RIUNIRE LA CITTÀ, COME I VECCHI TRAM
Fra le mie memorie lontane, le più belle sono quelle di Firenze di settanta anni orsono e del suo centro storico, da me vissuto da Piazza Indipendenza dove vivevo con la mia famiglia. Il centro di Firenze era, allora, il luogo dove convivevano tutte le attività fiorentine.
❞
Da quelle «alte» , come l’università, i musei, i teatri, i cinema, le biblioteche, i giornali (fra questi, ce ne erano tre con diffusione nazionale che condividevano fraternamente sede e tipografia: il primo, nobilmente conservatore; il secondo vivacemente democratico cristiano; il terzo liberamente orientato a sinistra ). C’erano, inoltre, la sede della Rai e le sedi di tutti i partiti; le case editrici; le Chiese (non soltanto quelle cattoliche ma anche le protestanti e, meravigliose a vedersi per un ragazzo come me, la Sinagoga e la Chiesa russa: che conferiperfetto vano a Firenze l’aria di una grande città internazionale). Accanto, e fuse con queste attività che riguardavano la nobiltà dello spirito, c’erano le sedi delle banche e delle assicurazioni (e almeno cinque di queste erano di capitale e a guida fiorentina ); gli alberghi, i ristoranti, gli storici caffè, i negozi della nascente grande moda fiorentina.
La cosa più importante, che vorrei sottolineare, è, però, che tutte queste attività (che si svolgevano in un centro fittamente abitato da residenti e da una ragionevole quantità di turisti) non risultavano affatto sconnesse e separate da quelle attività più contemporanee, industriali e «di massa» che si svolgevano in una periferia che arrivava, allora, da Sesto Fiorentino a Pontassieve. Questo perché il centro di Firenze era collegato a quella periferia da un reticolo di reti tranviarie che permettevano a chi lavorava, o viveva, in quelle zone di raggiungere il centro di Firenze (che contava centomila abitanti più di oggi ) in poche decine di minuti.
Se si confronta questa Firenze dei miei ricordi lontani (allora amministrata da una classe dirigente onesta e competente di sinistra o di centro: Pieraccini; Fabiani; La Pira) con quella di oggi, colpisce il fatto che all’aumento della ricchezza individuale dei singoli cittadini (il Pil procapite di Firenze è fra i più alti d’Italia) corrisponde un fortissimo impoverimento del tessuto connettivo sociale ed economico che caratterizza quel luogo decisivo del destino di Firenze che è il suo centro storico. Quasi scomparsa l’editoria; indebolita la stampa quotidiana e i luoghi dove si esprime la politica; in fortissima crisi la struttura finanziaria (perché non esistono più le banche fiorentine e le loro sedi, mentre esiterei a definire ancora fiorentina la storica La Fondiaria); isolato il centro storico di Firenze dal resto del suo territorio a causa di una sciagurata politica dei trasporti che ha distrutto, a differenza di quanto è successo in altre città, si veda Milano, il vecchio sistema tranviario senza costruire almeno una grande linea metropolitana da est ad ovest) il centro di Firenze è stato consegnato ad un’unica e non nobile attività: il turismo di massa, che si è sostituito non per scelta cosciente ma per miopia e neghittosità al precedente sistema di virtuose, plurali, attività.
Di fronte a questa drammatica situazione, suonano vuoti e velleitari tutti gli appelli che auspicano la riqualificazione sociale, economica e residenziale del centro fiorentino senza indicare quali possano essere le nuove funzioni non turistiche ma culturali, direzionali e produttive che dovrebbero sostituire il turismo e quale dovrà essere il sistema dei trasporti che collegherà un centro così rinnovato con l’intero territorio fiorentino. Solo dopo nuove e convincenti scelte politiche ed economiche la nuova moneta buona, i residenti stabili, potranno prima integrare e poi sostituirsi alla moneta cattiva: il turismo di massa, distruttivo di ogni identità e di ogni attività produttiva degna di questo nome.
Agli inizi degli Anni ‘70, quello stesso ragazzo che si era sentito così vivo ed integrato in una città così bella e fiduciosa nel suo progresso, tornato da Roma e da altre città dopo i suoi studi e le sue prime esperienze di vita, si ritrovava in una città molto diversa. Gli abitanti erano, è vero, più ricchi dei vivissimi ma poveri fiorentini del dopoguerra ma Firenze intesa come città si era, invece, impoverita. In crisi l’editoria e chiusi, o in via di chiusura, gli storici giornali fiorentini. Ancora viva la cultura dello spettacolo mentre le istituzioni finanziarie fiorentine sentivano di perdere, anno dopo anno, di identità e di prospettive mentre il centro di Firenze si separava sempre di più dalla sua periferia e si svuotava di miglia di residenti che preferivano trasferirsi in una nuova cintura industriale e commerciale priva di identità e sempre più lontana
Ma soprattutto Firenze aveva già incominciato a perdere irrimediabilmente quella formula magica per la quale essere «città» era dovuto alla coesistenza in un territorio di culture e di attività plurali ed omogenee.
❞ Il centro storico, sempre più isolato, ha perso il tessuto sociale ed economico