Duello di galli
Renzi, Calenda e la regola (politica) del pollaio
I sondaggi non brillano per Italia Viva, e non da ora ma da prima dell’emergenza sanitaria. Per questo il senatore di Scandicci e i suoi cercano di tenere quotidianamente alta l’attenzione e la tensione nel governo. E ogni volta sembra, come ai vecchi tempi, che Matteo Renzi sia sul punto di andarsene. Di nuovo. Dal Pd se n’è già andato; adesso vagheggia l’idea di lasciare il governo che ha contribuito in maniera determinante a far nascere. Viene da chiedersi quanto siano realistiche queste fibrillazioni. All’opposizione certo ci si può muovere con più libertà, ma Renzi non si può permettere adesso di stare lontano dal palazzo. Anzi avrebbe persino bisogno di allargare la sua comunità politico-culturale e di contaminarsi con altre esperienze. Magari con Carlo Calenda e la sua Azione. Per questo, in epoca precoronavirus, erano estate messe in piedi delle alleanze locali finalizzate ad affrontare le prossime elezioni regionali. In Puglia, per esempio. Nel frattempo però è arrivata l’emergenza sanitaria, le elezioni regionali sono state rinviate, l’aria è cambiata. Già un’alleanza strutturale sembrava impensabile prima, figurarsi adesso. C’è anzitutto un problema di compatibilità di leadership, secondo un ben noto concetto di scienza politica purissima: due galli in un pollaio non ci possono stare. E basta leggere il duello di ieri fra Renzi e Calenda su Twitter a proposito del caso FCA, che sta tenendo banco da due giorni, per capirlo. «Bene FiatChrysler che chiede un prestito alle banche da 6 miliardi per tenere aperte le fabbriche in Italia. Sbagliato evocare poteri forti e interessi dei padroni», ha detto Renzi. «È un prestito che serve a investire in Italia: che male
❞ Lo scontro sul prestito a FCA mostra che i problemi oltre che caratteriali sono anche di sostanza A qualcuno nel Pd verrà voglia di avvicinare Azione
c’è? Mi sarei preoccupato se non lo avesse fatto», ha aggiunto il senatore di Scandicci. Calenda gli ha quindi risposto «in parole semplici» con una serie di tweet: «FCA non ha mai rispettato il piano degli investimenti previsto per l’Italia. Avrebbe la liquidità per sostenere il gruppo ma la tiene nella capogruppo per distribuire un maxi dividendo pre fusione PSA. Quel maxi dividendo non verrà tassato». L’europarlamentare poi ha proseguito nell’argomentazione e ha fatto notare una differenza, diremmo sostanziale, fra Azione e Italia Viva, e cioè che la prima è all’opposizione mentre la seconda — al netto delle fibrillazioni costanti — è al governo: «Siete talmente appecoronati ai grandi gruppi che non riuscite neanche a fare un negoziato come Dio comanda».
Ora, come si vede, i problemi non sono soltanto di conciliabilità caratteriale, ma anche di sostanza politica. Tanto più che adesso nel Pd a qualcuno verrà la voglia, magari a partire dal caso FCA, di riavvicinarsi a Calenda per indebolire le ambizioni neoscissioniste di Renzi.