IL RUOLO DEL COMUNE (NONOSTANTE LO CHOC)
Le conseguenze finanziarie dell’epidemia Covid-19 per i Comuni sono drammatiche. La caduta delle entrate collegate all’attività economica soffocata dall’emergenza virus è rilevante, soprattutto quelli a vocazione turistica e industriale, come Firenze.
❞
Qui, infatti, crollerà la base imponibile delle imposte dirette e indirette commisurate al valore aggiunto e al reddito di questi settori. Stesso destino avranno i proventi dalla vendita di servizi e gestione di beni, canoni. Il gettito è meno a rischio per le imposte sul patrimonio come l’Imu, la cui base imponibile è meno sensibile alle oscillazioni da choc. Complessivamente Firenze subirà una perdita di getto di circa 135 milioni, il 14% delle entrate finali. Le spese comunali hanno invece un andamento opposto; in alcuni settori, come le attività volte al welfare di prossimità e assistenziali, conosceranno infatti un balzo. La richiesta di un intervento statale per assicurare entrate straordinarie ai Comuni è quindi assolutamente legittima.
Finora né col decreto «Cura Italia», né col successivo sul sostegno delle categorie disagiate la situazione del bilancio dei Comuni è stata considerata. A seguito della crisi, l’amministrazione centrale si è assicurata una discrezionalità estesa di finanza in deficit, oltre i vincoli della disciplina fiscale di Maastricht. Questa discrezionalità dovrebbe essere, in qualche misura, decentrata all’amministrazione locale, in particolare ai Comuni.
Il bilancio del Comune deve anche riadattarsi a fornire un contributo alla crescita potenziale dell’area. L’economia fiorentina, che prima dello choc da coronavirus mostrava un andamento sostanzialmente positivo, conoscerà ora una pesante inversione, viste le previsioni di caduta di Pil sono del 6% circa a livello nazionale. La ripresa sarà poi rallentata da condizionamenti storici come una struttura industriale in parte obsoleta e concentrata su settori ad alta concorrenza internazionale, una configurazione di imprese troppo piccole e poco capitalizzate, e un terziario arretrato, poco rappresentato da servizi ad alto valore aggiunto.
Le entrate e le spese comunali dovrebbero essere orientate a superare questi colli di bottiglia, anche se ciò è reso difficile dalla ridotta autonomia fiscale, dopo un decennio di legislazione nazionale accentratrice. Un bilancio comunale orientato alla crescita privilegia, dal lato della spesa, gli investimenti rispetto alla spesa corrente back-office e punta su settori ad alto contenuto di capitale materiale e immateriale, come l’istruzione, la valorizzazione delle attività artistiche e culturali, l’assetto del territorio, l’ambiente e la mobilità.
Dal lato delle entrate, un fisco comunale attento alla dinamica economica tende al contenimento della pressione fiscale e si orienta verso i tributi che meno disincentivano l’attività delle imprese, come i proventi per la vendita di servizi e gestione beni, i tributi sugli immobili non di impresa e i tributi che gravano relativamente di più su settori a bassa elasticità della domanda.
L’attività di accertamento fiscale va potenziata ulteriormente e le stesse sanzioni stradali non avendo ricadute distorsive sull’attività economica, ma solo di perdita di consenso, non dovrebbero suscitare remore nell’applicarle.