Gli incontri con il prete esorcista, i riti segreti in posti abbandonati
I racconti delle vittime: «Dava ripetizioni di inglese in cambio di sesso»
I ragazzi della setta di Omen, il Diavolo, come si faceva chiamare il capo, l’aprile dello scorso anno, prima che partisse l’inchiesta della Procura di Firenze, erano andati anche da un prete esorcista. La prima a prendere quella strada era stata la madre di una ragazza che aveva visto qualcosa che non andava nella figlia, poi nei giorni successivi, gli altri. E un giorno tutto il branco, compreso il capo, si è presentato in chiesa per il rito esorcista. In quell’occasione, ha raccontato uno dei ragazzi agli inquirenti, il Diavolo iniziò a sanguinare dagli occhi. «Anche il sacerdote aveva timore di lui». «Ci siamo messi di fronte al prete che ha indicato il capo della setta e ha detto: state attenti lui è il demonio, non vi fate ingannare».
Tutti erano terrorizzati da quel ragazzo che beveva il sangue, si vantava dei suoi poteri sovrannaturali e raccontava che mangiava i cinesi. «Tante volte mi ha fatto paura — ha detto una sua ex fidanzata — per quello che diceva, per come si poneva, anche negli sguardi. Ho passato mesi di inferno. Una volta in strada mi ha strattonato e mi ha detto cattivo: te con me non devi fare così perché poi ne paghi le conseguenze... Mi minacciava che sarebbe morta la mia sorellina se non mi fossi comportata bene». Una sera la ragazza se lo ritrova nel corridoio di casa. «Ero sola, avevo chiuso tutto a chiave. Ancora adesso non so come abbia fatto ad entrare. Lui mi disse che era in grado di smaterializzarsi e rimaterializzarsi al buio».
All’apparenza lo studente universitario si presentava come un bravo ragazzo. E per avvicinare le sue vittime dava ripetizioni di inglese. «Anche mia mamma era contenta di lui. Lo pagavamo 20 euro l’ora». Poi però all’improvviso cambia: «Mi propose di darmi ripetizioni gratis in cambio di prestazioni sessuali». Nei verbali degli altri ragazzi, interrogati dagli investigatori della squadra mobile alla presenza di uno psicologo, ci sono altri racconti di terrore: «Si presentò a casa mia, era molto arrabbiato e aggressivo perché aveva saputo che stavo con la sua ex. Afferrò un compasso e mi disse “avrei voglia di infilarti il compasso nella gola”, io glielo tolsi dalle mani ma lui prese il coltello del pane in cucina e lo impugnò contro di me. Un’altra volta si presentò con delle forbici che apriva e chiudeva in modo minaccioso. In quel periodo ci disse che avrebbe voluto far litigare tutti i ragazzi del gruppo tra loro e ucciderli».
La sua passione erano i luoghi abbandonati. Portava spesso quelli del branco all’ex ospedale psichiatrico Banti di Firenze, a Villa Sbertoli a Pistoia, a Villa Cicognini o all’ex cementificio di Prato. «Quei posti erano per lui una droga» ha raccontato uno dei ragazzi. Cosa fate a Prato per divertirvi, gli chiede un amico durante una conversazione intercettata dalla Procura. «Niente e ringrazia Cristo che noi si va a caccia di demoni, perché sennò non avrei la più pallida idea di cosa fare». «La monotonia dilaga a Prato», gli risponde l’altro.
Anche pugnalare un cervello nella chiesa maledetta di Sant’Ippolito era uno dei riti per uscire dall’«incubo della vita». «Trovammo un cervello dentro un vaso, fui costretta a colpirlo con un pugnale che lui stesso mi aveva donato». E poi acqua santa mescolata a sangue o a sperma, come in una messa nera. E nessuno osava dirgli di no per paura di vendette. La stessa vendetta che tutti i ragazzi temono adesso che hanno testimoniato contro di lui: «Lui è pericoloso». «Sono convinta che se non sarà punito a dovere io sarò la prima che verrà a cercare perché sono quella che sa più cose di lui». Diceva che lui aveva ucciso tantissime entità e che avrebbe potuto fare altrettanto con un qualsiasi nemico. Quando la madre di una delle ragazze scopre che lui aveva rapporti sessuali con la figlia lo diffida dall’avvicinarsi ancora e lui, in tutta risposta, per nulla intimorito, la chiama e l’accusa di essere una pessima madre dato che non sa che sua figlia ha tentato il suicidio.
❞ L’aggressione Dopo aver saputo che stavo con la sua ex, venne a casa mia e afferrò un compasso: «Avrei voglia di infilartelo nella gola», mi disse