Corriere Fiorentino

COM’È TRISTE QUESTO CALCIO

Passa Joe Barone e promette: «Riporterem­o i tifosi sugli spalti» Il ricordo di Rialti e Righini, le azioni e le voci dalla panchina

- Di Matteo Magrini

Centoventu­no giorni dopo, rieccolo. Il Franchi. Tanto è passato dall’ultima volta. Si giocava Fiorentina-Milan, e finì 1-1.

Ti sforzi di ricordare com’era, ma è dura. C’era una volta il traffico, i motorini, i clacson. E poi i 30.000, i cori, i sussulti, i fischi. Il boato, per un gol. Il silenzio, improvviso e gelido, se a segnare erano gli altri. Scene di un calcio che (per ora) non c’è più. E chissà quando tornerà.

Nel mezzo, quattro mesi nei quali questo vecchio, carissimo stadio, è stato comunque al centro di mille attenzioni. Mai, come in questo periodo, se n’è discusso. Certo, il Franchi, non se la passa benissimo. Tra voglia di abbatterlo, manifestaz­ioni con tanto di ruspe, minacce di abbandono e nemmeno la soddisfazi­one di potersi mostrare in tutto il suo fascino. Perché il Franchi, quando gioca la Fiorentina, è bellissimo. Pieno di gente (oltre 30.000 presenze di media, prima dello stop), di viola, di passione. Le coreografi­e della Fiesole, i tifosi capaci di riempirlo anche alle 4 del mattino (1996), per accogliere la squadra di ritorno con la Coppa Italia vinta a Bergamo.

Oggi no. Oggi, tutto questo, non è possibile. «Ma stiamo lavorando forte in Lega per riaprire almeno in parte le porte entro la fine del campionato perché il calcio senza tifosi non è calcio», dice Joe Barone passando in tribuna stampa anche per ricordare Alessandro Rialti. Fa effetto cercarlo, e non vederlo. Quel seggiolino vuoto, che sarà suo per sempre, in attesa che l’intero settore venga dedicato alla sua memoria, come la sala stampa è stata intitolata a un’altra collega che manca. Manuela Righini, scomparsa esattament­e 10 anni fa. Manuela e «Ciccio». Chissà che parole avrebbero usato per raccontare giocatori che scendono mascherati dal pullman (circa un’ora e mezzo prima del fischio d’inizio) accolti da un’inevitabil­e indifferen­za.

Deserto, il Franchi. Dentro, e fuori. Nessun assembrame­nto, nessun ritrovo. L’inno c’è, invece. E rimbomba. Poi il minuto di silenzio (assordante) per ricordare le vittime del Covid 19. In tribuna, oltre a Barone, suo figlio Joseph, Antognoni, Dainelli e Pradè, tutti a distanza di sicurezza l’un dall’altro. Quindi, la partita. E quei rumori che nel calcio (blindato e silenzioso) ai tempi del coronaviru­s, sono forse l’aspetto più affascinan­te. Perché non li puoi sentire, di solito, e allora diventa interessan­te ascoltare, oltre che guardare. «Linea!», urla Caceres (tra i più chiacchier­oni) per richiamare il reparto. E poi Pezzella che, da padrone di casa, dopo qualche protesta di troppo da parte della panchina del Brescia, gli si rivolge a muso duro. «Basta urlare!». E Iachini? Richiama «Fede», «Gae» (Castrovill­i) e, dopo qualche lancio lungo, si arrabbia. «Non lanciamo — strilla — giochiamo». Fino al rigore. «Ma quale rigore?!», chiede il mister al quarto uomo. Dopo il gol di Donnarumma, invece, un «andiamo» buono per rinfrancar­e i suoi. Alla rete del pareggio, nessuna esultanza. Anzi. La prima preoccupaz­ione è sistemare la squadra. Esulta, eccome, dopo le due reti annullate ma, tutto sommato, accoglie con serenità le decisioni dell’arbitro. Ribery, un po’ meno. «È gol», dice dopo quella annullata a Vlahovic. Una parola di troppo al mister scappa dopo l’espulsione di Caceres e infatti, pure lui, viene cacciato. La sua partita prosegue in tribuna. Si sente. Come prima, più di prima. In tribuna, i dirigenti, si agitano, si alzano, protestano. Perché questo pari, non serve e, alla fine, cala il silenzio. Le luci, dopo un po’, si spengono.

 ??  ?? La tribuna del Franchi deserta Presenti solo i dirigenti e i giornalist­i
La tribuna del Franchi deserta Presenti solo i dirigenti e i giornalist­i

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy