SE LA LIBERTÀ DI CULTO È RIDOTTA AL MINIMO
ll’inizio dell’epoca moderna Thomas Hobbes, il primo e più profondo costruttore della figura dello Stato contemporaneo, ha scritto che l’autorità pubblica si fonda sulla paura di morire, che ogni uomo sente naturalmente.
E quanto maggiore è questa paura, tanto più ampio è lo spazio che i cittadini sono disposti a lasciare all’autorità. Mi sembra che le vicende occorse per effetto della pandemia dovuta al Covid-19 sono una dimostrazione inequivocabile della bontà di quel pensiero. Il problema è che la paura sembra aver tolto lucidità sia ai nostri governanti, i quali spesso hanno di fatto disciplinato le libertà degli individui prima che lo prevedessero gli atti legislativi, sia i cittadini, che non di rado hanno accettato passivamente tutte le restrizioni delle loro libertà costituzionali senza neppure domandarsi se ciò veniva fatto con atti giuridici idonei o nella giusta proporzione. Pur lasciando da parte l’osservazione che l’Italia è stato uno dei pochi Paesi dove il Governo non è stato autorizzato dal Parlamento a sospendere pressoché tutte le libertà costituzionali (persino nella presidenzialista Francia Macron ha sospeso le libertà a seguito di una legge), sta di fatto che c’è stato un accentramento dei poteri nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri, che li ha esercitati senza un’adeguata interlocuzione, non solo con il Parlamento, ma anche con gli altri poteri e le parti sociali (che non sono solo i sindacati). Con la conseguenza che spesso sono state operate differenze di trattamento tra situazioni assai simili tra loro. Ciò s’è verificato anche in relazione alla libertà di culto, che per la verità non riguarda solo i cattolici ma anche tutte le altre religioni. In numerose occasioni la Corte costituzionale ha affermato che tra i valori e, in particolare, tra i diritti fondamentali non c’è gerarchia. La ragione è semplice: tutti quei diritti concorrono indivisibilmente a dar corpo all’idea della dignità umana. Ciò comporta che chi regola i conflitti tra i vari diritti — come nel caso quello tra diritto alla salute e la libertà religiosa — deve procedere a un bilanciamento tra gli opposti diritti in modo da assicurare il più pieno godimento possibile di entrambi nelle concrete condizioni esistenti. È stato fatto proprio questo con i Dpcm di Conte? È lecito dubitarlo. Le chiese e, in genere, i luoghi di culto sono di solito ambienti grandi. Era forse possibile permettere la partecipazione alle cerimonie religiose, sempreché fossero osservate le stesse regole — come l’uso di mascherine e le distanze tra le persone — previste in via generale. Piuttosto che un divieto totale, che riduceva a zero la libertà di culto, era forse possibile prevedere una disciplina che avrebbe permesso un uso dei luoghi di culto se pure regolato nel numero massimo delle persone e con le normali regole di sicurezza.