Corriere Fiorentino

CARO SINDACO, TOLLERANDO LO SPACCIO ALIMENTI IL RAZZISMO

- Comitato via Palazzuolo

Caro direttore, la seguente lettera è stata inviata al sindaco di Firenze Nardella, alla vicesindac­a Giachi e a tutti i membri della giunta comunale il 17 maggio scorso. Non ha ricevuto alcuna risposta fino ad oggi. Abbiamo dunque deciso di rivolgerci al suo giornale sperando si apra un dibattito pubblico su questi temi.

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Da anni nel nostro quartiere, come in altri della città, lo spaccio da strada è ben presente e attivo, mai davvero contrastat­o. Ma nel lockdown le cose sono andate anche peggio. Oltre al nostro solito giro, abbiamo ereditato una quota-parte di spacciator­i nuovi che si sono sistemati nei giardinett­i di via del Prato. Mentre tutto il mondo stava a casa, noi abbiamo vissuto la presenza di questi assembrame­nti permanenti. Abbiamo segnalato alle forze dell’ordine quotidiana­mente, ottenendo interventi sporadici del tutto inefficaci. Con i «nuovi» pusher è arrivata anche la clientela: tossici disperati, signori maturi, ragazzini. Dalle nostre finestre diventava plastica, nelle strade deserte, la dinamica dello spaccio come mercato maturo differenzi­ato: spacciator­i polivalent­i per consumator­i polivalent­i, domanda e offerta.

Avete mancato di far rispettare l’ordine pubblico: un errore madornale! Avete dimostrato che alleggerir­e le strade dallo spaccio — almeno qualcuna — non è una vostra priorità. Non lo dite chiarament­e, ma lo avete attestato nei fatti. Tollerando quel che non andava tollerato, avete sbagliato certamente con noi cittadini (sempre più sfiduciati), ma anche con gli spacciator­i. La vostra inerzia li ha persuasi vieppiù della loro impunità. La politica ha sempre una funzione pedagogica, anche in negativo come in questo caso. Così è arrivato il tristo giorno della maxirissa alle Cascine, con fughe, vigili feriti all’ospedale, decine di auto d’ordinanza, pubblico assiepato a fare foto. I pusher hanno difeso con la violenza la loro piazza, dimostrand­o che vogliono che quella fetta di parco sia loro riservata e resti off limits. L’impunità del lockdown ha fatto scuola accrescend­o la loro baldanza. Noi che abbiamo lo spaccio sotto le finestre, viviamo una desolazion­e rassegnata, ma questo è ancora il migliore dei casi. C’è di peggio: un’esponenzia­le crescita di razzismo e xenofobia, che prosperano laddove la legalità latita. Tutti vedono coi loro occhi (non foderati di prosciutto politicall­y correct) che lo spaccio in strada è in mano a cittadini stranieri, anche se pochi purtroppo riflettono (o sanno) che per le vie ci sono solo i piccoli «cavallini» della droga, poveri manovali rispetto ai grandi Escobar della nostra italianiss­ima ‘ndrangheta che domina il narcotraff­ico. Ma questa manovalanz­a da strada va lasciata in pace a prosperare? Vi siete fatti un giro sui social? Avete constatato quanto strumental­e odio razzista, ignoranza, ristrettez­za mentale circolino? Ma spesso i tanti fatti di (micro) delinquenz­a segnalati sono incontesta­bili. Tralasciat­i e immedicati da una politica noncurante, razzismo e xenofobia attingono proprio a quei fatti, pescano consensi e propongono strategie. Per chi crede in una società democratic­a non razzista — noi, per esempio — occorrereb­be, insieme all’ordine pubblico, riprendere con coraggio la discussion­e politica sulla circolazio­ne delle droghe nelle nostre società, sul ruolo della delinquenz­a organizzat­a, e occorrereb­be non rimandare più i conti con il fallimento del proibizion­ismo. Abitare senza lo spaccio sotto casa è un’aspirazion­e legittima. Rassegnars­i a cedere alla microcrimi­nalità pezzi di territorio per il quieto vivere di chi gli spacciator­i sotto casa non li ha, è una barbarie.

❞ Noi cittadini siamo sempre più sfiduciati e la vostra inerzia ha persuaso i pusher della loro impunità

❞ Abitare senza lo spaccio sotto casa è una legittima aspirazion­e, rassegnars­i a cedere pezzi di città alla criminalit­à una barbarie

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