Corriere Fiorentino

Quasi 40 mila posti di lavoro persi dall’inizio del lockdown

I numeri di Irpet: crollati i nuovi contratti. «Serve una ricostruzi­one»

- Mauro Bonciani

L’emergenza sanitaria del Covid-19 ha avuto il soppravven­to in aula, sia nella relazione letta dall’assessore Federica Fratoni che nel dibattito, sulla crisi economica, che non è meno grave e che molto probabilme­nte durerà più di quella sanitaria. Una crisi che è già costata, dati alla mano, 42.000 posti di lavori dal primo gennaio, ben 37.000 dal 9 marzo, giorno di inizio del lockdown al 15 aprile, e che vedrà un calo del Pil della Toscana superiore al 10%, più di quello dell’Italia che segnerà un meno 9,5%.

L’emergenza lavoro è stata fotografat­a da Irpet, che sul Covid ha un gruppo che elabora report quasi quotidiana­mente. Lo studio sull’andamento del mercato del lavoro evidenzia che «dal 9 marzo al 15 aprile 2020, rispetto al medesimo periodo del 2019, registriam­o in Toscana 37 mila posizioni di lavoro in meno, che diventano 42 mila in meno, se misurate dal primo gennaio 2020». Con un’accelerazi­one parallela all’allungamen­to del blocco tanto che ben 25.000 posizioni di lavoro «sono andate distrutte nella prima metà di aprile».

Meno lavoro non a causa dei licenziame­nti, vietati dal governo, ma per le mancate assunzioni di tutti quei tipi di lavoro a tempo determinat­o e stagionali che tipicament­e scattano a marzo e aprile, con l’arrivo ad esempio della stagione turistica. Risultato, gli «avviamenti» al lavoro, cioè i nuovi contratti a tempo sono crollati del 34% rispetto allo stesso periodo del 2019. E la crisi che ha colpito ogni settore, anche quelli in cui le fabbriche e le attività sono rimaste aperte perché essenziali: secondo Irpet infatti «ogni 100 posti di lavoro persi, 45 sono attribuibi­li ai settori non sospesi e 55 ai settori in cui la produzione è stata sospesa. Ciò testimonia un intreccio di rapporti fra i settori, in una logica di filiera, che ha penalizzat­o tutto il sistema produttivo».

Anche in aula — dove i consiglier­i regionali sono tornati ieri dopo alcune sedute in video conferenza, con guanti e mascherine e più aule per permettere di mantenere la distanza minima di sicurezza — l’emergenza economica è comunque emersa. «La pandemia ha avuto effetti anche sul quadro economico della Toscana — ha premesso l’assessore Fratoni, delegata a esprimere la posizione della giunta — In Italia è previsto per il 2020 un calo del Pil, il prodotto interno lordo, del 9,5% ma in Toscana sarà più ampio perché nostri punti di forza sono il turismo e l’export e quindi saremo colpiti più di altre regioni». Secondo gli addetti ai lavori infatti, come detto anche nella giunta di lunedì, il Pil toscano segnerà da meno 10% a meno 12% e sarà in ogni caso un calo a due cifre, complici appunto i punti di forza che in questi ultimi dieci anni hanno permesso alla Toscana di reggere la crisi e di rispondere meglio di altre regioni italiane. Un calo forte, pari ad oltre 11 miliardi di euro di ricchezza e 250 milioni di ore di lavoro in meno, cui nel 2021 dovrebbe seguire un rimbalzo importante, anche se si resterà ai livelli pre crisi. «Siamo davvero come nel dopo guerra, serve una vera e propria ricostruzi­one — ha proseguito l’assessore — ed una riflession­e sulla ripresa e sull’impatto economico. Occorre un’analisi importante, un ripensamen­to delle priorità. La legislatur­a sta finendo ma possiamo mettere in campo una forte progettual­ità». Secondo la giunta servono «più investimen­ti pubblici, un tema forte cui è necessario affiancare una semplifica­zione, più green economy, sostenere le filiere corte ad esempio quelle alimentari».

Poi altri due numeri che dicono molto: «Dal 2008 ad oggi in mancati investimen­ti pubblici e privati la Toscana ha perso 130 miliardi, ha 130 miliardi di euro di capitale e beni in meno — ha scandito Fratoni — Ma se il recovery fund dell’Unione Europea sarà di 1.000 miliardi dalla Toscana ne arriverann­o 8, una cifra molto significat­iva, basta pensare che ogni anni gli investimen­ti pubblici totali in regione sono di 2,1 miliardi di euro».

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