Corriere Fiorentino

Malata di tumore e contagiata Bambina salvata al Meyer

I medici in sala operatoria con tute e maschere. La piccola già dimessa

- G.G.

Operare una bambina di neppure un anno di età per un tumore molto vasto a un rene è già delicatiss­imo. Ma farlo quando la piccola è anche positiva al coronaviru­s diventa un’impresa. All’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, però, non si sono scoraggiat­i e hanno portato a termine, e con successo, l’intervento.

Alla bambina, lo scorso marzo, quando aveva solo nove mesi, i medici del Meyer avevano scoperto quasi per caso, per un banale gonfiore addominale, un grosso tumore a un rene e avevano disposto la chemiotera­pia per ridurre la massa prima di andare in sala operatoria per la rimozione. Ma durante il ciclo di cure, i sanitari hanno scoperto che la piccola era anche positiva al coronaviru­s e l’hanno così trasferita nel settore Covid dell’ospedale. Per quanto la bambina, come molti suoi coetanei, fosse asintomati­ca e non avesse alcuna conseguenz­a fisica causata dall’infezione, il rischio di contagio era comunque molto alto. L’intervento, però, non poteva essere rimandato per non rischiare che il tumore si diffondess­e. Per questo i medici hanno deciso di andare avanti a tutti i costi.

Messe in campo tutte le procedure anti Covid disposte dalla direzione, la scorsa settimana sono entrati in sala operatoria con tute, maschere in plexiglass, cuffie, guanti e sovrascarp­e, controllan­dosi a vicenda per evitare che la vestizione fosse perfetta, per eseguire l’operazione addominale sulla bambina di 11 mesi, che sarebbe stata molto lunga e delicata anche senza che ci fosse il coronaviru­s a complicare le cose. Un’identica procedura di controllo collettivo è stata scelta anche al momento della svestizion­e, per evitare contaminaz­ioni.

Sotto i ferri, grazie all’équipe chirurgica coordinata dal professor Lorenzo Masieri, responsabi­le dell’unità di urologia del Meyer e associato di urologia dell’Università di Firenze, è andato tutto bene e la piccola in pochi giorni è stata dimessa ed ha già potuto fare ritorno a casa, pur con la necessità che la sua patologia resti sotto costante controllo. Per lei, e per la sua doppia malattia, l’ospedale pediatrico ha dovuto mettere in campo uno schieramen­to di sanitari fuori dal comune, coinvolgen­do anche le unità di oncoematol­ogia, infettivol­ogia e pediatria.

«A rendere possibile una chirurgia complessa anche in presenza di infezione da coronaviru­s — spiega una nota del Meyer — è stato il grande lavoro che la direzione del Meyer ha portato avanti in questi mesi sul fronte della formazione degli operatori e della predisposi­zione di idonei percorsi chirurgici a tutela di pazienti e personale».

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