UNA NUOVA ECONOMIA (E DIFFERENZIATA) FIRENZE RIPARTA DA QUI
eCaro direttore, il suo editoriale dal titolo, «Rifacciamo i conti (parlando chiaro)», è assai condivisibile, sia per la forza oggettiva dei numeri che mettono a confronto la dipendenza di Firenze e di Bologna dal segmento economico del turismo, che per la richiesta urgente posta a chi governa la città: una revisione strutturale del bilancio e, dunque, dell’impostazione stessa della città alla luce dei mutamenti profondi e, verosimilmente, permanenti nel mondo post Coronavirus. Ci permettiamo di insistere su quanto, su questo giornale, abbiamo sostenuto ben prima dell’avvento della pandemia («Turismo Firenze esplode. Servono incentivi per ri-abitare il centro», 26.6.2019): la logica dello sfruttamento intensivo del modello del turismo di massa, ha comportato una trasformazione sociale e funzionale della città e soprattutto del centro storico che, ben al di là dei dati riferiti al Pil, l’ha resa troppo dipendente da una monocultura produttiva (fondata sulla rendita) e dunque troppo fragile. Non immaginavamo che potesse essere così drammatica e devastante la controprova di quello che andavamo dicendo, ma purtroppo questa fragilità si è dimostrata nei fatti. Qualcuno ci redarguiva dicendo che non era vero che Firenze dipendesse eccessivamente dal turismo di massa e che i dati del Pil dimostravano quanto fosse città manifatturiera ben più di quanto la si potesse definire turistica. Questo è insieme vero e sbagliato. È vero, come mostrano in dati forniti da Irpet che il contributo del turismo al Pil cittadino, attestandosi intorno all’8,8%, non consente tecnicamente di definire Firenze una città a monocultura turistica, soprattutto se confrontata con la quota di Pil derivante dal turismo di altre località toscane: Siena (13,6%), Castagneto Carducci (49,7%), Portoferraio (50.3%) o Marciana Marina (64,7%). Tuttavia, la struttura delle entrate del bilancio comunale evidenziano l’esistenza di un patto non scritto che ha favorito la trasformazione in senso turistico della città e rivelano che il veicolo principale di questa trasformazione è stato proprio quello strumento introdotto per compensare la cittadinanza degli effetti negativi del turismo: la tassa di soggiorno. Le ingenti entrate hanno infatti portato ad un sistema che monetizza il disagio provocato dal turismo e massimizza il consenso politico attraverso l’utilizzo di una parte di quei proventi per abbassare l’imposizione fiscale sui residenti e i commercianti fiorentini (che votano) trasferendola sui turisti (che non votano), di fatto abbandonando l’idea di contrastare l’impatto del turismo sulla trasformazione del tessuto economico e sociale cittadino ed, anzi, legando il benessere della città alla massimizzazione delle presenze. Si tratta di un paradosso da cui non sarà facile uscire e che difficilmente potrà essere scardinato con l’ulteriore aumento delle agevolazioni per l’uso di suolo pubblico per gli esercenti o con una richiesta di fondi straordinari al governo per ripianare il mancato gettito da tassa di soggiorno. Sarebbe invece fondamentale aprire un dibattito cittadino, regionale e nazionale sulla riconversione economica della città di Firenze ed in particolare del suo centro storico, a partire dagli studi finora rimasti poco incisivi sul riconoscimento quale sito Unesco e progettando una sua trasformazione verso un’economia più differenziata, sostenibile e orientata alla residenza. Servirebbe un piano straordinario per il rilancio economico e sociale fiorentino che, anche grazie alle misure straordinarie ad oggi in campo come ammortizzatori sociali, sospensione dei mutui e simili, promuova una graduale riconversione delle attività economiche con contributi orientati alla diversificazione delle attività produttive, alla tutela, alla formazione e alla riqualificazione della forza lavoro impiegata, alla ricontrattazione di affitti ad uso abitativo e non abitativo, ad una mobilità che anziché orientata a «catturare» grandi flussi turistici internazionali fosse capace di connettere agilmente e in modo sostenibile centri, periferie, aree interne, servizi; a favorire il ritorno della residenza e delle attività ad essa funzionali con incentivi mirati e diretti. Senza un piano di interventi straordinari e strutturali che guardino al medio lungo periodo, Firenze rischia di uscire dall’emergenza sanitaria con una scelta tanto insostenibile: accettare una pesante riduzione delle entrate legate al turismo, preparandosi ai tagli conseguenti, oppure pensare di aumentare le tasse durante la più grande crisi dell’epoca repubblicana. Entrambe le soluzioni porterebbero a un impoverimento netto della città e ad una pesante ipoteca sulla sua capacità di rilancio.
*2020 a Sinistra