«Tanti no, la gente stava male e noi col carburante al minimo»
Il racconto del primo ufficiale Domenico Strazzi: a Cipro volevano farci sbarcare i malati con una scialuppa
«Ci hanno negato di gettare l’ancora». Anche chi uomo di mare non è, comprende il dolore del primo ufficiale Domenico Strazzi. Sono ferite, quelle ancore negate a Cipro, Gioia Tauro, Civitavecchia, Marsiglia. Sedici giorni di limbo, finalmente finiti. Lo si capisce dalla voce dell’ufficiale: stanca, ma euforica.
Il permesso di attracco alla fine ve l’ha dato Piombino. Ma a Dubai intanto avete dovuto far scendere anche un medico di bordo che stava male.
«Fortunatamente sta meglio. Però vi prego, fatemi ringraziare tutti quelli che hanno aiutato a risolvere la situazione, fino al sindaco Francesco Ferrari».
Se siete qui è anche grazie a sua moglie Carmen: che ha smosso tutti, a partire dal sindaco di Procida, la sua città. «C’è stato un momento in cui eravamo disperati».
Partiamo dall’inizio: il 13 marzo siete a Dubai.
«La nostra compagnia decide di sospendere le crociere, per la crisi del virus. Sbarchiamo i passeggeri. La compagnia ha messo in atto subito i protocolli previsti: ha distribuito tutti i dispositivi di protezione, ha disposto tutto il personale in cabine singole».
Attraversate il Canale di Suez...
«Ma da soli: nessun pilota o autorità sale in nave. Non succede mai. Poi, la situazione si aggrava. Ci avevano già comunicato che il dottore lasciato a Dubai era positivo, dopo il test. Avevamo un solo dottore a quel punto, le persone con sintomi aumentavano ogni giorno».
Arrivate nel Mediterraneo: quante sono a quel punto le persone con sintomi simili da coronavirus?
«Decine: uno si sente davvero male. Andiamo a Cipro per lasciarlo in ospedale. E lì...».
Lì cosa è successo?
«Cipro ci risponde: portatecelo all’ingresso del porto con una scialuppa ed andatevene. Così è violare il diritto marino, dare ad una nave assistenza sanitaria. Ci hanno negato l’ancora, capisce?» . Ripartite verso l’Italia.
«La destinazione iniziale era Savona, il 5 aprile. Dopo Cipro, è diventata Civitavecchia.
Metto due macchine al minimo, velocità da nave a vela. Dovevamo consumare meno nafta possibile, non potevamo finirla e rimanere in balia del mare. Due giorni dopo ci chiama la compagnia e ci dice di andare a Gioia Tauro, per far salire un altro dottore, i malati aumentavano. Doveva salire alle 20, giriamo come trottole davanti al porto fino alle 22. Mi chiamano in sala macchine e mi comunicano che Gioia Tauro non dà il permesso di far imbarcare il dottore. E quindi ripartiamo a velocità di vela».
Direzione?
«Civitavecchia. Ma il sindaco di quella città prima fa polemica, poi scrive un’ordinanza di divieto di ingresso. Verso le 16 di sabato scorso, arriva l’ordine dalla società: andate a Marsiglia. L’equipaggio ha i nervi a fior di pelle: dal 13 marzo in mezzo al mare, rifiutati ovunque. Al che chiedo aiuto alla mia famiglia».
E sua moglie, Carmen, con l’appello al sindaco di Procida smuove tutti i Comuni di dove sono originari i vostri marinai.
«Sembrava fatta: mi chiedono di mettere le macchine avanti tutta verso la Francia e invece... Subito dopo mi chiedono di spengerne un motore. Marsiglia non ci accetta. Mi sono sentito con le spalle al muro: arriviamo in un porto prima che ci scappi il morto, mi dicevo. Ma poco dopo il rifiuto di Marsiglia, ecco che Piombino ci accoglie. Lo voglio incontrare questo sindaco, è davvero un grande uomo».
Ha rispettato la legge del mare.
«Ha fatto il suo dovere».
Da quanto non scende dalla Costa Diadema?
«Da 60 giorni. Sono il primo a voler restare in quarantena sulla nave e anche se fossero 160, va bene così. Un porto c’è. A me manca solo abbracciare Carmen e i miei figli Rossella e Fabrizio. Li ho potuti sentire solo per messaggio, le videochiamate non si fanno, sulla nave».
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A Civitavecchia il sindaco ha fatto una ordinanza col divieto di ingresso A Gioia Tauro non hanno dato il permesso di far scendere il nostro medico malato
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A bordo decine di persone con sintomi, eravamo
disperati
Per questo voglio incontrare il sindaco di Piombino: è un gran uomo Io resto sulla nave, in quarantena