«Servono leggi nuove per salvare dalla rendita i nostri centri storici»
Il presidente della Fondazione Palazzo Strozzi: limiti a Airbnb, tasse sui siti del turismo online
Giuseppe Morbidelli, esperto di diritto amministrativo, presidente della Fondazione Palazzo Strozzi, chiede nuove leggi nazionali per poter tutelare i centri storici come quello di Firenze, limitando la rendita. «Servono nuove norme nazionali per contrastare gli affitti turistici e gli usi commerciali antitetici alla residenza». «E la malamovida — aggiunge — è ormai un problema di ordine pubblico».
Giuseppe Morbidelli, avvocato, esperto di diritto amministrativo, docente universitario, ex presidente di Banca Cr Firenze, è anche presidente della Fondazione Palazzo Strozzi. Durante il lockdown ha potuto fermarsi per scrivere su Dante e leggere su «una certa idea di Firenze». Una città soffocata dagli affitti turisti e dal commercio distorto.
Professore, cosa ha rappresentato per lei e per Firenze la pandemia?
«Personalmente sono stato in casa durante il lockdown più che negli ultimi 20 anni... E ciò mi ha consentito di finire un saggio-monografia che non riuscivo a chiudere per i troppi impegni, un testo sul pensiero giuridico di Dante che uscirà nel 2021. Ma certo il lavoro si è rallentato. E per quanto riguarda Firenze ho ripreso in mano un volume della Fondazione Fratelli Rosselli su “Cultura, una certa idea di Firenze” dove si denunciava già l’eccessiva turistizzazione, il consumo della città dato dal fenomeno del mordi e fuggi e dalla sua degradante monocultura che ha portato all’espulsione di residenti ed attività tradizionali. Anche come Cesifin abbiamo fatto una ricerca da cui già 5 anni fa è emerso che eravamo oltre la sostenibilità».
Senza turismo il centro si è svuotato.
«Come ha detto al vostro quotidiano Andrea Ceccherini, serve anche una nuova narrazione di Firenze, su questo siamo tutti d’accordo; ma occorre capire come. Anche perché il turismo vale molto di più del suo peso statistico sul Pil di Firenze, ha un indotto e una varietà imprenditoriale così vasta e complessa che non si può sintetizzare statisticamente. E tornare indietro sarà difficile».
Con che strumenti è possibile provare a governare il turismo ed i suoi flussi?
«Premesso che è appunto difficile, ci sono in primo luogo strumenti fiscali; le piattaforme di prenotazione on line non pagano praticamente nulla, va incentivato chi soggiorna più a lungo, invece di fargli pagare la tassa di soggiorno. Poi c’è lo strumento urbanistico, ma non si possono vietare gli Airbnb perché sono residenza: occorre cambiare la legge nazionale considerandoli attività ricettiva, come lo è nei fatti, così da porter limitare tale attività; a quel punto il Comune può usare strumenti per creare “zone rosse” che evitino che questa funzione espella la residenza, e lo stesso vale per la movida. Serve equilibrio, va evitata la rottura della convivenza».
Ecco, la convivenza civile: la malamovida è tornata immediatamente dopo il lockdown. Nulla è cambiato.
«Come dice Machiavelli nel
Principe “è meglio per un principe essere temuto che amato” e qui nessuno ha più timore grazie alla lunga tolleranza, che ha creato un senso di impunità, che negli anni la ha, per così dire, “legittimata” senza porvi alcun ostacolo. E se in passato potevano bastare i vigili urbani adesso è un problema di ordine pubblico e i vigili non bastano: servono le forze dell’ordine. Del resto parliamo di luoghi dove ci sono centinaia di persone assieme, che bevono fino a notte inoltrata».
Come si limita il mangificio?
«Il problema nasce della liberalizzazione Bersani. E quindi Palazzo Vecchio, come altre amministrazioni, ha bisogno di leggi nazionali».
Come si fanno tornare i residenti in centro? C’è chi vuole togliere la Ztl, chi chiede parcheggi...
«La Ztl serve per tutelare i residenti, la richiedono, perché toglierla? Occorrono invece parcheggi, ma più che altro norme per regolare e dissuadere gli usi commerciali e di affitto breve turistico che sono antitetici alla residenza».
Altro problema cronico di Firenze e della Città Metropolitana sono le infrastrutture: i sindaci devono avere poteri commissariali, sul modello Genova, come chiede Dario Nardella?
«Non facciamo della vicenda Genova, della ricostruzione del ponte Morandi, un mito... Lì non c’erano da fare espropri, una Valutazione di impatto ambientale, non si dovevano variare strumenti urbanistici, pagava tutto Autostrade. Le opere pubbliche non vanno avanti perché manca una professionalità progettuale e tecnica da parte delle amministrazioni. Più che dai ricorsi sovente le lungaggini dipendono dalla fase preparatoria: Via, Vas, vincoli urbanistici e paesistici, archeologici, eccetera. Le procedure sono molto complicate. Ora forse saranno semplificate e vedo positivamente il ridimensionamento del reato di abuso d’ufficio e la responsabilità davanti alla Corte dei Conti solo in caso di dolo da parte di un pubblico funzionario, non se c’è un semplice errore, cosa che oggi blocca ogni funzionario».
E la nuova pista dell’aeroporto di Peretola si farà o no?
«Prima o poi si farà. Va chiarito infatti che il Consiglio di Stato non ha detto di no all’opera, al master plan di Peretola, ma ha statuito quali erano le carenze da rimediare e come farlo. Farla sarà poi una decisione anche politica, ma i piani politici e amministrativi è bene che rimangano separati».
Lei è presidente della Fondazione Palazzo Strozzi: come sta andando la ripresa?
«Come Palazzo Strozzi siamo stati fermi tre mesi, mettendo i dipendenti in cassa integrazione e anticipando noi l’erogazione della cassa, abbiamo prolungato la mostra di Saraceno fino a novembre e spostato la mostra evento di Jeff Koons al 2021. Saraceno sta andando bene, ci sono oltre cento visitatori al giorno. Ma non mi chieda che accadrà in autunno, nessuno è oggi in grado di fare previsioni».
Nel post Covid si può e si deve fare di più per la cultura?
«La cultura è fondamentale, ma chi ha prodotto la cultura a Firenze? Come sottolineava Piero Calamandrei, la cultura è stata prodotta perché c’erano banchieri e grandi mercanti: la cultura, specie se di respiro internazionale, si intreccia con l’economia. Anche Palazzo Strozzi ha rapporti virtuosi con il mondo economico fiorentino, della Toscana, internazionale. La cultura non sono solo musei o salire sulla cupola del Brunelleschi, ma un humus che ha bisogno di risorse e le risorse si generano attraverso l’economia. Certo Firenze nel tempo ha perso molto, la Fondiaria, la Cassa di Risparmio, la Smi, la Galileo. Mentre è importante il ruolo di Fondazione CrFirenze».
Perché?
«La Fondazione, oltre a tante azioni di rilievo culturale, ha sostenuto e sostiene i mestieri storici e artigianali e quelli collegati alla tutela del nostro grande patrimonio artistico e monumentale, un tessuto che Firenze non deve assolutamente perdere, sia per la ricchezza, anche culturale che produce, sia per tutelare meglio il suo patrimonio».
Gli eventi culturali possono aiutare a destagionalizzare il turismo?
«Certamente. Questa pandemia deve essere l’occasione per ripensare Firenze, tutti i suoi aspetti, e questo è un problema di cui si parla da sempre. Si può fare, anche se ci vorrà tempo, partendo dal fatto, ormai sotto gli occhi di tutto, che la monocultura non paga mai. Anche Rimini, solo per fare un esempio, sta riqualificando e diversificando la sua offerta attraverso la cultura per andare oltre la monocultura discoteca-spiagge ed allungare la stagione. Occorre diversificare, la città deve puntare su artigianato, cultura anche scientifica, aziendale e produttiva, sull’innovazione, sulla formazione. Va creato un circolo virtuoso tra innovazione, formazione e risorse che a loro volta generano cultura e attrattività. E va affrontato il tema scuola».
Perché la scuola?
«Perché è un mio cruccio, anche come professore della Sapienza. La scuola è il problema principale del Paese, è il suo specchio. E a parte alcune eccellenze, come quelle presenti in Toscana, la formazione non è adeguata. Tanti miei studenti universitari danno risposte che lo dimostrano ampiamente, studenti che dimostrano lacune di base incredibili».
Rimanendo sui problemi del Paese, Andrea Ceccherini ha affermato che non crede che la classe politica locale e nazionale sia l’altezza delle sfide. Lei cosa ne pensa?
«Nelle imprese e nelle banche c’è una classe dirigente di livello. Nella classe politica invece non c’è più un cursus honorum, né le scuole di partito, né l’osmosi con l’élite intellettuale e più in generale del Paese. Non dimentichiamoci che La Pira, Moro, Fanfani erano professori universitari, per non parlare di Lamberto Dini e Carlo Azeglio Ciampi, provenienti dalla Banca d’Italia».
❞ Firenze e il turismo? Difficile tornare indietro, ma bisogna incentivare chi resta in città più a lungo invece di fargli pagare la tassa di soggiorno
❞ La mala movida è frutto di una tolleranza prolungata che ha creato un senso di impunità: non bastano più i vigili, servono le forze dell’ordine