Crollo dell’industria: la nostra regione maglia nera in Italia
Rapporto Irpet-Cna: produzione giù del 50% più della media nazionale. E il peggio deve venire
La fotografia economica della crisi da Covid è spaventosa. La Toscana è tornata alle quantità di produzione industriale degli anni Settanta e — con un crollo del 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno — registra la peggiore performance del Paese (assieme a Marche e Basilicata), visto che la media nazionale della diminuzione è stata del 42,5%.
I dati sono stati diffusi in anteprima dall’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana (Irpet). Il suo capo economista Leonardo Ghetti ha illustrato le cifre compiendo un’analisi nel corso dell’assemblea pubblica di Cna Toscana Nord, l’ente che aveva commissionato l’approfondimento. Ghetti ha sostenuto che «la vera emergenza stia per arrivare» e ha stimato una caduta di Pil regionale «non inferiore al 10%». «Si tratta — approfondisce l’economista — di una caduta di proporzioni che abbiamo conosciuto solo nel ‘43 e nel ‘44, quando sopra di noi c’erano le bombe».
Sono andati in fumo negli ultimi tre mesi 4/5 della produzione regionale, che coinvolge le province con questo indice di gravità: ad aprile, considerando il raffronto con lo stesso mese del 2019, Prato
Gli ultimi tre mesi A Prato e Arezzo il tonfo peggiore: meno 60%. Ad aprile meno 80% nel tessile. Si salvano i comparti chimico, energetico e farmaceutico
fa registrare il tonfo peggiore (-60%); seguono Arezzo (-60,5%), Pisa (-54,1%), Firenze (-53,2%), Pistoia (-49,1%), Massa Carrara (-46,8%), Siena (38,1%), Livorno (-33,8%), Lucca (-33,1%), Grosseto (-27,6%). L’Istituto ha elaborato l’andamento per Cna anche in considerazione dei settori, tra cui il tessile — sempre nel mese di aprile — fa segnare uno spaventoso -80% rispetto al 2019. Seguono la riparazione e installazione di macchine e lavorazioni di minerali (-70%), l’industria del legno (-60%), mentre tra -50% e -40% si attestano la fabbricazione di macchinari, le attività metallurgiche, la gomma e la plastica.
Soffrono meno, si fa per dire, le imprese di computer, apparecchi elettronici, carta e registrazione (-30%), mentre «si salvano» le imprese di produzione di energia elettrica e gas, chimica e farmaceutica (-10%).
All’incontro di ieri, che si è svolto a Prato ed è stato trasmesso in diretta in diretta online su varie piattaforme, hanno partecipato il presidente di Cna Toscana Luca Tonini, quello di Cna Toscana Centro Claudio Bettazzi e i due Sindaci di Prato e Pistoia, Matteo Biffoni e Alessandro Tomasi. «Questa regione — ha spiegato Ghetti — è particolarmente aperta al mondo e le contrazioni di movimenti l’hanno penalizzata. Siamo esposti nella moda, nel tessile e nella gioielleria, oltre che sui servizi turistici: praticamente i settori che hanno subito di più». Secondo Ghetti il dato più preoccupante è quello della mancanza di liquidità, che riguarderebbe oggi un quarto delle imprese toscane, soprattutto quelle di piccole dimensioni. «La nostra preoccupazione — conclude — è il tempo. Il rischio vero è una mortalità così grande delle aziende che non può essere rimpiazzata: quello produttivo toscano è un motore che si rimpicciolisce». I rappresentanti di Cna e i sindaci hanno riflettuto sugli «aspetti positivi e sulle lezioni imparate durante il lockdown», ma hanno posto l’accento sulla necessità di una reazione che venga accompagnata da «azioni del governo come incentivi a fondo perduto per le imprese strozzate e riforme fiscali» .