Non riaprono 1.600 alberghi E Airbnb non sta meglio
Il calo maggiore in Toscana riguarda soprattutto le città d’arte Entro settembre previste altre 6,4 milioni di presenze in meno
Otto milioni di presenze se ne sono già andate via, perse, dall’inizio dell’anno fino a oggi. E in estate potrebbero essercene altre 6,4 milioni in meno rispetto al 2019. È anche per questo motivo che tanti alberghi e strutture ricettive tradizionali non riaprono neanche ora e non lo faranno fino a che non ci saranno segnali di un ritorno ai vecchi numeri di turisti nella nostra regione. Si tratta di 1.600 aziende che non vedono la possibilità di aver ricavi sufficienti per tirare sul il bandone. E sono concentrate in montagna e nelle città d’arte.
Il quadro che lo studio di Confesercenti (tramite il suo Centro studi turistici) ha elaborato cerca di capire il passato, gli effetti del lockdown e dello stop ai viaggi, ma soprattutto intuire come ripartirà il comparto del turismo «tradizionale». Qui si vede (ma sarebbe lo scenario migliore) una diminuzione delle presenze (cioè dei pernottamenti) rispetto all’anno scorso del 26%. E non è che vada meglio per Airbnb: i dati che Airdna anticipa al Corriere Fiorentino sull’andamento delle prenotazioni fino a giugno, vede un crollo del 44% in tutta la regione. Ma sulle città d’arte, di nuovo, è anche peggio: qui il segno è meno 55% a Firenze. Siena meno 53%. Un disastro a Pisa, meno 78%. La dimostrazione che i flussi turistici, basati sugli italiani, andranno altrove rispetto alle città d’arte. Ma si conferma, sempre da Airdna, che alcune realtà, nel loro piccolo, potrebbero avere risultati positivi: Dicomano + 19% Lastra a Signa + 15% in più. Piccoli segnali, ma è la massa critica regionale che fa paura e fa dire a Confesercenti che questo (anche dal punto di vista economico, ahimè, non solo per le tragedie umane) sarà un «annus horribilis».
«Dati pesantissimi — commenta il presidente regionale Nico Gronchi — Il turismo toscano tenta di ripartire per uscire dalla crisi che ha azzerato il mercato per circa 4 mesi, ma le difficoltà perdureranno anche per il trimestre estivo e il settore si affiderà al mercato interno, alle scelte di vacanza che si faranno nell’ambito della stessa regione o agli spostamenti di prossimità». Perché nel resto dei settori, è proprio difficile pensare positivo.È il motivo per cui, appunto, 1.600 strutture «ufficiali», non vedendo ricavi sufficienti, non riaprono: «L’11,3% del campione ha scelto di non aprire l’attività per la stagione estiva, mentre lo 0,7% ha dichiarato l’intenzione di cessare l’attività. Le aree/ prodotto dove si registra il numero più elevato di scelte di chiusura durante la stagione estiva sono quelle della montagna (20,8%) e le città d’arte (15,7%)» si legge nel report del Centro studi turistici, e la contrazione del 26% in meno di presenza sarà concentrata nelle città d’arte (e nei viaggi di lavoro) per il 35,9% e in campagna, meno 40%. Ancora: tra misure sanitarie e strutture chiuse, la Toscana ha perso 180 mila posti letto. La speranza, spiega Gronchi leggendo le stime, risiede «nelle scelte di vacanza che faranno gli italiani nei prossimi mesi, anche se le prenotazioni vanno a rilento, frenate sicuramente dalle necessità di cogliere segnali chiari di superamento dell’emergenza sanitaria. Invece, sulla ripresa dei flussi dall’estero oltre il 91% degli intervistati pensa che bisognerà aspettare la fine del 2020».
Non va meglio nel settore degli affitti turistici, brevi o medi: lì qualcosa sta ripartendo, ma come spiega Stefano Bettanin di Property Managers Italia, Associazione Nazionale di categoria del Turismo Residenziale, «stiamo facendo tutto da soli, il nostro settore non ha avuto aiuti: almeno rinviateci i pagamenti delle tasse a fine anno». Perché, e il ragionamento vale per loro ma soprattutto per gli alberghi, se non si passa la crisi, chi resta chiuso o non riesce a ripartire potrebbe chiudere definitivamente, facendo perdere alla Toscana un potenziale di offerta fondamentale per quanto il mercato ripartirà.
Confesercenti Gronchi: «Sono dati pesantissimi, che azzerano il mercato per 4 mesi»