La Caritas e il rapporto choc «I nuovi poveri? Sono giovani coppie italiane»
Il rapporto: molti più italiani, tante persone che lavorano nel turismo e nella ristorazione
Sono giovani coppie, quasi sempre italiane, hanno appena affittato una casa e spesso hanno un figlio piccolo. La loro vita, fino a poco tempo fa, scorreva serena. Certo, c’erano le bollette da pagare e l’affitto a fine mese, ma la garanzia di uno stipendio, seppur precario, permetteva loro di galleggiare. Oggi quel lavoro (soprattutto in ambito del turismo, ristorazione e commercio) non c’è più e molti di loro si sono ritrovati a bussare per la prima volta alla Caritas per avere aiuti e qualcosa da mangiare.Tra marzo e maggio di quest’anno gli italiani che si sono rivolti alla Caritas sono il 20% in più rispetto allo stesso periodo del 2019.
Eccoli i nuovi poveri all’indomani della pandemia, raccontati nel dossier della Caritas fiorentina dal titolo «Il profilo del nuovo povero». Emblematico, a tal proposito, è il racconto che fa di loro un operatore dell’associazione: «Sono giovani e con figli piccoli. Sono spauriti, leggi nei loro occhi la disperazione di una situazione che non conoscono, che non avevano preventivato e che non sono preparati a gestire».
E non a caso, il primo aspetto che emerge dalla lettura dei dati è una crescita di circa il 5%, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (marzo-maggio), delle persone appartenenti alla fascia di età tra i 35 e i 55 anni. Se prima erano soprattutto uomini o donne sole a rivolgersi alla Caritas, adesso sono soprattutto persone coniugate o conviventi, una percentuale passata dal 43,6 al 51,2 per cento. Tre persone su quattro (soprattutto italiani) denunciano di non avere un reddito sufficiente per vivere (un incremento rispetto alla primavera dell’anno scorso di circa il 20 per cento). Oltre ad aumentare i giovani, aumentano anche le donne che si rivolgono ai centri d’ascolto Caritas,
che sono oltre il 60 per cento del totale e sono aumentate del 2,6 per cento tra le straniere ma soprattutto tra le italiane, facendo registrare un + 9,5 per cento. «Le donne sono le più propense a rivolgersi alla Caritas — è spiegato nel rapporto — o perché sperimentano la condizione di madri sole, che le espone a un forte rischio di vulnerabilità economica e sociale, o come portatrici di una situazione di bisogno che coinvolge l’intero nucleo familiare».
Anche i dati relativi alla condizione abitativa contribuiscono a rafforzare quanto emerso nel corso delle interviste realizzate: a seguito dell’emergenza Covid si è aggravata la condizione di povertà soprattutto tra quei soggetti, perlopiù sconosciuti ai circuiti assistenziali privati e pubblici, dotati di un minimo di risorse accumulate nelle primissime fasi dell’esistenza adulta, come un’abitazione e un reddito da lavoro.
Cresce in modo vistoso la percentuale di coloro che abitano in una casa o una stanza in affitto (rispettivamente da 24,8 a 33,4% e da 2,9 a 4,5%), degli assegnatari di alloggi popolari (da 5,5 a 7,8%) e addirittura dei proprietari (che passano da 1,6 a 2,6%). Se una condizione abitativa stabile rappresenta una risorsa fondamentale per l’integrazione al contempo, come hanno confermato gli stessi intervistati, è proprio il disequilibrio tra un canone di locazione elevato — che rappresenta un’uscita costante — e redditi da lavoro modesti, e spesso incerti, a disegnare la linea di frattura attorno alla quale si definiscono i profili delle nuove povertà posto Covid.
La maggior parte degli utenti (circa il 35%) vive in una casa in affitto. Quanto agli interventi attivati, la voce nettamente prevalente resta per entrambi i periodi quella dei «beni e servizi materiali: viveri», vale a dire i pacchi alimentari, che cresce dal 21,8% del 2019 al 50% del 2020.
Un operatore «Leggi nei loro occhi la disperazione di una situazione che non avevano preventivato»