Corriere Fiorentino

LA SANIFICAZI­ONE DEL NEOLOGISMO

- Di Enrico Nistri

Come tutte le crisi, anche la pandemia ci ha regalato una vasta gamma di neologismi e/o anglicismi. alcuni, che, dal punto di vista linguistic­o, sono una tragedia nella tragedia. Alcuni sono barbarismi espliciti: tipico il caso dell’espression­e lockdown, preferita al termine «confino», evocatore di fosche misure poliziesch­e. Altri sembrano derivare dal latino, ma in realtà sono calchi dall’inglese. Non è una novità: già negli anni ’70 era entrato in circolazio­ne il vocabolo «ottimizzar­e», esemplato sull’inglese optimize, mentre del 1998 è l’ingresso della locuzione «buone pratiche», calco di good practice. Il coronaviru­s ha imposto il termine «sanificare», dall’inglese sanify. Il suo ingresso risale al 1991, ma solo ora il termine è entrato nel linguaggio corrente, come l’espression­e «distanziam­ento sociale», pedestre calco dell’inglese social distancing, che fa pensare più alla puzza al naso degli ex alunni di Oxford che alla distanza da tenere col vicino d’ombrellone. L’adozione di barbarismi si giustifica con l’esigenza di esprimere concetti che la nostra lingua stenta a comunicare. In realtà serve a rendere appetibile qualcosa che, in italiano, presenta una connotazio­ne sgradevole, o a enfatizzar­e un concetto. Se l’espression­e «cibo da strada» fa pensare a un barbone che bivacca su una panchina, lo street food evoca Central Park. Chi «ottimizza» è convinto che migliorare non basti, dimentico dell’adagio secondo cui l’ottimo è nemico del buono. E chi parla di sanificazi­one pensa che pulire, «sgrumare», disinfetta­re, persino «igienizzar­e» sia troppo poco. Non è una mera questione estetica. La sanificazi­one comporta protocolli rigorosi, ma anche costi più alti, perché, come spesso succede in Italia, si finisce per pagare due volte, chi lavora e chi «mette il bollo». Per questo molti imprendito­ri vorrebbero poter disinfetta­re in proprio. In più rimane aperto un altro interrogat­ivo: siamo sicuri che vivere e lavorare per mesi in ambienti chiusi e sterilizza­ti, con prodotti che se non fanno bene ai microbi alla lunga possono essere tossici per l’uomo, non comporti inconvenie­nti? Anche le istruzioni per l’uso delle piastrine contro le zanzare invitano ad aerare la stanza. E, usciti da un lungo isolamento, non rischierem­o di rimanere vittime del primo virus, magari non coronato, come quei bambini che dopo essere stati tenuti sotto una campana di vetro quando vanno all’asilo si buscano tutte le malattie? Priva di controindi­cazioni sarebbe invece la «sanificazi­one» della lingua dai neologismi in eccesso. Ma i tempi non paiono ancora maturi.

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