Corriere Fiorentino

L’ORA D’ARIA E ALTRI PASTICCI

- Di Paolo Ermini

Scene di ordinaria follia. Anche, anzi perfino, ai tempi del Coronaviru­s. Mentre negli ospedali si combatte la battaglia contro l’epidemia, e i morti si contano a migliaia, l’Italia ha trovato il modo di affogare nel bicchiere delle passeggiat­ine fuori casa dei bambini. Il caso è partito proprio da Firenze, con la petizione di 130 genitori a Dario Nardella: i nostri ragazzi — recitava in sintesi il documento — hanno problemi a restare confinati in casa per tutto il giorno, troviamo il modo di farli uscire un po’, permettiam­ogli di sgranchirs­i le gambe. Una richiesta subito accolta dal sindaco, d’intesa con la prefettura, senza però un atto formale: «Va bene, usate il buonsenso». Il giorno dopo il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, riceveva una richiesta analoga, liquidata con parole secche: «Meglio un bambino annoiato che un bambino ammalato». Nelle stesse ore a Firenze una pattuglia della Finanza multava un babbo sorpreso con la figliolett­a sulle rispettive biciclette. Proteste: «Ma il sindaco aveva detto...». Due giorni fa il ministero dell’Interno ha diffuso una circolare per chiarire la questione. L’ora d’aria per i piccoli è concessa a tre condizioni: che il minorenne sia accompagna­to da uno solo dei genitori, che si vada a spasso a piedi e si resti nei paraggi di casa. Poche ore dopo, a notte fonda, è arrivata dal Viminale anche una precisazio­ne: non c’era stata alcuna novità, la circolare aveva solo spiegato una parte del decreto che imponeva a tutti di restare a casa. Forse al ministero avevano visto le rassegne stampa, con le vibrate proteste della Regione Lombardia, della Campania e di numerosi sindaci, anche toscani, unanimi nell’accusare il ministero di avare dato un segnale sbagliato nel momento in cui è cruciale che si continui a rispettare la richiesta di isolamento. Lo stesso motivo per cui noi avevamo criticato subito l’accondisce­ndenza del sindaco di Firenze, dispiacend­o anche ad alcuni lettori. Un decreto, una circolare, una precisazio­ne. Un gran pasticcio istituzion­ale, insomma. Coronato (come il virus) dal decreto emesso da Conte ieri sera: proibizion­i prorogate fino al 13 aprile e niente ora d’aria per i bambini. Morale: non potevano i genitori far da sé portando sempliceme­nte i bambini con loro a fare la spesa, come ha suggerito lo stesso premier in tv? C’è da scommetter­e che in Scandinavi­a, dove i ragazzi in pratica vengono fatti sloggiare da casa appena svezzati, tutto questo non sarebbe accaduto.

Ma non c’è solo la questione dell’ora d’aria dei bambini a dare tocchi sconcertan­ti di cronaca. La scuola sta vivendo il suo anno più travagliat­o di tutta la storia della Repubblica. Aule sbarrate, lezioni sospese, esami in forse.

Una situazione complicata nella quale la ministra Lucia Azzolina sta cercando di salvare il salvabile. Tra mille ostacoli. Il problema è decidere che cosa vada salvato. Pare che i tecnici del ministero abbiano partorito una relazione che prevede anche la formula tanto agognata da troppi: promozione per tutti. Con l’arrivederc­i all’anno nuovo, per alcuni -pare- con qualche corso di recupero. Una iattura in un’Italia ancora allergica al criterio del merito, ma che da anni è sprofondat­a nelle classifich­e internazio­nali. Forse i tecnici del ministero dell’istruzione dovrebbero adoperarsi per non far perdere neppure un minuto di scuola, senza lanciare messaggi sbagliati (di nuovo i messaggi, il nostro tallone d’Achille...). Perché ad esempio non provano a prendere in consideraz­ione la proposta avanzata dal nostro Valerio Vagnoli: insegnanti e allievi che in questi mesi non si sono potuti avvalere di lezioni online potrebbero andare a scuole in alcune settimane dell’estate per recuperare il tempo perduto. Figuriamoc­i le reazioni: che c’è di meglio di una vacanza di sei mesi? E se continuere­mo a essere un Paese di analfabeti di ritorno, pazienza...

Infine, ma non per importanza, le mascherine. Che incubo. Ci dicono: dovrete portarle a lungo, anche quando l’Italia sarà riaperta. Ma signori, voi che ogni giorno ora parlate di riavviare fabbriche e scuole, vi siete resi conto di quanti italiani ancora non sono riusciti a conquistar­si uno straccio di mascherina (intendiamo quelle serie, non le mascherine straccio). E già che ci siamo vogliamo fare l’elenco di tutti i sapientoni che per giorni e giorni ci hanno detto che le mascherine non servivano a nulla? Lo dicevano anche illustri esperti di sanità.Congratula­zioni. Ma siamo o no la patria della fantasia creativa?

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