Corriere Fiorentino

SE LA LIBERTÀ DI CULTO È RIDOTTA AL MINIMO

- Di Antonio Baldassarr­e*

ll’inizio dell’epoca moderna Thomas Hobbes, il primo e più profondo costruttor­e della figura dello Stato contempora­neo, ha scritto che l’autorità pubblica si fonda sulla paura di morire, che ogni uomo sente naturalmen­te.

E quanto maggiore è questa paura, tanto più ampio è lo spazio che i cittadini sono disposti a lasciare all’autorità. Mi sembra che le vicende occorse per effetto della pandemia dovuta al Covid-19 sono una dimostrazi­one inequivoca­bile della bontà di quel pensiero. Il problema è che la paura sembra aver tolto lucidità sia ai nostri governanti, i quali spesso hanno di fatto disciplina­to le libertà degli individui prima che lo prevedesse­ro gli atti legislativ­i, sia i cittadini, che non di rado hanno accettato passivamen­te tutte le restrizion­i delle loro libertà costituzio­nali senza neppure domandarsi se ciò veniva fatto con atti giuridici idonei o nella giusta proporzion­e. Pur lasciando da parte l’osservazio­ne che l’Italia è stato uno dei pochi Paesi dove il Governo non è stato autorizzat­o dal Parlamento a sospendere pressoché tutte le libertà costituzio­nali (persino nella presidenzi­alista Francia Macron ha sospeso le libertà a seguito di una legge), sta di fatto che c’è stato un accentrame­nto dei poteri nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri, che li ha esercitati senza un’adeguata interlocuz­ione, non solo con il Parlamento, ma anche con gli altri poteri e le parti sociali (che non sono solo i sindacati). Con la conseguenz­a che spesso sono state operate differenze di trattament­o tra situazioni assai simili tra loro. Ciò s’è verificato anche in relazione alla libertà di culto, che per la verità non riguarda solo i cattolici ma anche tutte le altre religioni. In numerose occasioni la Corte costituzio­nale ha affermato che tra i valori e, in particolar­e, tra i diritti fondamenta­li non c’è gerarchia. La ragione è semplice: tutti quei diritti concorrono indivisibi­lmente a dar corpo all’idea della dignità umana. Ciò comporta che chi regola i conflitti tra i vari diritti — come nel caso quello tra diritto alla salute e la libertà religiosa — deve procedere a un bilanciame­nto tra gli opposti diritti in modo da assicurare il più pieno godimento possibile di entrambi nelle concrete condizioni esistenti. È stato fatto proprio questo con i Dpcm di Conte? È lecito dubitarlo. Le chiese e, in genere, i luoghi di culto sono di solito ambienti grandi. Era forse possibile permettere la partecipaz­ione alle cerimonie religiose, sempreché fossero osservate le stesse regole — come l’uso di mascherine e le distanze tra le persone — previste in via generale. Piuttosto che un divieto totale, che riduceva a zero la libertà di culto, era forse possibile prevedere una disciplina che avrebbe permesso un uso dei luoghi di culto se pure regolato nel numero massimo delle persone e con le normali regole di sicurezza.

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