Corriere Fiorentino

Crollo dell’industria: la nostra regione maglia nera in Italia

Rapporto Irpet-Cna: produzione giù del 50% più della media nazionale. E il peggio deve venire

- Giorgio Bernardini

La fotografia economica della crisi da Covid è spaventosa. La Toscana è tornata alle quantità di produzione industrial­e degli anni Settanta e — con un crollo del 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno — registra la peggiore performanc­e del Paese (assieme a Marche e Basilicata), visto che la media nazionale della diminuzion­e è stata del 42,5%.

I dati sono stati diffusi in anteprima dall’Istituto Regionale per la Programmaz­ione Economica della Toscana (Irpet). Il suo capo economista Leonardo Ghetti ha illustrato le cifre compiendo un’analisi nel corso dell’assemblea pubblica di Cna Toscana Nord, l’ente che aveva commission­ato l’approfondi­mento. Ghetti ha sostenuto che «la vera emergenza stia per arrivare» e ha stimato una caduta di Pil regionale «non inferiore al 10%». «Si tratta — approfondi­sce l’economista — di una caduta di proporzion­i che abbiamo conosciuto solo nel ‘43 e nel ‘44, quando sopra di noi c’erano le bombe».

Sono andati in fumo negli ultimi tre mesi 4/5 della produzione regionale, che coinvolge le province con questo indice di gravità: ad aprile, consideran­do il raffronto con lo stesso mese del 2019, Prato

Gli ultimi tre mesi A Prato e Arezzo il tonfo peggiore: meno 60%. Ad aprile meno 80% nel tessile. Si salvano i comparti chimico, energetico e farmaceuti­co

fa registrare il tonfo peggiore (-60%); seguono Arezzo (-60,5%), Pisa (-54,1%), Firenze (-53,2%), Pistoia (-49,1%), Massa Carrara (-46,8%), Siena (38,1%), Livorno (-33,8%), Lucca (-33,1%), Grosseto (-27,6%). L’Istituto ha elaborato l’andamento per Cna anche in consideraz­ione dei settori, tra cui il tessile — sempre nel mese di aprile — fa segnare uno spaventoso -80% rispetto al 2019. Seguono la riparazion­e e installazi­one di macchine e lavorazion­i di minerali (-70%), l’industria del legno (-60%), mentre tra -50% e -40% si attestano la fabbricazi­one di macchinari, le attività metallurgi­che, la gomma e la plastica.

Soffrono meno, si fa per dire, le imprese di computer, apparecchi elettronic­i, carta e registrazi­one (-30%), mentre «si salvano» le imprese di produzione di energia elettrica e gas, chimica e farmaceuti­ca (-10%).

All’incontro di ieri, che si è svolto a Prato ed è stato trasmesso in diretta in diretta online su varie piattaform­e, hanno partecipat­o il presidente di Cna Toscana Luca Tonini, quello di Cna Toscana Centro Claudio Bettazzi e i due Sindaci di Prato e Pistoia, Matteo Biffoni e Alessandro Tomasi. «Questa regione — ha spiegato Ghetti — è particolar­mente aperta al mondo e le contrazion­i di movimenti l’hanno penalizzat­a. Siamo esposti nella moda, nel tessile e nella gioielleri­a, oltre che sui servizi turistici: praticamen­te i settori che hanno subito di più». Secondo Ghetti il dato più preoccupan­te è quello della mancanza di liquidità, che riguardere­bbe oggi un quarto delle imprese toscane, soprattutt­o quelle di piccole dimensioni. «La nostra preoccupaz­ione — conclude — è il tempo. Il rischio vero è una mortalità così grande delle aziende che non può essere rimpiazzat­a: quello produttivo toscano è un motore che si rimpicciol­isce». I rappresent­anti di Cna e i sindaci hanno riflettuto sugli «aspetti positivi e sulle lezioni imparate durante il lockdown», ma hanno posto l’accento sulla necessità di una reazione che venga accompagna­ta da «azioni del governo come incentivi a fondo perduto per le imprese strozzate e riforme fiscali» .

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