«Per Violet»
A Bellosguardo un Belvedere dedicato a Trefusis
Da lassù si apre un mondo, ed è come abbracciare Firenze, le sue case, i suoi simboli, la cupola e il campanile, Palazzo Vecchio, l’Oltrarno… Da lassù nella sua Villa dell’Ombrellino, sulla collina di Bellosguardo, Violet Trefusis, scrittrice, intellettuale, cosmopolita, mecenate, guardava il mondo con gli occhi di Firenze, la città dove aveva scelto di vivere. Oggi alle 11.30 in via Roti Michelozzi, retro Villa dell’Ombrellino, sarà inaugurato, alla presenza delle autorità cittadine, il Belvedere Violet Trefusis. Dopo l’intitolazione di una sala alla Biblioteca delle Oblate, un altro importante omaggio alla scrittrice che ha contribuito a promuovere la bellezza e il patrimonio di Firenze.
Bellosguardo è una delle colline più suggestive di Firenze. Esposta a mezzogiorno, è abbracciata dalla luce. Mentre si passeggia, si è spesso accompagnati da un soffio leggero come se fosse il respiro del luogo, quel genius loci che, nell’intitolazione del Belvedere a Violet Trefusis, esprime finalmente la sua essenza, anzi il suo
esprit raramente compreso. Fin da antico Bellosguardo si è lasciata dipingere, cantare, celebrare, ritrarre (perfino dall’alto, à vol d’oiseau con i primi voli in mongolfiera) perché offre una delle viste più spettacolari su Firenze che, sospiri struggenti di viaggiatori rapiti e occhi inebriati, hanno imprigionata in uno stereotipo da cartolina.
Poco prima di arrivare a Piazza Bellosguardo, si imbocca sulla sinistra una stradina — via Roti Michelozzi — un tempo nota come «viuzzo dell’Ombrellino» in quanto era il passaggio privato che collegava Villa Bellosguardo a Villa dell’Ombrellino. Una stradina piacevolmente ombreggiata che costeggia le mura dell’incantevole parco (incantevole quando era proprietà di Violet Trefusis) della villa. Gli alberi frondosi, qui e lì, attraversati dai raggi del sole, come solenni valletti sull’attenti seguono il nostro avanzare. La stradina assume una leggera conformazione a esse e ci rivela una semi-piramide a gradoni sulla cui sommità si scorge una loggia. L’originale costruzione, per quanto giunonica, non ingombra il cammino ma, come il cancello alla destra (la antica entrata di Villa Bellosguardo), ne è parte armonica. Lo spirito del luogo comincia ad agitare la sua bacchetta e, spinti da serena curiosità e improvvisamente immersi in un’atmosfera rarefatta, ci ritroviamo nel nuovo Belvedere Violet Trefusis.
Firenze, da qui, lascia senza parole. Se alziamo lo sguardo alle nostre spalle verso Villa dell’Ombrellino, in quello che era noto come «punto dell’oh», scorgiamo una statua: la bella dea delle tranquille arti custode, la Venere de’ Medici, che nel 1925 la poco più che trentenne Violet Trefusis (già scrittrice affermata in Europa, e parte di quel gratin culturale internazionale che Marthe Bibesco descrive come «coloro che non ostentano mai e sono magnifici nella loro semplicità») fa collocare da Cecil Pinsent per ricordare il punto dove
Foscolo aveva tratto ispirazione. Raffinata poetessa ammirata da Paul Valéry, Anna de Noailles e da Louise de Vilmorin, a differenza di Foscolo «tutto agitazione e turbamento», Violet Trefusis ha una visione aperta e non circoscritta di Firenze. La vista dal belvedere rispecchia simbolicamente il suo sguardo per Firenze, non su Firenze. Non sovrasta la città, si mette in ascolto con gli occhi per comprenderla; non la imprigiona in stereotipi, li smonta; non la usa come sfondo meraviglioso della sua Villa dell’Ombrellino dove, negli anni ‘50 e ‘60, accoglie le figure più importanti del mondo, contribuendo a promuovere, senza vanagloria, la ricchezza culturale di Firenze, la creatività, il dinamismo artigianale, il gusto per l’eleganza.
Lo spirito di questo luogo è Violet Trefusis, anzi l’ingenium di kantiana memoria che costruisce, agisce, rinnova. Non è legato al Tempo, lo trascende poiché è sempre attuale; o meglio, avant-garde dunque guarda avanti, e si volta indietro per lungimiranza. «Lo storico deve essere un profeta che guarda all’indietro con occhi ben fissati sul presente», scrive al suo amico Jacques Chastenet.
L’inaugurazione del Belvedere è, dunque, un giusto riconoscimento a Violet Trefusis (poche donne meritevoli nella toponomastica, tuttavia qualcosa si muove…) del quale do atto al Comune di Firenze e alla vice-sindaco di averne compreso l’importanza, e di cominciare a valorizzare un recente passato prezioso e costruttivo che rispetta Firenze nella sua essenza che va capita bene, e cogliere l’occasione di questo stravolgimento causato dal Covid19 per percorrere nuove strade che ci sono, bisogna solo avere gli occhi per vederle.
* Curatrice e biografa di Violet Trefusis
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Raffinata poetessa ammirata da Paul Valéry, Anna de Noailles e da Louise de Vilmorin, ha avuto una visione aperta e non circoscritta
La vista dal belvedere rispecchia simbolicamente il suo sguardo per Firenze, non su Firenze Non sovrasta la città, si mette in ascolto con gli occhi per comprenderla