Mukki, l’addio alla toscanità
Viaggio in Mugello nel giorno della fusione con Newlat. «Marchio svenduto e ora?»
Da ieri la fusione di Mukki nel colosso emiliano Newlat è diventata operativa. La rappresentanza del territorio nella nuova azienda è ridotta al lumicino. Rabbia e timori fra gli allevatori: «Ci hanno svenduto».
I ventilatori dentro le stalle vanno a pieno ritmo, ma il caldo costringe alcune delle vacche frisone più stanche ad accasciarsi a terra. All’allevatore scappa un’imprecazione: «Ora mi tocca ripulirla, sennò l’Asl chi la sente». Poi le contumelie si concentrano sul presente e sul futuro di un mestiere senza tempo che corre sul filo della sopravvivenza: «Ci hanno tagliato il prezzo del latte: se ci vogliono far fuori, che ce lo dicano subito, almeno finisce quest’agonia».
Perché ieri è stato il giorno in cui l’autogoverno della Centrale del Latte di Firenze e della Mukki sono diventati passato ormai anche formalmente: il celebre latte del Mugello è diventato Newlat, gruppo Mastrolia, un gigante che ha preso sotto di sé una realtà molto celebre per la qualità, ma minuscola a confronto della grande produzione padana. Martedì, il presidente della Centrale del Latte di Firenze, Paolo Campinoti, sfiduciato dal nuovo socio unico, ha sbattuto la porta. Ma il suo è stato un gesto dal valore solo politico, visto che la realtà fiorentina è ormai inglobata in quella nazionale. Ben più rilevanti, invece, le dimissioni di Antonella Mansi dalla Centrale del Latte d’Italia, il vero nuovo centro di potere italiano dell’oro bianco. Motivo, l’impossibilità di esprimere la voce della Toscana all’interno del cda, in cui ora dal nostro territorio l’unica espressione resta quella dell’allevatrice di Firenzuola Valeria Bruni Giordani. «Sono molto dispiaciuta per le dimissioni di Campinoti e Mansi — spiega la giovane imprenditrice dell’Alto Mugello — Ma resto ottimista: non si può concentrare tutta l’attenzione sul prezzo del latte, perché è da sempre soggetto alle oscillazioni di mercato. Qui siamo di fronte a un gruppo che promette grandi investimenti e ci ha assicurato che il Mugello sarà protagonista di una “linea baby”, un latte di altissima qualità senza antibiotici. È una grandissima opportunità per far conoscere il nostro fiore all’occhiello anche al di fuori della Toscana».
Dallo scorso primo aprile, la nuova proprietà ha deciso di tagliare il prezzo del latte al produttore da 39,5 centesimi a 36 a litro. Così, per molti allevatori mugellani, l’umore è assai diverso da quello della loro rappresentante nel cda nazionale. «Si fa bene a parlare di qualità, ma la qualità si fa spendendo. Se ci tagliano il prezzo del latte, si parte male». Simone Grossi è il titolare della Palazzo Vecchio, una piccola azienda di Borgo San Lorenzo con 190 vacche, di cui appena 75 adulte e in lattazione. Nella sua famiglia, generazioni di mezzadri hanno sempre allevato animali, lui non sa neppure quanti secoli fa la «dinastia» sia cominciata. Quando aveva appena dieci anni, e il babbo ebbe un ictus, cominciò ad alzarsi all’alba per spalare il letame prima di andare a scuola. Solo vent’anni dopo, investendo sulla stalla, ha potuto mettere la pala in un cantuccio per far svolgere l’incombenza più sgradevole alla lama meccanica. Ma il suo lavoro va comunque avanti per dieci ore al giorno, tra riempire gli abbeveratoi, coltivare, tagliare e mettere a seccare il fieno, prendersi cura delle frisone, supervisionare la mungitura. «Con Mukki abbiamo fatto enormi investimenti per comprare nuove attrezzature. Il prezzo è fondamentale per guardare al futuro — spiega Simone, oggi cinquantenne — Poi fa piacere che vogliano fare questa “linea baby”, ma bisogna capire chi ci metteranno dentro». La paura, in Mugello, non è la scomparsa del marchio Mukki, con la sua riconoscibilità — «perché se hanno preso la centrale del latte di Firenze è solo per avere il marchio» — ma che quel nome storico possa essere annacquato come il latte di bassa qualità, facendoci entrare anche la concorrenza del Nord Italia, dove «i Padani» rappresentano il rivale contro cui non si può concorrere, per i prezzi molto più bassi con cui si lavora in pianura. «La politica fiorentina e toscana ha perso un’occasione — aggiunge Simone Grossi — Prima investe sulla Mukki, ma crea un carrozzone con più amministrativi che manodopera. Poi quando, giocoforza, vengono fuori i debiti, decide di non ripianarli e svende tutto».
Pochi chilometri di distanza, a Vicchio, alla Guidalotti e Soriani, Lorenzo a 31 anni è già a capo di una stalla da 450 vacche, di cui 230 in lattazione. Del resto sua mamma ebbe le doglie mentre mungeva. Ma se c’è da discutere del nuovo corso alla centrale del latte, fa un passo indietro e punta l’indice lontano: «Per queste cose c’è il babbo, ora lo chiamo, è dietro ai pomodori». Piero Guidalotti arriva in fretta e furia e comincia l’invettiva affacciato al finestrino dell’auto, prima ancora di essersi fermato. La sua Opel Corsa è così polverosa da sembrare uscita da un safari. Ma per lui sono galloni guadagnati sul campo, la prova
❞ A Borgo San Lorenzo Hanno già tagliato il prezzo del latte, il rischio ora è che annacquino la nostra qualità
❞ A Vicchio Io questo Mastrolia lo rispetto, ha gli attributi Il problema è che sono i nostri che non li hanno
che si spacca tutti i giorni la schiena, di cui andare orgoglioso anche quando la sera scende giù in paese per giocare a briscola con gli amici: «L’ultima vacanza che ho fatto? Una settimana a Follonica… Nel 1989». «Io questo Mastrolia (Angelo Mastrolia, il patron dell’omonimo gruppo, ndr) lo rispetto perché ha gli attributi. Il problema è che sono i nostri rappresentati che non li hanno», attacca Piero, prendendosela con Coperlatte e Granducato, le due cooperative che raccolgono gli allevatori mugellani: «Eravamo sul piede di guerra per il taglio del prezzo del latte, fanno una riunione e escono fuori dicendo che noi allevatori siamo soddisfatti. Io sono consigliere di Coperlatte, non mi hanno neanche interpellato... Hanno fatto fare una figuraccia persino ai sindaci del Mugello, che ci stavano difendendo e poi si sono ritrovati presi in contropiede». La prossima settimana, probabilmente martedì, è prevista una riunione in cui ci potrebbe essere una resa dei conti. Guidalotti, la cui famiglia conferisce a Mukki dal 1954, da quando era a mezzadria, ha il dente avvelenato da anni con «quelli del Nord, che si son visti regalare le quote latte da Zaia (ora governatore del Veneto, dieci anni fa ministro dell’agricoltura, ndr), mentre noi ce le siamo dovuti comprare». Ora il Nord è incarnato da Mastrolia, che secondo Piero dovrebbe venire a vedere le sue vacche giovani che crescono pascolando libere nei prati: «Mastrolia vuole spianare il prezzo in tutta Italia, ma non può spianare queste colline. Quindi o ci dà un prezzo maggiorato rispetto al Nord o qui si smette di investire».
Paolo Omoboni, sindaco di Borgo San Lorenzo, è dalla parte dei suoi allevatori. E, pur con parole apparentemente caute, al gruppo Mastrolia chiede «rispetto» con grande risolutezza: «Un giorno si sente parlare di taglio del prezzo del latte, il giorno dopo di nuovi investimenti. Noi, come rappresentanti del territorio, non mettiamo bocca nella gestione del gruppo. Ma abbiamo diritto a difendere il territorio. Istituzionalmente sarebbe un gesto apprezzato se la nuova proprietà della centrale del latte decidesse di discutere anche con noi del futuro di questa valle». «Noi facciamo il latte con l’acqua della sorgente del Monte Panna. Non credo che chi alleva vacche sul Lambro o sul Seveso possa fare un prodotto come il nostro — dice Luigi Bolli, titolare dell’azienda omonima — Io guardo al bicchiere mezzo pieno, al fatto che il nostro è un latte unico. Ma non dimentichiamo che i nostri sacrifici e i nostri investimenti non riguardano solo le nostre aziende, ma anche l’integrità di un territorio. E quando vedo che l’aeroporto di Firenze, il castello di Cafaggiolo, ora anche la Centrale del Latte non sono più guidati da fiorentini e toscani, mi interrogo sul ruolo della nostra politica. E sul destino dei valori di Giorgio La Pira».
❞ L’unica superstite nel cda Siamo di fronte a un gruppo che promette investimenti e a una linea baby tutta per noi