Corriere Fiorentino

«Io, una pm in isolamento Col figlio che scalpita»

Von Borries: il contatto con i giudici è un diritto del detenuto e in videoconfe­renza si perde

- Di Antonella Mollica

«C’è qualcosa chesi perde nel processo telematico, ed è il rapporto tra il detenuto e i giudici». Christine von Borries, pm a Firenze, racconta questi due mesi e mezzo di lockdown, tra udienze online e vita in famiglia. «Mio figlio 15enne a volte mi ha chiesto: ma quando torni in ufficio?».

Durante questi due mesi in cui il mondo si è fermato lei ha fatto più cose di quante potesse immaginare. Ha sperimenta­to processi «virtuali» e ha creato nuove ricette in cucina, ha portato avanti il terzo romanzo che spera di pubblicare presto e ha scritto pensieri e riflession­i in un diario che nessuno leggerà mai. Christine von Borries fa la pm alla Procura di Firenze ed è specializz­ata in reati economici.

Come è cambiata la vita di un sostituto procurator­e ai tempi del coronaviru­s?

«La giustizia non si è mai fermata, contrariam­ente a quello che qualcuno pensa. Ci sono state udienze rinviate e abbiamo ridotto la presenza in ufficio ma abbiamo anche lavorato da casa. Le convalide degli arresti, le direttissi­me e i processi con i detenuti sono stati fatti regolarmen­te ma in videoconfe­renza».

Un aspetto positivo in questa situazione forse possiamo trovarlo: l’accelerazi­one forzata del processo telematico.

«Sicurament­e in questi mesi abbiamo fatto un salto in avanti. Abbiamo usato Teams per le direttissi­me o le convalide davanti al gip: abbiamo allestito una postazione in Procura per il pm di turno mentre la persona arrestata era in questura o nella caserma dei carabinier­i e l’avvocato difensore nel suo studio».

Questa emergenza cambierà irreversib­ilmente la giustizia e la sua organizzaz­ione? Arriveremo solo a processi telematici?

«Qualcosa di questa situazione possiamo certamente salvare ma non potrà essere solo quella la strada. Nei processi in videoconfe­renza manca il contatto diretto. Non sarebbe giusto per un detenuto vedere solo attraverso uno schermo giudice e pm, un sistema troppo artificios­o. Anche per l’avvocato parlare con l’arrestato prima dell’udienza solo al telefono è sicurament­e un limite. In questo momento si può fare perché prevale la tutela della salute ma deve essere l’eccezione. Se parliamo invece di un testimone fatto arrivare dall’altra parte d’Italia per un furto di un motorino allora è un’altra storia. E comunque non è sempre vero che si risparmia tempo con i processi a distanza. Le direttissi­me durano sicurament­e di più. I problemi tecnici spesso rallentano le udienze. Oggi (ieri, ndr)

un fulmine ha disattivat­o il pc della questura e il processo è iniziato con tre ore di ritardo».

Com’è stato ritrovarsi a lavorare da casa per una persona come lei abituata a trascorre tutto il giorno tra ufficio e tribunale?

«Io mi sono adattata bene. Forse mio figlio di 15 anni si è sentito più controllat­o e qualche volta mi ha detto “perché non torni a lavorare in ufficio?”. Ma tutto sommato ce la siamo cavata, i ragazzi hanno risorse inaspettat­e, molto più di noi adulti. È stata l’occasione per stare più insieme e dialogare di più. E io che non sono una grande massaia mi sono ritrovata anche a provare nuove ricette».

E il lavoro tra ufficio e casa come è cambiato?

«I processi sono sicurament­e tra le attività che assorbono più tempo a un pm perché le udienze vanno preparate, non si improvvisa­no. Con molti processi sospesi sicurament­e una parte del lavoro si è ridotta. E questo è servito a smaltire gli arretrati senza troppi stress. Lavoro a parte sono riuscita a riprendere in mano il terzo romanzo della serie (il secondo è stato pubblicato l’11 marzo,

ndr) che avevo iniziato a scrivere la scorsa estate e che poi avevo abbandonat­o per mancanza di tempo. E poi ho scritto diverse pagine del mio diario, sul quale annoto da sempre quello che accade, per evitare di perderne la memoria.

Nel suo prossimo romanzo ci sarà spazio per la pandemia?

«In questo no, sono già arrivata a metà. Nel prossimo chissà, ci penserò».

Cosa le lascerà questo periodo?

«La consapevol­ezza di quanto siano preziosi i rapporti umani e di come tutto possa essere spazzato via in un attimo. Spero che resti alta l’attenzione alla natura, all’ambiente, all’importanza della sanità. Spero che saremo capaci di riflettere di più, senza lasciarci prendere dalla frenesia».

Cosa le è mancato di più in questi due mesi?

«Gli amici e la famiglia. Non è stato facile non vedere i miei genitori, lasciavo la spesa nell’androne di casa e andavo via. La prima cosa che farò appena possibile? Organizzar­e una cena con gli amici. Ma non vorrei essere io a cucinare».

❞ Collegamen­ti telematici Ieri un fulmine ha disattivat­o il pc della questura e abbiamo iniziato tre ore dopo

In famiglia Mio figlio 15enne si è sentito più controllat­o e mi ha detto: perché non torni in ufficio?

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