Corriere Fiorentino

RIUNIRE LA CITTÀ, COME I VECCHI TRAM

- Di Stefano Merlini

Fra le mie memorie lontane, le più belle sono quelle di Firenze di settanta anni orsono e del suo centro storico, da me vissuto da Piazza Indipenden­za dove vivevo con la mia famiglia. Il centro di Firenze era, allora, il luogo dove convivevan­o tutte le attività fiorentine.

Da quelle «alte» , come l’università, i musei, i teatri, i cinema, le bibliotech­e, i giornali (fra questi, ce ne erano tre con diffusione nazionale che condividev­ano fratername­nte sede e tipografia: il primo, nobilmente conservato­re; il secondo vivacement­e democratic­o cristiano; il terzo liberament­e orientato a sinistra ). C’erano, inoltre, la sede della Rai e le sedi di tutti i partiti; le case editrici; le Chiese (non soltanto quelle cattoliche ma anche le protestant­i e, meraviglio­se a vedersi per un ragazzo come me, la Sinagoga e la Chiesa russa: che conferiper­fetto vano a Firenze l’aria di una grande città internazio­nale). Accanto, e fuse con queste attività che riguardava­no la nobiltà dello spirito, c’erano le sedi delle banche e delle assicurazi­oni (e almeno cinque di queste erano di capitale e a guida fiorentina ); gli alberghi, i ristoranti, gli storici caffè, i negozi della nascente grande moda fiorentina.

La cosa più importante, che vorrei sottolinea­re, è, però, che tutte queste attività (che si svolgevano in un centro fittamente abitato da residenti e da una ragionevol­e quantità di turisti) non risultavan­o affatto sconnesse e separate da quelle attività più contempora­nee, industrial­i e «di massa» che si svolgevano in una periferia che arrivava, allora, da Sesto Fiorentino a Pontassiev­e. Questo perché il centro di Firenze era collegato a quella periferia da un reticolo di reti tranviarie che permetteva­no a chi lavorava, o viveva, in quelle zone di raggiunger­e il centro di Firenze (che contava centomila abitanti più di oggi ) in poche decine di minuti.

Se si confronta questa Firenze dei miei ricordi lontani (allora amministra­ta da una classe dirigente onesta e competente di sinistra o di centro: Pieraccini; Fabiani; La Pira) con quella di oggi, colpisce il fatto che all’aumento della ricchezza individual­e dei singoli cittadini (il Pil procapite di Firenze è fra i più alti d’Italia) corrispond­e un fortissimo impoverime­nto del tessuto connettivo sociale ed economico che caratteriz­za quel luogo decisivo del destino di Firenze che è il suo centro storico. Quasi scomparsa l’editoria; indebolita la stampa quotidiana e i luoghi dove si esprime la politica; in fortissima crisi la struttura finanziari­a (perché non esistono più le banche fiorentine e le loro sedi, mentre esiterei a definire ancora fiorentina la storica La Fondiaria); isolato il centro storico di Firenze dal resto del suo territorio a causa di una sciagurata politica dei trasporti che ha distrutto, a differenza di quanto è successo in altre città, si veda Milano, il vecchio sistema tranviario senza costruire almeno una grande linea metropolit­ana da est ad ovest) il centro di Firenze è stato consegnato ad un’unica e non nobile attività: il turismo di massa, che si è sostituito non per scelta cosciente ma per miopia e neghittosi­tà al precedente sistema di virtuose, plurali, attività.

Di fronte a questa drammatica situazione, suonano vuoti e velleitari tutti gli appelli che auspicano la riqualific­azione sociale, economica e residenzia­le del centro fiorentino senza indicare quali possano essere le nuove funzioni non turistiche ma culturali, direzional­i e produttive che dovrebbero sostituire il turismo e quale dovrà essere il sistema dei trasporti che collegherà un centro così rinnovato con l’intero territorio fiorentino. Solo dopo nuove e convincent­i scelte politiche ed economiche la nuova moneta buona, i residenti stabili, potranno prima integrare e poi sostituirs­i alla moneta cattiva: il turismo di massa, distruttiv­o di ogni identità e di ogni attività produttiva degna di questo nome.

Agli inizi degli Anni ‘70, quello stesso ragazzo che si era sentito così vivo ed integrato in una città così bella e fiduciosa nel suo progresso, tornato da Roma e da altre città dopo i suoi studi e le sue prime esperienze di vita, si ritrovava in una città molto diversa. Gli abitanti erano, è vero, più ricchi dei vivissimi ma poveri fiorentini del dopoguerra ma Firenze intesa come città si era, invece, impoverita. In crisi l’editoria e chiusi, o in via di chiusura, gli storici giornali fiorentini. Ancora viva la cultura dello spettacolo mentre le istituzion­i finanziari­e fiorentine sentivano di perdere, anno dopo anno, di identità e di prospettiv­e mentre il centro di Firenze si separava sempre di più dalla sua periferia e si svuotava di miglia di residenti che preferivan­o trasferirs­i in una nuova cintura industrial­e e commercial­e priva di identità e sempre più lontana

Ma soprattutt­o Firenze aveva già incomincia­to a perdere irrimediab­ilmente quella formula magica per la quale essere «città» era dovuto alla coesistenz­a in un territorio di culture e di attività plurali ed omogenee.

❞ Il centro storico, sempre più isolato, ha perso il tessuto sociale ed economico

 ??  ?? Anni 50, via Martelli con i vecchi tram (dal libro di Giulio Torrini «Firenze, immagino 1944-1994»)
Anni 50, via Martelli con i vecchi tram (dal libro di Giulio Torrini «Firenze, immagino 1944-1994»)
 ??  ?? L’editoriale del direttore Paolo Ermini sul Corriere Fiorentino del 14 maggio
L’editoriale del direttore Paolo Ermini sul Corriere Fiorentino del 14 maggio

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