Nel Chianti degli svedesi (menu secondo natura)
RITORNO Da Terreno, piatti della tradizione con tocco scandinavo
Oggi non c’è cantina che non abbia il ristorante, la trattoria, l’enoteca, l’agribar o uno spazio per l’ospitalità. I marchi più famosi come Antinori a Bargino o Ricasoli al Castello di Brolio, in annate normali registrano anche oltre le 50 mila presenze. Ma Castello d’Albola, Coltibuono, Ama, Mazzei, Luiano, San Felice e tanti altri apparecchiano ristorantini deliziosi. Nel dopo Covid-19 questi locali, soprattutto nel Chianti, sono stati i primi a riaprire. La voglia di abbandonare la città, le mascherine, le code, le paure. Il bisogno di stare all’aria aperta, nel verde delle colline chiantigiane dopo tre mesi di lockdown. La ricerca di ritrovarsi con gli amici, dopo il distanziamento sociale, però in sicurezza. Ma anche i tempi della natura che non si è mai fermata e ha richiesto attenzione e lavoro nonostante tutto.
Tra i primi c’è stato Terreno, una terrazza sopra Greve in Chianti, nell’omonima azienda di proprietà dal 1988 della famiglia Ruhne. Ci voleva
Terreno si trova a Greve in Chianti,
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Ruhne l’intraprendenza degli svedesi, quella cultura nordica a mezzo con Sparta che comincia dal mandar giù per le piste da sci i bambini quando ancora camminano appena. Tanto ha permesso che nel momento forse più duro della quarantena, nel Chianti di Terreno s’immaginassero le serate in terrazza sotto il patio verde a mangiare bistecca e bere Gallo Nero. E così è stato. Ma ci voleva anche un pizzico d’amore. Lo stesso che ha spinto il signor Ruhne, rimasto per tutto il lockdown in Svezia, lontano dalla moglie come mai era successo in tanti anni di matrimonio, a convincersi di prendere l’auto per arginare il blocco dei voli e dei confini danesi per raggiungere il Chianti. Il ristorante ha aperto solo da un anno, da quando cioè a prendere in mano le redini dell’azienda è arrivata Sofia, una delle figlie. Una terrazza coperta di verde e di lucine nata con un preciso scopo. «Un pasto ben preparato è un modo eccellente per elevare l’esperienza di un buon vino. Nel nostro ristorante — spiega Sofia Ruhne — miriamo a dare ai nostri vini una dimensione extra, servendo piatti della tradizione toscana con un tocco scandinavo moderno. L’attenta lavorazione artigianale che caratterizza i nostri vini si vede anche nella cucina del ristorante, dove, in primo piano, si trovano le verdure del nostro orto. Quello che non cresce nel giardino di casa, proviene dalle fattorie vicine. Il menu è quindi composto da quello che proviene dalla nostra terra a seconda delle stagioni».
Per Sofia è più facile spiegare l’artigianalità di un vino attraverso l’artigianalità del cibo. La pappa al pomodoro e gli gnudi burro e salvia per spiegare un sangiovese schietto e territoriale. L’A Sofia 100% sangiovese è ottimo. Soprattutto con la fiorentina, da allevamento biologico della Fattoria Palazzo, a Fiorenzuola, sull’Appennino tosco emiliano, cotta a brace di legna nel cortile davanti alla cantina. E per finire la crostate di ciliegie scritte con la i e non come piace a noi toscani e a Oriana Fallaci, genuino esempio di artigianalità, territorio e anche di Chianti Classico.