Corriere Fiorentino

Duello di galli

Renzi, Calenda e la regola (politica) del pollaio

- di David Allegranti @davidalleg­ranti

I sondaggi non brillano per Italia Viva, e non da ora ma da prima dell’emergenza sanitaria. Per questo il senatore di Scandicci e i suoi cercano di tenere quotidiana­mente alta l’attenzione e la tensione nel governo. E ogni volta sembra, come ai vecchi tempi, che Matteo Renzi sia sul punto di andarsene. Di nuovo. Dal Pd se n’è già andato; adesso vagheggia l’idea di lasciare il governo che ha contribuit­o in maniera determinan­te a far nascere. Viene da chiedersi quanto siano realistich­e queste fibrillazi­oni. All’opposizion­e certo ci si può muovere con più libertà, ma Renzi non si può permettere adesso di stare lontano dal palazzo. Anzi avrebbe persino bisogno di allargare la sua comunità politico-culturale e di contaminar­si con altre esperienze. Magari con Carlo Calenda e la sua Azione. Per questo, in epoca precoronav­irus, erano estate messe in piedi delle alleanze locali finalizzat­e ad affrontare le prossime elezioni regionali. In Puglia, per esempio. Nel frattempo però è arrivata l’emergenza sanitaria, le elezioni regionali sono state rinviate, l’aria è cambiata. Già un’alleanza struttural­e sembrava impensabil­e prima, figurarsi adesso. C’è anzitutto un problema di compatibil­ità di leadership, secondo un ben noto concetto di scienza politica purissima: due galli in un pollaio non ci possono stare. E basta leggere il duello di ieri fra Renzi e Calenda su Twitter a proposito del caso FCA, che sta tenendo banco da due giorni, per capirlo. «Bene FiatChrysl­er che chiede un prestito alle banche da 6 miliardi per tenere aperte le fabbriche in Italia. Sbagliato evocare poteri forti e interessi dei padroni», ha detto Renzi. «È un prestito che serve a investire in Italia: che male

❞ Lo scontro sul prestito a FCA mostra che i problemi oltre che caratteria­li sono anche di sostanza A qualcuno nel Pd verrà voglia di avvicinare Azione

c’è? Mi sarei preoccupat­o se non lo avesse fatto», ha aggiunto il senatore di Scandicci. Calenda gli ha quindi risposto «in parole semplici» con una serie di tweet: «FCA non ha mai rispettato il piano degli investimen­ti previsto per l’Italia. Avrebbe la liquidità per sostenere il gruppo ma la tiene nella capogruppo per distribuir­e un maxi dividendo pre fusione PSA. Quel maxi dividendo non verrà tassato». L’europarlam­entare poi ha proseguito nell’argomentaz­ione e ha fatto notare una differenza, diremmo sostanzial­e, fra Azione e Italia Viva, e cioè che la prima è all’opposizion­e mentre la seconda — al netto delle fibrillazi­oni costanti — è al governo: «Siete talmente appecorona­ti ai grandi gruppi che non riuscite neanche a fare un negoziato come Dio comanda».

Ora, come si vede, i problemi non sono soltanto di conciliabi­lità caratteria­le, ma anche di sostanza politica. Tanto più che adesso nel Pd a qualcuno verrà la voglia, magari a partire dal caso FCA, di riavvicina­rsi a Calenda per indebolire le ambizioni neoscissio­niste di Renzi.

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Il senatore Matteo Renzi
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L’eurodeputa­to Carlo Calenda
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