MA PER VINCERE SERVONO PIÙ CARTE
Cento agenti in più per controllare le notti fiorentine. Cinquanta carabinieri e cinquanta poliziotti. La risposta che il sindaco Nardella ha dato ieri in Palazzo Vecchio all’emergenza della malamovida cataloga tutto il problema come «ordine pubblico» e chiama direttamente in causa prefetto e questore, che dell’ordine pubblico sono responsabili e garanti. È una visione molto diversa da quella del prefetto Lega, per la quale il controllo della movida spetta principalmente ai vigili urbani, a meno che non vengano consumati reati che prevedono esplicitamente l’intervento della forte dell’ordine. Dunque siamo ancora a quel rimpallo di responsabilità che solo raramente è emerso pubblicamente, ma che da anni sta dietro il dibattito sullo sballo. E che, soprattutto, non ha mai prodotto svolte apprezzabili, lasciando puntualmente senza risposte adeguate le istanze dei residenti, sempre più esasperati.
Agli abitanti delle zone colpite dagli incivili che bevono, berciano, suonano, cantano e orinano fino all’alba, poco interessa sapere a chi è devoluto il rispetto delle regole e la difesa della legalità sotto le loro finestre; vorrebbero solo che qualcuno lo facesse ripristinando il diritto alla convivenza, e al riposo.
Con l’annuncio di ieri il sindaco avrà innescato ovviamente le reazioni di chi teme la «militarizzazione» di piazze e vie dell’Oltrarno e non solo: è un leit-motiv che accompagna da sempre l’immobilismo su questo fronte. Ma sono fantasmi ideologici. A noi sembra che ci siano da fare piuttosto due riflessioni. La prima: non ci sembra che la soluzione del problema della malamovida passi dal numero di agenti delle forze dell’ordine e dei vigili urbani impegnati sul campo, ma dalle direttive impartite dall’alto; nelle ultime settimane le pattuglie c’erano eccome in piazza Santo Spirito, ma chiaramente si è visto e capito che dovevano limitarsi a presidiare lo spazio pubblico (sicuramente per evitare tensioni e sviluppi imprevedibili). La seconda riflessione: se si riconosce la gravità della situazione bisogna giocare tutte le carte possibili per venirne a capo.
Cambiare il meccanismo, individuare aree lontane dalle abitazioni per farne dei centri adibiti al tempo libero per tutto l’arco della buona stagione, e spingere i locali a spostarsi lì con una politica di incentivi; poi occorrerebbe fissare nuove regole facendole rispettare con rigore: nuovi orari di apertura dei locali, messa al bando dell’alcol da asporto; imposizione del silenzio non oltre le prime ore della notte.
Serve una politica per la notte. Niente di più né niente di meno di ciò che richiedono altri settori cruciali della vita cittadina. E non è tempo di rinvii.