Corriere Fiorentino

«Oggi sarò a cavallo, anche senza Palio»

Tittia, il fantino trionfator­e del 2019. «Montare mi aiuta a scacciare i brutti pensieri»

- Di Daniele Magrini

Lo scorso anno ha vinto entrambi i Palii, quello di luglio per la Giraffa e quello di agosto per la Selva (anche se dopo la caduta a San Martino). Giovanni Atzeni, detto Tittia, oggi sarebbe dovuto scendere in piazza da protagonis­ta se la Carriera non fosse stata annullata per il Covid. «Ma resterò a Siena, niente mare. E come ogni giorno monterò uno dei miei cavalli, mi aiuta a scacciare i brutti pensieri».

«No, non andrò al mare. Il Palio ti entra dentro, non si può sfuggire al suo richiamo anche se la Carriera non ci sarà. Non posso neppure pensare di vivere da altre parti, se non a Siena, questa giornata». Al tramonto di stasera Giovanni Atzeni detto Tittia, fantino dal volto di bambino e la tenacia di un guerriero, avrebbe montato uno dei cavalli favoriti, per poi volare sulla pista di tufo di Piazza del Campo cercando la vittoria per sé e la Contrada che a lui avesse affidato le sue speranze. Come aveva fatto, riuscendoc­i, in entrambe le carriere del 2019. Invece il coronaviru­s ha imposto lo stop anche al Palio, oggi assente per pandemia. Perché è rito di popolo, di abbracci e lacrime condivise, evento di vita e non rievocazio­ne folclorist­ica, che non ha senso nel regime del distanziam­ento sociale.

Tittia lo sa. Un anno fa, proprio in questa giornata, alla fine di una carriera vinta per una narice di cavallo, fu travolto da centinaia di abbracci dei contradaio­li della Giraffa, impazziti per la gioia di un trionfo tutto in rimonta: «Fu bellissimo — ricorda Giovanni Atzeni — perché mi ritrovo molto in quella vittoria. Cercata senza mai mollare. C’erano momenti durante i tre giri in cui la Chiocciola, davanti, sembrava irraggiung­ibile, ma io ho sempre spinto, non mi sono mai arreso, e ho avuto ragione».

Giovanni Atzeni, effettivam­ente, è orgoglioso come i sardi e determinat­o come i tedeschi, essendo nato da babbo sardo e mamma tedesca, a Nurri paesino di duemila abitanti tra il Campidano e la Barbagia. Una miscela che si traduce in una passione tenace per il suo lavoro, che è quello di fantino del Palio giunto, a 35 anni, ad aver corso 33 volte in Piazza del Campo vincendo sette carriere. Lo scorso anno vinse anche ad agosto, per la Selva, seppure cadendo alla seconda curva di San Martino a causa di una manovra temeraria e coraggiosa, mentre cercava il sorpasso per andare in testa: «Sono stato un po’ troppo spavaldo — ricorda — perché la vittoria di luglio mi aveva gasato. Per questo ho commesso quell’errore. Ma poi, per fortuna, ci ha pensato Remorex».

La fortuna aiuta gli audaci e Tittia ha dalla sua l’audacia dei giovani uomini che sanno di aver già costruito qualcosa nella vita grazie al proprio sudore e alla tenacia da combattent­e. Anche se, in fondo, Giovanni Atzeni è un eroe normale. Vive con la moglie Ilaria e il figlio Mattia in una splendida fattoria immersa nella campagna senese, dove ha realizzato anche la propria scuderia con una trentina di cavalli.

Sin dall’alba di questo strano giorno sospeso, lui saprà che fare: «I cavalli non fanno differenze: anche oggi mi sveglierò presto e andrò a lavorarli come in un’altra giornata qualsiasi. Come ho fatto — dice Tittia — durante i giorni in cui tutto si è fermato a causa dell’epidemia. Noi no, non potevamo lasciare i cavalli chiusi in scuderia e stare in casa a guardare la television­e. Ho montato come sempre. D’altronde, in mezzo a questa campagna non c’era rischio di assembrame­nti, né bisogno di mettere la mascherina. E correre su un cavallo mi ha tenuto anche lontano dai pensieri angosciant­i della pandemia».

E con lui, a montare cavalli dal fisico di atleti che in tempi normali mietono successi in molti ippodromi, c’è sempre più spesso e volentieri il figlio Mattia, che ha 12 anni. I senesi lo conoscono perché, fin da piccolo, c’è sempre stato nelle immagini del trionfo, nelle foto di quei bagni di folla osannanti, abbracciat­o al babbo osannato o issato sulle sue spalle: «Mattia ama i cavalli e monta già bene» dice Giovanni con il suo volto di bambino che non ti fa pensare che sia genitore.

Si diceva, un tempo, che l’inverno dei fantini fosse lungo, perché lontano dagli ingaggi delle carriere, non esistevano altri introiti, se non con qualche mancia natalizia delle Contrade a Natale. Oggi non è così. I fantini vincenti, come Tittia, sono manager di sé stessi, capaci di sbarcare anche due inverni pandemici in attesa del ritorno in Piazza: «No, non sono stati mesi di solitudine per me — ammette con un sorriso Giovanni — I rapporti consolidat­i con alcune Contrade non si sono interrotti e sono quelli che contano quando dovrò decidere quale giubbetto indossare, nel momento in cui si tornerà a correre. La vicinanza in questi mesi difficili io non la dimentico». Insomma, il virus ha impedito la carriera, ma non si é interrotto il Palio dei patti segreti per accaparrar­si i fantini vincenti. Come Tittia.

❞ Da casa Non andrò al mare, il Palio ti entra dentro. Non si può sfuggire al suo richiamo anche se non ci sarà Non potrei essere altrove che qui

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Giovanni Atzeni, detto Tittia
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