proprio per capire, costi quel che costi, come stavano davvero le cose. Insomma, la stigmatizzazione dell’innocuo (la passeggiata solitaria) fa parte di una strategia esorcistica che non avrebbe convinto neppure Torquemada.
La sfida dell’oggi è dunque descrivere, su base scientifica, comportamenti che siano veramente rilevanti rispetto al verificarsi della malattia. Deve guidarci la scienza, ma l’elaborazione di regole e destinate a calarsi nei contesti di vita quotidiana non può essere delegata interamente agli scienziati (che sappiamo concentrati sulle leggi dell’invisibile), né lasciata a moralisti e politici (cui, talora, stanno a cuore più le «cattive apparenze» che la vera pericolosità dei comportamenti). Stare ammucchiati in casa potrebbe essere più pericoloso che lavorare in ambienti riorganizzati in massima sicurezza.
Che fare dunque? Come tradurre questo conflitto in una disciplina normativa a misura d’uomo? Ecco il fronte sul quale i giuristi possono fare la loro parte.
❞
La scienza, i diritti
L’elaborazione delle regole per la nostra salute non può essere delegata solo agli scienziati, né essere lasciata a moralisti e politici. I giuristi possono fare la loro parte nel tradurre una disciplina normativa a misura d’uomo