Come uscire dal tunnel
Libri In «Dopo l’Apocalisse» Nencini e Cardini riflettono sulla nostra fragile modernità Per rinascere è necessario il ritorno al primato della politica e lavorare per una nuova Europa
Ci stiamo forse scoprendo tutti quanti figli più o meno legittimi di Prometeo? E che fine hanno fatto le «magnifiche sorti et progressive dell’umanità» i teorici delle quali da duecento anni a questa parte ci hanno insegnato che tutto ciò che è nuovo è anche migliore? Quella che viviamo è una modernità fragile, non immortale come si credeva. Infatti è bastato l’arrivo di una malattia, il Coronavirus, per mettere in crisi certezze che sembravano granitiche. Siamo di nuovo attraversati dalla grande paura: come durante la peste del 1347 o quella del 1630, rievocata dal Manzoni. È da queste considerazioni che partono i due autori di Dopo l’Apocalisse. Ipotesi per una rinascita, libro scritto dal senatore della Repubblica Riccardo Nencini e dallo storico Franco Cardini e edito La Vela di Viareggio.
Un politico e un esperto di storia: ovvero la cornice e il quadro. Nencini indica il nuovo orizzonte sociale, economico, politico del dopo coronavirus: riorganizzazione dell’assetto del potere, mutamento nei comportamenti delle diverse comunità, ricerca delle cause prime della tremenda pandemia che ha colpito l’Italia e il mondo intero. Cardini pone invece sotto la lente d’ingrandimento le contraddizioni di cui l’Occidente, individualista e ripiegato su se stesso sarà probabilmente vittima passata l’Apocalisse. «Per noi occidentali qualunque limite è una frontiera da abbattere. In fondo siamo soli nella nostra grandezza», afferma lo storico fiorentino. È vero che il virus colpisce tutti ma non colpisce allo stesso modo: dipende dall’età, dal sesso, dal tipo di società, dal sistema sanitario. Insomma l’Apocalisse finisce per ampliare le disuguaglianze, concordano i due autori. Un livello più alto di welfare tutela maggiormente i cittadini, tuttavia in una società abituata per decenni a dilatare la sfera delle libertà individuali senza il contrappeso delle reciproche responsabilità il dopo pandemia creerà danni maggiori. Si riscontrano sorprendenti analogie tra il passato e il presente. Tra le pagine ne trovano a volontà. Qualche esempio? Nel 1575, durante la peste che colpì Venezia e Milano, si comminavano sanzioni a chi vagava per le città, c’erano bandi affissi sui muri che indicavano i divieti che solerti araldi diffondevano per le strade: era severamente vietato «immischiarsi l’uno con l’altro». C’è una evidente somiglianza con le zone rosse decretate dai Dpcm del presidente Conte. Anche a Venezia la chiusura della città avvenne in ritardo, c’era una forte carenza di medici e di strutture sanitarie, povertà e crisi economica furono devastanti. Nella Milano del 1630 i medici furono incerti sulla diagnosi dell’epidemia. Si imboccò la strada sbagliata: per evitare che le merci rimanessero ad ammuffire nei magazzini si negò che si trattasse di peste, si volle evitare di allarmare la popolazione. Ogni parallelo con le attuali prese di posizione del presidente Trump non è puramente casuale. Ma una differenza sostanziale c’è eccome. Oggi siamo di fronte all’eccesso di comunicazione che finisce per seppellirci sotto una massa di informazioni e ci confonde. Per gli autori è necessario staccare la spina, come i dieci protagonisti del Decameron del Boccaccio. Nencini propone una riflessione riguardo i pericoli che corre il nostro sistema democratico alla luce della pandemia. «La sfilza di Dpcm con i quali è stata gestita l’emergenza sanitaria italiana e si sono circoscritti i diritti di milioni di cittadini... Il presidente del Consiglio che nei mesi di marzo e aprile solo due volte si è recato alle Camere a riferire sullo stato del Paese — la trattativa con l’Unione Europea affidata esclusivamente all’esecutivo... altro non fanno che aprire la strada a fenomeni che possono danneggiare la democrazia». Ugo De Siervo ha sottolineato come la Costituzione preveda diritti inviolabili. Se ho una malattia è giusto che sia messo in condizione di non trasmetterla «ma ciò non significa costruire un sistema di controllo sociale spropositato». Sabino Cassese si è spinto a scrivere che «i pieni poteri al governo sono illegittimi». La possibile rinascita, secondo i due autori, passa attraverso una inversione radicale di marcia: ritorno al primato della politica rispetto all’economia, una nuova etica sociale che sconfigga l’egoismo individualista, ripensare gli organismi internazionali a partire dall’Onu e dal Fondo Monetario Internazionale. Ma ciò su cui insistono è l’urgenza di un’ Europa nuova, dinamica: fiscalità, politica estera, legislazione sul welfare devono essere ricostruiti secondo lo spirito che ne animò i fondatori dopo la seconda Guerra Mondiale. Più Europa, da rilanciare come soggetto politico, capace di giocare un ruolo decisivo dentro e fuori il Vecchio continente. Ma oggi purtroppo dobbiamo dar ragione a Heinrich Böll: «L’Europa è una donna il cui fascino è un’aria assonnata».
❞ Siamo di nuovo attraversati dalla grande paura come durante la peste del 1347 o quella del 1630 rievocata da Manzoni
❞ L’eccesso di comunicazione finisce per seppellirci sotto una massa di informazioni e ci confonde È necessario staccare la spina