Il mare? Più blu e con più pesci Ed è merito (anche) del lockdown
Il blocco delle attività umane ha migliorato l’ecosistema. Il biologo: è oggettivo, ma non scientifico
Se affacciandovi a pochi metri dal litorale toscano doveste vedere un numero maggiore di saraghi, orate, dentici, e in generale di quei pesci che frequentano fondali scogliosi, sappiate che in parte è anche merito del lockdown. O meglio, che la loro scarsa presenza finora era anche colpa nostra, della presenza umana. Lo stop alla pesca e all’intensa attività di nautica da diporto di questi mesi sta rendendo i nostri mari — ma in generale la bassa presenza antropica ha influenzato tutta la natura — più blu, più puliti, più pieni di vita. L’Arpat lo ha notato nei suoi periodici monitoraggi sui quasi seicento chilometri di costa toscana. Il livello di eccellenza è toccato da oltre il 99% delle aree balneabili. E riguarda anche Bilancino e il laghetto dei Renai.
Ma lo zoologo e docente di biologia marina dell’Università di Firenze Alberto Ugolini mette in guardia da facili accostamenti: «Un conto sono le indagini sulla salubrità, altro conto è la “riconquista” degli spazi di forme di vita animale e vegetale». Ed è troppo presto perché lo stop alle attività umane «in pratica è finito ieri» e «dati scientifici non ne possiamo ancora avere». Anche se «pure io, parlando con alcuni amici sub, ho sentito dire che c’è tanto più pesce e che sembra di essere tornati agli anni Cinquanta». La verità è che «è impossibile stabilire quanto dovrebbe essere lungo un lockdown per tornare ai livelli degli anni Cinquanta. Il miglioramento alla natura che l’assenza delle attività umana ha portato, è oggettivo. Ma la valutazione dell’assenza di disturbo antropico su fauna e vegetazione è prematuro»..
Anche perché «ogni specie ha il suo periodo di resilienza: i pesci che frequentano i fondali tradizionalmente più disturbati dai bagnanti sono i primi a tornare vicino a riva. Anche le ricciole potrebbero trarre giovamento». Per i curiosi circa una maggiore facilità di avvistamenti di squali, il discorso è diverso: «Su di loro influisce più che altro la pesca e la nautica da diporto, può darsi che la riduzione di questi fenomeni per due mesi possa aver influito sull’aumento, la diffusione e l’avvicinamento verso riva di certe specie. Ma anche qui, da dire
“può darsi” a dire “sicuramente”, c’è davvero di mezzo il mare».
Quello che i biologi marini sanno è che «un effetto particolarmente distruttivo portato dal turismo balneare, senza per questo volerlo demonizzare, è il calpestamento del sostrato sommerso nell’immediato litorale». Il calpestamento «incide su invertebrati e alghe, se si tratta di strati duri. E l’assenza di bagnanti favorisce il ritorno della vegetazione algale autoctona e di crostacei, anellidi e molluschi». È un fatto però che «il mare ora è meno torbido». Ma è una conseguenza che «dipende da tanti fattori». Anche dal lockdown, ma «soprattutto dalla portata fluviale e quindi dalle precipitazioni».
Certo, il lockdown ha costretto molti esercizi commerciali e fabbriche a chiudere e questo comporta un «alleggerimento degli scarichi e una minor dose di acque reflue e inquinanti». Fenomeno che riguarda anche i fiumi, Arno in testa. Altro fattore è stato il bel tempo di questi mesi che «ha ridotto la portata dei fiumi e ha prodotto meno materiale in sospensione riversato in mare».