Corriere Fiorentino

Cure infinite

Il mercato è ancora incompleto E l’erbaccia cresce...

- di Lorenzo Sarra

Piazza delle Cure come la Sagrada Familia? È ovviamente un’iperbole — la prima pietra della basilica spagnola fu posata nel 1882, con la fine dei lavori prevista per il 2026 — benché il definitivo completame­nto della stessa piazza stia richiedend­o comunque tempi molto più lunghi del previsto.

La «storia infinita» del rifaciment­o, iniziato nel febbraio 2018, si potrebbe protrarre infatti fino a fine giugno. Certo, il grosso dei cantieri è alle spalle ma — come diceva Leonardo Da Vinci — sono i dettagli a fare la perfezione e la perfezione non può mai essere un dettaglio.

Nel merito, dunque, cosa manca? L’aspetto più importante — e qui forse siamo un gradino sopra a delle semplici rifiniture — resta quello dell’asfalto. Nel gennaio scorso, l’assessore alla mobilità Stefano Giorgetti, dopo alcune polemiche sui social scatenate dal comitato «Piazza delle Cure» proprio sul «manto gruviera», rinnovato ma dopo l’inaugurazi­one di fine novembre già pieno di cerotti di catrame, lingue di bitume a freddo ed asfalto sbriciolat­o, aveva ammesso che la ditta costruttri­ce avesse commesso un errore: «Hanno sbagliato la granatura. Riasfalter­anno a loro spese».

Un problema, poiché un simile intervento richiedeva incastri complessi: «Occorre farlo nel weekend, a mercato chiuso, con il meteo adatto, in un fine settimana senza partite». Una cabala, insomma. E poi ci si è messa di mezzo pure l’emergenza pandemia, con le difficoltà per la sicurezza degli operai e l’approvvigi­onamento dei materiali. Morale: la pavimentaz­ione rattoppata è tutt’ora al suo posto. «In base alla norma sugli appalti — spiega il Comune — è stato dato un tempo alla ditta per completare le opere e fare i ripristini. L’emergenza sanitaria con l’interruzio­ne dei lavori ha prorogato i termini, che ad ora prevedono di eseguire le lavorazion­i in maggio e giugno, salvo diverse procedure». Stesso discorso per la parte del parcheggio dietro al mercato sempre da terminare. Lo spazio da 58 stalli ha ancora uno spicchio transennat­o e colmo di macchinari e calcinacci. Anche questo, entro il primo luglio, dovrebbe essere ultimato.

Poi ci sono appunto i dettagli. Si vedono sparsi qua e là — alcuni sono ormai arredi urbani — New Jersey di plastica e cavi abbandonat­i. Senza scordare le aree verdi e le fioriere, con tubi dell’irrigazion­e scoperti ed aiuole secche. E pure la rotatoria potrebbe aver bisogno di ritocchi, con una porzione di cordolo in frantumi per qualche manovra azzardata. Un peccato, visto l’esito della riqualific­azione — diamo a Palazzo

Vecchio quel che è di Palazzo Vecchio — tutto sommato apprezzabi­le. Piazza delle Cure è una piazza «viva»: sotto alla moderna pensilina recentemen­te installata il mercato alimentare non si è mai fermato durante il lockdown, rappresent­ando, nonostante le normali file un’alternativ­a importante ai supermerca­ti.

E in questa fase 2 gli ampi marciapied­i e le nuove panchine sono un toccasana per passeggiar­e o rilassarsi all’aperto, mantenendo comunque il distanziam­ento sociale. Rimane allora da augurarsi che l’odissea dei lavori per il luogo simbolo del rione, tra ritardi sulla consegna («Non di 7 mesi come ha detto qualcuno, ma di 4, a causa di un imprevisto sui sottoservi­zi», specificav­a Giorgetti a gennaio) e rituali tagli del nastro (sono state ben tre le inaugurazi­oni, tra la «liberazion­e» di una parte dei cantieri davanti alla gelateria Cavini ed il ritorno del mercato dall’«esilio» di piazza Berlinguer), giunga finalmente alla «sua Itaca».

Il prezzo degli errori L’asfalto è ancora rattoppato dopo che l’impresa ha ammesso la sua responsabi­lità

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Alcuni particolar­i dei cantieri ancora aperti nella piazza delle Cure: i lavori probabilme­nte riprendera­nno a breve dopo lo stop per la quarantena.
E ci vorrà ancora più tempo per terminare un’opera infinita
Transennat­i Alcuni particolar­i dei cantieri ancora aperti nella piazza delle Cure: i lavori probabilme­nte riprendera­nno a breve dopo lo stop per la quarantena. E ci vorrà ancora più tempo per terminare un’opera infinita

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