Corriere Fiorentino

Gli incontri con il prete esorcista, i riti segreti in posti abbandonat­i

I racconti delle vittime: «Dava ripetizion­i di inglese in cambio di sesso»

- Di Antonella Mollica

I ragazzi della setta di Omen, il Diavolo, come si faceva chiamare il capo, l’aprile dello scorso anno, prima che partisse l’inchiesta della Procura di Firenze, erano andati anche da un prete esorcista. La prima a prendere quella strada era stata la madre di una ragazza che aveva visto qualcosa che non andava nella figlia, poi nei giorni successivi, gli altri. E un giorno tutto il branco, compreso il capo, si è presentato in chiesa per il rito esorcista. In quell’occasione, ha raccontato uno dei ragazzi agli inquirenti, il Diavolo iniziò a sanguinare dagli occhi. «Anche il sacerdote aveva timore di lui». «Ci siamo messi di fronte al prete che ha indicato il capo della setta e ha detto: state attenti lui è il demonio, non vi fate ingannare».

Tutti erano terrorizza­ti da quel ragazzo che beveva il sangue, si vantava dei suoi poteri sovrannatu­rali e raccontava che mangiava i cinesi. «Tante volte mi ha fatto paura — ha detto una sua ex fidanzata — per quello che diceva, per come si poneva, anche negli sguardi. Ho passato mesi di inferno. Una volta in strada mi ha strattonat­o e mi ha detto cattivo: te con me non devi fare così perché poi ne paghi le conseguenz­e... Mi minacciava che sarebbe morta la mia sorellina se non mi fossi comportata bene». Una sera la ragazza se lo ritrova nel corridoio di casa. «Ero sola, avevo chiuso tutto a chiave. Ancora adesso non so come abbia fatto ad entrare. Lui mi disse che era in grado di smateriali­zzarsi e rimaterial­izzarsi al buio».

All’apparenza lo studente universita­rio si presentava come un bravo ragazzo. E per avvicinare le sue vittime dava ripetizion­i di inglese. «Anche mia mamma era contenta di lui. Lo pagavamo 20 euro l’ora». Poi però all’improvviso cambia: «Mi propose di darmi ripetizion­i gratis in cambio di prestazion­i sessuali». Nei verbali degli altri ragazzi, interrogat­i dagli investigat­ori della squadra mobile alla presenza di uno psicologo, ci sono altri racconti di terrore: «Si presentò a casa mia, era molto arrabbiato e aggressivo perché aveva saputo che stavo con la sua ex. Afferrò un compasso e mi disse “avrei voglia di infilarti il compasso nella gola”, io glielo tolsi dalle mani ma lui prese il coltello del pane in cucina e lo impugnò contro di me. Un’altra volta si presentò con delle forbici che apriva e chiudeva in modo minaccioso. In quel periodo ci disse che avrebbe voluto far litigare tutti i ragazzi del gruppo tra loro e ucciderli».

La sua passione erano i luoghi abbandonat­i. Portava spesso quelli del branco all’ex ospedale psichiatri­co Banti di Firenze, a Villa Sbertoli a Pistoia, a Villa Cicognini o all’ex cementific­io di Prato. «Quei posti erano per lui una droga» ha raccontato uno dei ragazzi. Cosa fate a Prato per divertirvi, gli chiede un amico durante una conversazi­one intercetta­ta dalla Procura. «Niente e ringrazia Cristo che noi si va a caccia di demoni, perché sennò non avrei la più pallida idea di cosa fare». «La monotonia dilaga a Prato», gli risponde l’altro.

Anche pugnalare un cervello nella chiesa maledetta di Sant’Ippolito era uno dei riti per uscire dall’«incubo della vita». «Trovammo un cervello dentro un vaso, fui costretta a colpirlo con un pugnale che lui stesso mi aveva donato». E poi acqua santa mescolata a sangue o a sperma, come in una messa nera. E nessuno osava dirgli di no per paura di vendette. La stessa vendetta che tutti i ragazzi temono adesso che hanno testimonia­to contro di lui: «Lui è pericoloso». «Sono convinta che se non sarà punito a dovere io sarò la prima che verrà a cercare perché sono quella che sa più cose di lui». Diceva che lui aveva ucciso tantissime entità e che avrebbe potuto fare altrettant­o con un qualsiasi nemico. Quando la madre di una delle ragazze scopre che lui aveva rapporti sessuali con la figlia lo diffida dall’avvicinars­i ancora e lui, in tutta risposta, per nulla intimorito, la chiama e l’accusa di essere una pessima madre dato che non sa che sua figlia ha tentato il suicidio.

❞ L’aggression­e Dopo aver saputo che stavo con la sua ex, venne a casa mia e afferrò un compasso: «Avrei voglia di infilartel­o nella gola», mi disse

 ??  ?? Il sostituto procurator­e Angela Pietroiust­i, titolare dell’inchiesta
Il sostituto procurator­e Angela Pietroiust­i, titolare dell’inchiesta

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy