Ore 21: riaprono le Contrade Ma niente capannelli né cene
Siena: svolta, con regole rigide. «Festa a metà». «Almeno le porte non sono più chiuse»
Che la festa abbia inizio. Sono passati più di tre mesi dalla chiusura delle Società di Contrada. Dal punti di vista sanitario Siena ha pagato un piccolo dazio di fronte all’avanzata del Covid, ma la sua anima più profonda è stata comunque messa a tacere. Logico quindi che ieri sera, verso le 21, quando le porte si sono spalancate di nuovo, nell’aria ci fosse grande fermento. Una voglia di matta di tornare a casa e riabbracciare la propria famiglia. Quello spaccato quasi impenetrabile dall’esterno, che per 365 giorni all’anno è sempre in funzione e rappresenta la benzina indispensabile per ogni Contrada. Punto di incontro di generazioni differenti, che tra una mano a briscola e un bicchiere di vino si tramandano aneddoti, storie e insegnamenti.
Qui si è finito e da qui si riparte, perché sopportare un anno senza Palio è difficile, ma tenere le Società è in lockdown è impossibile. Dalla comunità senese quindi questo via libera è stato accolto con grande entusiasmo, anche se con tutte le cautele del caso. Priori e presidenti per accorciare i tempi hanno accettato un rigido protocollo, che prevede termoscanner, firma all’entrata, mascherine e controlli sul distanziamento. Regole che qualche dirigente ha digerito a fatica, perché troppo distanti dal modello di vita contradaiola: senza però sfilarsi dal drappello compatto che si è presentato pochi giorni fa di fronte al prefetto e all’amministrazione comunale per ottenere il via libera. «È un giorno importante, anche se ci siamo dovuti adeguare — sottolinea Laura Vannini, coordinatrice dei presidenti di Società e numero uno di quella del Bruco — Senza le Società, Siena si ferma e ai cittadini viene a mancare una casa. L’aggregazione che danno questi luoghi è difficile da far comprendere all’esterno, quindi, a costo di cambiare le nostre abitudini, era necessario ripartire». Anche potendo gustare solo metà della torta.
Il semaforo verde alla riapertura ha infatti un sapore agrodolce. Al di là delle norme stringenti, è stato consentito l’accesso al bar, ma poi non si può sostare nei locali. «A dir la verità avrei preferito aspettare altri 10 giorni — afferma Marco Meini, presidente di Società del Nicchio — Per me il grande momento sarà quando si potrà tornare alla “nostra” normalità. Poi la socialità conta tanto, ma per
❞ Abbiamo dovuto cambiare le nostre abitudini, ma era necessario ripartire: senza le Società, Siena si ferma e ai cittadini viene a mancare una casa
esempio, non capisco come mai noi dobbiamo controllare la temperatura, quando questa pratica non è prevista quasi da nessuna parte».
Quello che la ripartenza sicuramente non si porta dietro sono le cene. Un po’ per andare incontro ai ristoratori, un po’ per la difficoltà di osservare determinate norme nelle cucine di Contrada, questi appuntamenti, per alcun rioni anche settimanali, nel 2020 rischiano di saltare del tutto. «Più dell’aspetto economico, questi ritrovi hanno una valenza sociale — spiega Giancarlo Vaselli, presidente di Società della Tartuca — Sono un momento di aggregazione e di condivisione, che per tanti contradaioli rappresentano un momento di evasione settimanale». Un’opinione condivisa anche da Vannini, che però preferisce concentrarsi sul bicchiere mezzo pieno: «Certo che mancheranno, ma piuttosto che rimanere chiusi, ora è meglio accontentarsi di questo passo in avanti».
Una conquista che secondo i presidenti sarà facilitata anche dal comportamento dei contradaioli. «Da settimane ci siamo attrezzati per far comprendere ai nostri popoli gli atteggiamenti da tenere. Abbiamo messo cartelli, mandato mail e fatto tutto ciò che era necessario — confessa Vaselli — C’è stata grande solidarietà, perché per la nostra gente tornare qua era la cosa che adesso contava di più e sono sicuro che loro ci daranno una mano a mantenere l’ordine». Un aspetto ribadito anche da Meini: «Mi spiace ripartire senza cene, ma rivedere la gente per strada, nel nostro caso nei giardini, era fondamentale». Avanti adagio, ma avanti.