SIENA, DE MOSSI E IL RICORDO DI NENNI: LA DIFFICILE RICERCA DELLA STANZA DEI BOTTONI
Caro direttore, nei primi anni Sessanta Pietro Nenni, fino ad allora all’opposizione insieme al Pci, si alleò con la Democrazia Cristiana e portò i socialisti al governo. Arrivato a Palazzo Chigi, cercò «la stanza dei bottoni»e dopo qualche tempo si rammaricò pubblicamente per non averla trovata. La storia dell’avvocato De Mossi, che nel 2018 ha scalzato dopo decenni la sinistra dal governo della città del Palio, non è molto dissimile da quella del vecchio leader socialista. Cerca in ogni modo di dare un nuovo corso alla gestione politica e amministrativa della città, ma limiti di ogni genere sembrano ingabbiarlo in un andazzo refrattario al cambiamento. Il primo limite è il bilancio comunale, da sempre sostenuto dai proventi diretti e indiretti del Monte e della Fondazione Mps che una volta azzerati, hanno portato la Municipalità vicino al fallimento. In passato il sindaco Valentini ha messo alcune toppe al tessuto lacero dei conti, ma la cancellazione delle entrate straordinarie condiziona in modo pesante la gestione finanziaria sulla quale grava una spesa corrente sproporzionata rispetto al numero di abitanti.
Arezzo con quasi 100 mila abitanti ha 554 dipendenti. Grosseto con oltre 82.000 residenti ne ha 481 e Siena con 53.937 abitanti mantiene 662 addetti. Il costo pro capite per ogni senese per il loro mantenimento è di 470 euro all’anno, cioè il doppio di quanto pagano i grossetani e gli aretini. All’alto costo del personale vanno aggiunti gli oneri per la sua utilizzazione (gli spazi, la manutenzione, le attrezzature ecc.), insomma le spese di funzionamento del grosso apparato civico, sono un lusso non più sostenibile anche se le ambizioni civiche rimangono immutate.
De Mossi ha provato a far gravare il costo delle scuole materne comunali sul bilancio dello Stato, come avviene nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani. La Cgil si è opposta. Risultato: nulla di fatto e cambio dell’assessore.
Se le risorse finanziare sono poche (ma la tassazione è rimasta molto alta) si possono fare pochi investimenti. Nella sanità il pallino è saldamente in mano alla Regione rossa. Nei servizi sociali il sindaco ha provato a smarcarsi dalla Società per la salute che gestisce in modo consortile e con buoni risultati le attività assistenziali del territorio intercomunale, ricavandone scarsi esiti nonostante il buon impegno dell’assessore Appolloni.
Ad azzerare il turismo ha provveduto il corona virus. Per il rinnovo degli organi di gestione della Banca Mps, De Mossi non è stato neppure interpellato; lui ha detto che «non partecipa alle lottizzazioni». Una risposta da politico navigato nonostante dica di essere un neofita. Non avere però referenti nel CdA della Banca, il più grosso datore di lavoro di Siena, non è un grande risultato. Con le Università, al di là delle apparenze, i rapporti sono di reciproca indifferenza. Infatti nella composizione della Giunta, il sindaco non ha affatto attinto risorse umane dalle accademie e anche per la gestione dell’Opera del Duomo ha designato tre competenze esterne alla città (culturale). In quasi tutte le società partecipate i sindaci dei Comuni della provincia (30 su 35 sono di centrosinistra) fanno sentire il loro peso, condizionano e limitano gli spazi di azione del capoluogo senese sul quale peraltro gravitano ingenti oneri per i servizi resi a cittadini residenti nei comuni limitrofi che però pagano i tributi nei luoghi di residenza.
Per le vicende paliesche il neo sindaco intende giustamente restituire centralità al Municipio, ma il Magistrato, le Contrade e gli altri organismi creati in passato non intendono arretrare dagli spazi conquistati.
Sul piano politico la larghissima maggioranza in Consiglio comunale finora è stata omogenea e compatta nel sostegno al sindaco sull’onda del clamoroso successo riportato nelle elezioni del 2018 dalla decina di liste di partito e civiche che lo sostennero al ballottaggio. Ci sono stati però numerosi cambi di partito e di gruppo, la costituzione di un numeroso gruppo misto, rimescolamento e sostituzione di assessori. Chi porta voti alle elezioni, vuole capitalizzare l’investimento fiduciario. Se dopo due anni non arriva la contropartita iniziano le manovre di disturbo che da qualche mese sono diventate anche pubbliche. Ma all’orizzonte non ci sono alternative.
Il Pd è sempre in mano alla vecchia oligarchia e non riesce affatto a rinnovarsi. Gli altri minuscoli gruppi di sinistra (sono meno dei 18 di Firenze) non esprimono peso politico e valide e unitarie alternative programmatiche. Dunque una situazione nella quale il sindaco cerca di cambiare passo e direzione di marcia, ma trova pesanti condizionamenti dalle limitatissime disponibilità di bilancio, dalla carenza di interlocuzione amichevole con i poteri regionali e nazionali, dall’accerchiamento degli altri poteri locali e della sua stessa maggioranza, unita nel tentativo di cacciare all’opposizione la sinistra, ma in difficoltà ad amalgamare il civismo alla partitocrazia e divisa dai dieci diversi programmi presentati agli elettori. Anche per De Mossi, come per Nenni, riuscire a trovare la stanza dei bottoni è un’impresa improba.
❞ Limiti di ogni genere sembrano ostacolare l’attività del sindaco e i tentativi di cambiare gli assetti della città