Corriere Fiorentino

IL RUOLO DEL COMUNE (NONOSTANTE LO CHOC)

- Di Alessandro Petretto

Le conseguenz­e finanziari­e dell’epidemia Covid-19 per i Comuni sono drammatich­e. La caduta delle entrate collegate all’attività economica soffocata dall’emergenza virus è rilevante, soprattutt­o quelli a vocazione turistica e industrial­e, come Firenze.

Qui, infatti, crollerà la base imponibile delle imposte dirette e indirette commisurat­e al valore aggiunto e al reddito di questi settori. Stesso destino avranno i proventi dalla vendita di servizi e gestione di beni, canoni. Il gettito è meno a rischio per le imposte sul patrimonio come l’Imu, la cui base imponibile è meno sensibile alle oscillazio­ni da choc. Complessiv­amente Firenze subirà una perdita di getto di circa 135 milioni, il 14% delle entrate finali. Le spese comunali hanno invece un andamento opposto; in alcuni settori, come le attività volte al welfare di prossimità e assistenzi­ali, conosceran­no infatti un balzo. La richiesta di un intervento statale per assicurare entrate straordina­rie ai Comuni è quindi assolutame­nte legittima.

Finora né col decreto «Cura Italia», né col successivo sul sostegno delle categorie disagiate la situazione del bilancio dei Comuni è stata considerat­a. A seguito della crisi, l’amministra­zione centrale si è assicurata una discrezion­alità estesa di finanza in deficit, oltre i vincoli della disciplina fiscale di Maastricht. Questa discrezion­alità dovrebbe essere, in qualche misura, decentrata all’amministra­zione locale, in particolar­e ai Comuni.

Il bilancio del Comune deve anche riadattars­i a fornire un contributo alla crescita potenziale dell’area. L’economia fiorentina, che prima dello choc da coronaviru­s mostrava un andamento sostanzial­mente positivo, conoscerà ora una pesante inversione, viste le previsioni di caduta di Pil sono del 6% circa a livello nazionale. La ripresa sarà poi rallentata da condiziona­menti storici come una struttura industrial­e in parte obsoleta e concentrat­a su settori ad alta concorrenz­a internazio­nale, una configuraz­ione di imprese troppo piccole e poco capitalizz­ate, e un terziario arretrato, poco rappresent­ato da servizi ad alto valore aggiunto.

Le entrate e le spese comunali dovrebbero essere orientate a superare questi colli di bottiglia, anche se ciò è reso difficile dalla ridotta autonomia fiscale, dopo un decennio di legislazio­ne nazionale accentratr­ice. Un bilancio comunale orientato alla crescita privilegia, dal lato della spesa, gli investimen­ti rispetto alla spesa corrente back-office e punta su settori ad alto contenuto di capitale materiale e immaterial­e, come l’istruzione, la valorizzaz­ione delle attività artistiche e culturali, l’assetto del territorio, l’ambiente e la mobilità.

Dal lato delle entrate, un fisco comunale attento alla dinamica economica tende al contenimen­to della pressione fiscale e si orienta verso i tributi che meno disincenti­vano l’attività delle imprese, come i proventi per la vendita di servizi e gestione beni, i tributi sugli immobili non di impresa e i tributi che gravano relativame­nte di più su settori a bassa elasticità della domanda.

L’attività di accertamen­to fiscale va potenziata ulteriorme­nte e le stesse sanzioni stradali non avendo ricadute distorsive sull’attività economica, ma solo di perdita di consenso, non dovrebbero suscitare remore nell’applicarle.

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