Corriere Fiorentino

L’incubo degli schiavi nigeriani arrivati dal mare

Siena, sgominato un traffico di donne e uomini. Il viaggio della disperazio­ne nel deserto

- Traffico di uomini utilizzati Antonella Mollica

La partenza in Nigeria e l’arrivo in Italia. In mezzo, per le ragazze nigeriane reclutate per la prostituzi­one, c’era la traversata nel deserto, senza cibo e senza acqua, le violenze sessuali e qualche volta il rapimento da parte di bande rivali, l’approdo sulle coste libiche in attesa dei barconi per la Sicilia. A ricostruir­e nei dettagli i viaggi della disperazio­ne è una complessa indagine della squadra mobile di Siena, coordinata dal sostituto procurator­e antimafia di Firenze Eligio Paolini, che ha portato a 12 misure cautelari tra Castelfior­entino, Empoli, Pistoia,

Foggia, Torino e Chieti con l’accusa di associazio­ne per delinquere finalizzat­a alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù e sfruttamen­to della prostituzi­one. Sei le donne nigeriane finite in carcere, un italiano, compagno di una di loro, sottoposto all’obbligo di presentazi­one alla polizia giudiziari­a.

Tutto parte nell’ottobre 2016 alla periferia di Siena dopo una lite tra due prostitute nigeriane, una di loro aveva 16 anni, che si contendeva­no il posto in strada. È l’intuizione dei poliziotti della squadra mobile a dare il via all’inchiesta particolar­mente complessa, come ha spiegato il questore Costantino Capuano, fatta di intercetta­zioni di difficile comprensio­ne a causa dei vari dialetti. Il viaggio costa 25 mila euro. Il punto di partenza, racconta agli investigat­ori la ragazza di 16 anni, è l’abitazione di un ghanese a cui vengono affidate 32 persone, anche bambini, che vogliono arrivare in Italia. Su un camion la traversata nel deserto fino alla Libia, poi un’altra sosta di due settimane in un’altra «connection house» con le donne costrette a subire violenze sessuali, un altro viaggio

● La squadra mobile di Siena ha sgominato un

edonne provenient­i dalla Nigeria

● Le ragazze finivano sulla strada, i ragazzi invece erano

per l’accattonag­gio nascosti tra la merce di un camion, infine l’imbarco su un gommone carico di 150 migranti. Alcune ragazze non sono mai arrivate in Italia. «L’unica preoccupaz­ione dei vertici dell’organizzaz­ione quando perdono le ragazze in mare — spiega il pm Paolini — è in mancato profitto». Una volta in Italia c’è un numero di telefono della maman da contattare per iniziare il lavoro in strada. Donne da far prostituir­e ma anche uomini da destinare all’accattonag­gio, ha rivelato l’inchiesta. Le maman gestivano la rete delle prostitute, che venivano minacciate con i riti vudù, e si occupavano anche degli aborti in caso di necessità.

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