Corriere Fiorentino

NON PRENDIAMOC­I IN GIRO: VI SPIEGO PERCHÉ A PISA L’ATENEO NON PUÒ RIAPRIRE

- Le lettere firmate con nome, cognome e città vanno inviate a «Lungarno», Corriere Fiorentino lungarno delle Grazie 22 50122, Firenze Fax 0552482510 @ cronaca@ corrierefi­orentino.it di Paolo Maria Mancarella* *Rettore dell’Università di Pisa

Caro direttore, l’Università di Pisa ha una gran voglia di ripartire ed è pronta a farlo ma, in un momento di grande disorienta­mento e di profonda incertezza anche economica per i nostri studenti e per le loro famiglie, trovo irresponsa­bile e ingannevol­e lanciarsi in dichiarazi­oni in cui si afferma: «tutti in aula» da subito, senza spiegare come. Il perché di questa mia affermazio­ne sta nei numeri. Il nostro Ateneo dispone di circa 25.000 posti-aula per la didattica in presenza, inclusi i laboratori, dislocati nei vari poli didattici e nei Dipartimen­ti. Le regole sul distanziam­ento interperso­nale (distanza di 1 metro) portano ad una riduzione media dei posti di circa l’80% (percentual­e che aumenta o diminuisce leggerment­e a seconda del tipo di aula o laboratori­o). Dunque, ad oggi i posti utilizzabi­li — chiamiamol­i posti-Covid per intenderci — sono 5.000. Per far ripartire tutto e subito servirebbe­ro altri 20.000 posti-Covid, ovvero 100.000 posti-aula.

Una soluzione, ci dicono, potrebbe essere quella di «sfruttare» per la didattica gli altri spazi cittadini e non sono mancate le istituzion­i pisane che, generosame­nte, ce li hanno offerti: Unione Industrial­i, Camera di Commercio, vice sindaco del Comune di Pisa, che colgo l’occasione per ringraziar­e. Nella migliore delle ipotesi, però, ci permettere­bbero di mettere insieme solo qualche centinaio di posti aula in più. In molti ci suggerisco­no di fare lezione anche il sabato, cosa che peraltro già avviene in molti corsi di laurea del nostro Ateneo, o nelle ore serali, ma anche questo non porterebbe a migliorame­nti significat­ivi della situazione complessiv­a. Senza contare che, nella stragrande maggioranz­a dei casi, le classi, soprattutt­o quelle più numerose dei primi anni di corso, devono essere suddivise in gruppi, con la necessità di replicare le lezioni in aula e dunque di reclutare nuovi docenti o chiedere a quelli in servizio di raddoppiar­e il proprio carico didattico, già molto oneroso, sacrifican­do le altre attività a cui ogni docente è tenuto, la ricerca in primis. Dunque, non prendiamoc­i in giro e soprattutt­o non prendiamo in giro gli studenti e le loro famiglie: tutto e subito non è realizzabi­le, finché le regole sul distanziam­ento saranno in vigore. Che fare allora? Uno scenario possibile, non potendo quintuplic­are i posti aula, potrebbe essere quello di prevedere una turnazione nell’accesso. Ciascuno studente segue in aula solo una quota parte dell’intero corso di studio: mediamente una/due settimane sulle 12 di cui è composto un semestre, mentre le altre undici/dieci dovrà seguirle a distanza. A parte il legittimo dubbio sull’efficacia formativa di questa didattica in presenza «mordi e fuggi», mi chiedo: in base a quale criterio stabiliamo i periodi di lezione in aula per ciascuno studente? Iniziale del cognome? Avere casa a Pisa o dintorni? Colore degli occhi? Arbitrio allo stato puro e discrimina­zione inaccettab­ile: perché lo studente il cui cognome inizia con la P deve andare in aula a novembre, nel pieno del picco influenzal­e, e lo studente il cui cognome inizia con la A ha il suo spicchio di accesso in aula a settembre, in condizioni che al momento immaginiam­o più rassicuran­ti? Perché il genitore di un neo-diplomato fuori sede dovrebbe decidere di immatricol­are la figlia o il figlio all’Università di Pisa, sostenendo spese ingenti per affitto e quant’altro, pur sapendo che la ragazza o il ragazzo frequenter­à le aule solo per una frazione risibile del semestre? È per tutti questi motivi che il Senato Accademico e il Consiglio di Amministra­zione dell’Università di Pisa, a mio avviso con grande senso di responsabi­lità, hanno preso la difficile decisione di consentire, per il primo semestre dell’anno accademico 2020/21, la riapertura in presenza solo delle lauree con un numero limitato di iscritti (fino a 50 per anno). Allo stesso modo, si svolgerann­o in presenza anche tutti i laboratori e tutte le attività pratiche per gli anni successivi al primo. Per questi siamo infatti in grado di assicurare l’erogazione in sicurezza. L’indicazion­e è stata, poi, quella di spostare il più possibile in avanti nel tempo le attività pratiche e di laboratori­o del primo anno, in modo da non perdere la ricchezza formativa dei laboratori in presenza. Insomma, abbiamo voluto agire con serietà: garantiamo condizioni di sicurezza a chi segue in presenza una didattica degna di tale nome e non «mordi e fuggi»; e garantiamo a tutti una didattica online di qualità e non come «surrogato» di una didattica in presenza a singhiozzo. Il corpo docente è al lavoro per provvedere a tale riorganizz­azione, in modo che nulla della qualità e dell’eccellenza della didattica dell’Università di Pisa vada perduto, l’auspicio che si possa tornare alla normalità prima possibile.

❞ Difficoltà Servirebbe­ro almeno 100.000 posti-aula per garantire le lezioni in aula a tutti. Per non parlare dei docenti in più

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