AL CENTRO DEL CENTRO
Èillusorio credere che prima dell’emergenza sanitaria il centro di Firenze fosse pieno e vitale e oggi sia deserto. Prima era sottoposto a un flusso incontrollato di turisti che alimentava la rendita e il mangificio, producendo degrado e squilibrio ambientale. Se qualcosa ci ha insegnato questa pandemia è che dobbiamo ridimensionarci e riciclarci, nel rispetto del nostro territorio. Ci aiuta a capire i nostri errori Spillover. L’evoluzione delle pandemie di David Quammen, uno dei libri più letti oggi in Italia. A Firenze abbiamo imparato a usare più spesso le bici e i piedi, e a fruire di servizi e opportunità disponibili on line. E chi vorrà mantenere la sua attività turistica (alberghi, airbnb, ristoranti e bar) sarà costretto ha contenere i suoi profitti in nome della salute, sua e dei visitatori, che apprezzeranno chi si attrezzerà meglio. Aggirandoci in questi giorni nel centro storico di Firenze abbiamo visto quali siano i quartieri che mantengono una vitalità residenziale: l’Oltrarno da San Niccolò a Porta Romana, Santo Spirito e San Frediano, Sant’Ambrogio e in parte San Lorenzo. Mentre i luoghi più frequentati dai turisti sono disabitati. Il centro storico può tornare a vivere se viene immessa una consistente quota di residenti con un’operazione che richiede insieme un forte impegno finanziario, più regionale e statale che comunale, e un mutamento volontario degli stili di vita dei cittadini. Nel documento «Quale futuro per Firenze dopo l’emergenza», reso pubblico dall’Accademia delle Arti del Disegno il 4 maggio, si sostiene che «una visione urbana per Firenze ha il suo perno nella vita degli abitanti». L’amministrazione comunale ha gli strumenti normativi che consentono un adeguamento delle abitazioni alla composizione dei nuclei familiari, oggi profondamente mutata; il recupero di complessi dismessi per abitazione sociale; una regolamentazione della ricettività turistica in civile abitazione. Può potenziare il piano di forestazione urbana, favorendo il ritorno nelle piazze e nei parchi di giovani e anziani. E può agire per il monitoraggio delle aree di degrado e di microcriminalità, comprese quelle della cattiva movida, tristemente riemerse a Santo Spirito. «Firenze ha bisogno — si legge ancora nel documento — di una gestione controllata del suo patrimonio, di una gestione pubblica “forte”, sorretta da conoscenze varie e complesse, e di investimenti consistenti e ben orientati». Sono indicazioni sufficienti perché il sindaco Dario Nardella dia seguito a quanto promesso nel Consiglio comunale del 30 marzo scorso e accolga l’impegno attivo di tanti cittadini e la disponibilità dell’Accademia delle Arti del Disegno per «una adeguata progettazione in funzione delle competenze in essa presenti».