Corriere Fiorentino

«Ho sempre pensato di essere io il padre Ora voglio crescerlo»

Prato, parla il marito della donna condannata per aver avuto un figlio con un quindicenn­e

- Giorgio Bernardini

Il marito della donna che ha avuto un figlio con un quindicenn­e e che per questo è stata condannata in primo grado a oltre 6 anni di carcere, parla per la prima volta. E difende se stesso e la donna.

«Sono i miei figli. Mi aspetto di vederli crescere insieme: il più grande ha appena insegnato al piccolo a giocare a pallone. Queste sono le scene che vorrei continuare a vedere». Il marito della donna che nell’estate del 2018 ha avuto un figlio da un ragazzo di 15 anni al quale dava lezioni di inglese rompe il silenzio mantenuto dall’inizio di questa storia e per tutto il processo, arrivato a conclusion­e lunedì scorso.

«Non penso — spiega oggi — che la vita mi abbia messo di fronte a una prova d’orgoglio, ho cercato di evitare questa strada per vivere meglio e per loro». E ha scelto di rimanere sempre accanto alla moglie, dai primi concitati momenti dell’indagine nata dalla denuncia della madre del ragazzino di 15 anni, sino al momento della lettura della sentenza.

L’uomo, che ha 33 anni e fa l’operaio in una ditta di altoparlan­ti, si dice ora «sollevato» e si concentra su quelli che considera entrambi i suoi figli: il primo, di 12 anni, di cui è padre biologico; e il secondo, che oggi ha 2 anni, che la moglie ha avuto da quella relazione. Il giudice del tribunale di Prato, lunedì scorso, ha condannato la moglie a 6 anni e 6 mesi di pena per la violenza sessuale nei confronti del quindicenn­e. E ha condannato a un anno e 8 mesi di pena lui, per alterazion­e di stato per aver riconosciu­to quel bambino pur sapendo che non era suo figlio.

Il giudice non ha creduto alla sua ricostruzi­one. Quando ha saputo che non era lei il vero padre del bambino che stava crescendo?

«Sono sempre stato convinto fosse figlio mio. Ho saputo dell’altra relazione da mia moglie prima che lui nascesse, ma come tutti ho scoperto che non era il mio bambino dal test del dna che è stato fatto solo all’inizio delle indagini. Ero sicuro di esserne il padre».

A tutte le udienze del processo lei era al fianco di sua moglie. Come mai ha deciso di continuare a starle accanto nonostante quello che era accaduto?

«Non c’è mai stato alcun dubbio per me: io e lei ci siamo innamorati quando eravamo molto giovani, l’amore c’è sempre stato e non è mai finito. Eravamo insieme e siamo insieme».

Quindi l’ha perdonata?

«Non ne ho avuto bisogno. Mi spiego: quando si rompe qualcosa, in una relazione, non è mai colpa di una sola parte. Bisogna continuare a

farsi domande e cercare una soluzione insieme, se c’è. Nel nostro caso abbiamo affrontato la questione e abbiamo deciso insieme per la soluzione più responsabi­le».

Com’è cambiato, da quel momento, il vostro rapporto?

«Abbiamo ritrovato la serenità di cui i figli hanno bisogno, è quello che ci fa stare bene, quello per cui ci impegniamo».

Le vittime più indifese di questa vicenda sono i tre minori: il suo primo figlio, quello che lei ha accolto come secondo figlio e infine il padre del bambino nato nell’estate del 2018. Cosa ne pensa?

«Hanno sofferto tutti, io posso solo dire che ho dato davvero tutto quello che potevo per cercare di stabilire una nuova serenità. Ho fatto quello che ho potuto».

Pensa che parlerà, prima o poi, con il ragazzo che ha avuto la relazione con sua moglie, che oggi ha 16 anni?

«Non lo so se lo farò, non mi pongo oggi queste domande. Ma posso dire che ho avuto massimo rispetto per la sua famiglia e cercherò di fare sempre così, anche in futuro».

Cosa significa per lei, in questa condizione, vivere con un bambini che sa per certo non essere suo?

«Io lo considero mio, lo sto crescendo pensando sia mio. Non penso che la vita mi abbia messo di fronte ad una prova d’orgoglio. Io vedo al contrario questo evento come una prova di responsabi­lità, quella di crescerli. Vorrei con tutto me stesso che fosse anche una lezione per loro due».

Non teme che un domani il vero padre possa rivendicar­e la paternità del bambino?

«Per come sono fatto non sto pensando così in là nel tempo, ma sto cercando di dare più amore possibile al bambino. Poi, se in futuro lui ne potrà avere ancora di più anche da parte di altri, sarò comunque felice».

Ha intenzione di raccontare ai due bambini come sono andate le cose?

«Prima o poi qualcosa dovrò dirlo. Dovrò spiegare. Ma ci sono degli esempi da seguire, delle storie che ci hanno preceduto e che ci possono insegnare come agire. Quando lo farò spero che basti l’affetto che ho cercato di dare loro per colmare questo dolore».

I vostri avvocati il giorno della sentenza del processo hanno definito un errore quello compiuto da sua moglie. Quali sono stati, se ce ne sono, gli errori che ha compiuto lei? Avrebbe potuto comportars­i diversamen­te?

«Del senno di poi sono piene le fosse. C’è già tanto di cui parlare, metterci anche le ipotesi è complicato. È andata così, si è gestito quel che potevamo gestire».

❞ Non ho avuto bisogno di perdonare mia moglie Io e lei ci siamo innamorati da giovani e così è ancora

❞ Hanno sofferto tutti, non se parlerà con il ragazzo, ma avrò sempre rispetto per lui e la sua famiglia

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La donna e il marito con l’avvocato in tribunale

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