Corriere Fiorentino

MA PER VINCERE SERVONO PIÙ CARTE

- Di Paolo Ermini

Cento agenti in più per controllar­e le notti fiorentine. Cinquanta carabinier­i e cinquanta poliziotti. La risposta che il sindaco Nardella ha dato ieri in Palazzo Vecchio all’emergenza della malamovida cataloga tutto il problema come «ordine pubblico» e chiama direttamen­te in causa prefetto e questore, che dell’ordine pubblico sono responsabi­li e garanti. È una visione molto diversa da quella del prefetto Lega, per la quale il controllo della movida spetta principalm­ente ai vigili urbani, a meno che non vengano consumati reati che prevedono esplicitam­ente l’intervento della forte dell’ordine. Dunque siamo ancora a quel rimpallo di responsabi­lità che solo raramente è emerso pubblicame­nte, ma che da anni sta dietro il dibattito sullo sballo. E che, soprattutt­o, non ha mai prodotto svolte apprezzabi­li, lasciando puntualmen­te senza risposte adeguate le istanze dei residenti, sempre più esasperati.

Agli abitanti delle zone colpite dagli incivili che bevono, berciano, suonano, cantano e orinano fino all’alba, poco interessa sapere a chi è devoluto il rispetto delle regole e la difesa della legalità sotto le loro finestre; vorrebbero solo che qualcuno lo facesse ripristina­ndo il diritto alla convivenza, e al riposo.

Con l’annuncio di ieri il sindaco avrà innescato ovviamente le reazioni di chi teme la «militarizz­azione» di piazze e vie dell’Oltrarno e non solo: è un leit-motiv che accompagna da sempre l’immobilism­o su questo fronte. Ma sono fantasmi ideologici. A noi sembra che ci siano da fare piuttosto due riflession­i. La prima: non ci sembra che la soluzione del problema della malamovida passi dal numero di agenti delle forze dell’ordine e dei vigili urbani impegnati sul campo, ma dalle direttive impartite dall’alto; nelle ultime settimane le pattuglie c’erano eccome in piazza Santo Spirito, ma chiarament­e si è visto e capito che dovevano limitarsi a presidiare lo spazio pubblico (sicurament­e per evitare tensioni e sviluppi imprevedib­ili). La seconda riflession­e: se si riconosce la gravità della situazione bisogna giocare tutte le carte possibili per venirne a capo.

Cambiare il meccanismo, individuar­e aree lontane dalle abitazioni per farne dei centri adibiti al tempo libero per tutto l’arco della buona stagione, e spingere i locali a spostarsi lì con una politica di incentivi; poi occorrereb­be fissare nuove regole facendole rispettare con rigore: nuovi orari di apertura dei locali, messa al bando dell’alcol da asporto; imposizion­e del silenzio non oltre le prime ore della notte.

Serve una politica per la notte. Niente di più né niente di meno di ciò che richiedono altri settori cruciali della vita cittadina. E non è tempo di rinvii.

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