Corriere Fiorentino

«Martina fuggiva da una violenza, ora dai giudici aspetto solo giustizia»

Oggi la sentenza per i giovani accusati di aver causato la morte della ragazza. Parla il padre

- Valentina Marotta

❞ Spero che la decisione dei giudici restituisc­a dignità a mia figlia Non ho mai creduto all’ipotesi del suicidio, lei era entusiasta della vita e con tanti progetti

mi ridarà Martina, ma la sentenza potrà restituire un pezzetto di dignità alla morte di mia figlia». Come sempre, anche oggi, sarà al palazzo di giustizia di Firenze Bruno Rossi, il padre della studentess­a genovese che il 3 agosto 2011 precipitò dal balcone dell’Hotel Santa Ana di Palma di Maiorca, mentre, secondo l’accusa, sfuggiva a un tentativo di stupro.

È in partenza per Firenze con la moglie Franca per seguire le ultime battute del processo d’appello, che vede imputati Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, entrambi aretini poco più che ventenni. I due giovani erano stati condannati in abbreviato, a 6 anni, dal tribunale di Arezzo, nel dicembre 2018, con l’accusa di tentata violenza sessuale di gruppo e morte come conseguenz­a di altro delitto. Ma quest’ultima accusa è stata dichiarata estinta per prescrizio­ne, nel novembre scorso, all’apertura del processo d’appello. «Il tempo è prezioso — non si stanca di ripetere Bruno — perché anche sull’altro capo di imputazion­e (la tentata violenza di gruppo, ndr) pende la prescrizio­ne che scatterà nel 2021. Per questo sarà necessario arrivare al più presto alla verità processual­e. I magistrati hanno studiato con scrupolo le migliaia di pagine che costituisc­ono gli atti d’indagine per arrivare alla decisione e sono certo che faranno lo stesso i giudici d’appello».

Storico camallo al porto di Genova e sindacalis­ta, Bruno si è sempre battuto per ottenere giustizia in tempi rapidi ed è stato ricevuto anche dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Per colpa dell’emergenza sanitaria il processo ha subito uno stop di quattro mesi, ma lui dice: «Nel periodo del lockdown mi sono impegnato con la testa e con le mani. Ho lavorato la terra e ho riletto Papa Francesco. Le prossime ore, però, saranno cruciali». La Corte d’appello, presieduta da Angela Annese, dovrà decidere tra la richiesta dell’accusa e quella della difesa. La pg Luciana Singlitico ha chiesto la condanna a 3 anni ciascuno per Vanneschi e Albertoni: «Martina era in compagnia dei due giovani. Precipitò in slip da un balcone nel tentativo di sfuggire alle loro pesanti avances e cercare scampo sul balcone vicino». Diversa la ricostruzi­one degli avvocati Stefano Buricchi e Tiberio Baroni, difensori dei due giovani aretini: «Martina cadde in stato confusiona­le dopo aver fumato hashish e si gettò nel vuoto dalla camera da letto dei ragazzi». Per questo sollecitan­o l’assoluzion­e o, in alternativ­a, la riapertura del dibattimen­to per ascoltare alcuni testimoni.

Bruno aspetta la sentenza di appello, che oggi potrebbe arrivare, e, intanto, gli ultimi otto anni scorrono nelle sue parole, come in un film: «Non avrei mai voluto ricevere quella maledetta telefonata che mi annunciava la morte di Martina. I magistrati spagnoli archiviaro­no il caso come suicidio, ma non ho mai creduto a quella storia. Mia figlia era entusiasta della vita seppure con tutti i turbamenti della sua età, aveva dei progetti per il futuro». La sua voce trema per l’emozione: «I due ragazzi hanno sempre respinto le accuse, sostenendo che quella sera, Martina si sentì male e corse a vomitare dalla finestra della loro camera, ma cadde giù. Un racconto incrinato dagli atti dell’indagine: la polizia accertò che mia figlia precipitò in mutande e che uno dei ragazzi aveva un graffio sul viso. Io aspetto solo giustizia».

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Martina Rossi, precipitò da un balcone a Palma di Maiorca nel 2011

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