«Donazioni crollate: a rischio le adozioni dei nostri bambini, chi può ci dia una mano»
Il presidente Barsi: il Covid ci ha colpiti duramente, che dolore non poter andare in Brasile
«L’emergenza coronavirus ha colpito duramente anche il volontariato e tutte le associazioni impegnate nella solidarietà verso i Paesi del Sud del mondo. Agata Smeralda è in forte sofferenza nei 27 Paesi in cui opera». È amareggiato ma combattivo il professor Mauro Barsi, presidente dell’associazione cattolica Agata Smeralda. Il suo è un appello a «chi può ancora donare» affinché sostenga l’associazione e le sue migliaia di adozioni a distanza «soprattutto in questo momento difficilissimo».
❞ A causa della pandemia le nostre adozioni a distanza sono calate del 25%: la base dei nostri benefattori non è di ricchi, ma di persone normali
«L’emergenza coronavirus ha colpito duramente anche il volontariato e tutte le associazioni impegnate nella solidarietà verso i Paesi del Sud del mondo. Agata Smeralda è in forte sofferenza nei 27 Paesi in cui opera». Amareggiato e combattivo, il professor Mauro Barsi, presidente dell’associazione cattolica Agata Smeralda. Abituato a viaggiare nel mondo per promuovere le adozioni a distanza, si è trovato improvvisamente barricato in casa senza la possibilità di aiutare i più deboli.
Quanto ha inciso la pandemia sulle vostre attività?
«Questa crisi inattesa e durissima da una parte ha indirizzato verso altre destinazioni, come gli ospedali, donazioni e contributi, dall’altra ha impoverito fortemente tante persone, non più in grado di dare con generosità la loro offerta. Oltre alle donazioni, poi, sono calate sensibilmente le adozioni a distanza».
In che misura?
«Su oltre 7 mila adozioni a distanza attive, c’è stato un calo di circa il 25%, pari ad almeno 1.700 adozioni. La nostra grande base di benefattori non è fatta di ricchi, ma di persone semplici che fanno sacrifici pur di tendere la mano ai più poveri».
Come si riparte?
«Con la Provvidenza di Dio che non ci ha mai abbandonato da 29 anni, quando siamo nati in quel lontano 1991. Stiamo facendo di tutto per assorbire il colpo: non possiamo consentire che quei bambini che abbiamo strappato alla strada e alla minaccia della criminalità, della droga e della prostituzione, tornino in stato di abbandono e in pericolo. Dobbiamo continuare a star loro accanto».
Salvador de Bahia, dove voi operate, è gemellata con Firenze, vuole fare un appello alla nostra città?
«Ho scritto una lettera-appello a tutti i nostri benefattori, dicendo loro che solo uniti ce la faremo. Ci appelliamo a tutti coloro che ancora hanno la possibilità economica di darci una mano, e di far sì che questa catena di bene non si interrompa.
Chiunque può ci aiuti, ora più che mai, ad aiutare ancora questi bambini, che sono migliaia e hanno bisogno di noi. Agata Smeralda continuerà a far fruttare la generosità di tanti, offrendo ai bambini e alle loro famiglie, e a intere comunità in Brasile, in Africa, in India, ad Haiti e in tanti altri Paesi del Sud del mondo, una speranza concreta di vita e di crescita».
Agata Smeralda ha aiutato anche gli ospedali fiorentini.
«È importante non ignorare quel che accade intorno noi: dove c’è bisogno cerchiamo di fare la nostra parte e così abbiamo fatto anche per l’emergenza Covid. Gli elettrocardiografi donati agli ospedali di Santa Maria Nuova e del Mugello, i 200 pulsossimetri messi a disposizione dei medici di base, l’aiuto alle famiglie bisognose attraverso contributi a Misericordie e parrocchie, sono il segno di un impegno che non viene meno, a tutte le latitudini. Complessivamente, 100 mila euro di risorse».
Lei come ha vissuto il lockdown?
«Naturalmente sono rimasto a casa ma non riuscivo a stare fermo col cervello, mi svegliavo di notte, quando mi veniva un’idea prendevo appunti su quello che avremmo potuto fare, Agata Smeralda è tutta la mia vita».
Come è adesso la situazione sanitaria in Brasile?
«Molto difficile, sono in contatto ogni giorno con i fiorentini, preti e suore missionarie, che operano nello Stato di Bahia, dove ci sono 70 mila contagiati e oltre mille morti, e dove la povertà e l’epidemia stanno avanzando nel menefreghismo generale, qualcuno dei nostri collaboratori si è ammalato, mentre un altro al centro sociale Giovanni Paolo II è venuto a mancare».
Il presidente brasiliano Bolsonaro ha sottovalutato l’emergenza coronavirus. Poi si è scoperto malato.
«Innanzitutto auguro al presidente una pronta guarigione, ma spero anche che tale esperienza possa modificare il suo atteggiamento di sottovalutazione dell’emergenza sanitaria, che ha colpito, come sempre, soprattutto i più poveri. Nelle favelas il virus si diffonde con esiti drammatici e nell’indifferenza dei più».
Le mancano i viaggi in Brasile?
«Mi dispiace davvero di non poter andare in Brasile, se intravedessi una possibilità per andare in mezzo a quella realtà meravigliosa farei i salti mortali: vorrei essere utile in prima persona».
Firenze sta soffrendo più di altre città sul fronte economico. L’arcivescovo Betori ha detto che le fondamenta delle città non devono essere solo quelle del profitto.
«Sono in perfetta sintonia col cardinale, i problemi che la città deve affrontare non sono pochi e ci sono soprattutto povertà nascoste da scovare, persone che non sanno come fare la spesa e si vergognano a chiedere aiuto».
Si è smarrito il senso della carità?
«Direi di sì, a beneficio degli interessi personali e del profitto, ma la vera città è quella dove si ha una visione più ampia e, come diceva La Pira, la vera città è quella in cui ogni uomo ha la sua casa e Dio ha la sua chiesa».
Cosa ci ha insegnato la pandemia?
«Che se confidiamo tutto nel denaro, nel potere e nel successo, da un momento all’altro tutto può crollare, il Covid ha fatto tabula rasa del nostro modo di vivere quando meno ce l’aspettavamo. Ma da un lato ci ha fatto anche maturare, si è ritrovato in certi contesti il senso e l’importanza della solidarietà».
❞ Come ha detto Betori Firenze non può basarsi solo sul profitto: i problemi che la città deve affrontare sono molti e ci sono povertà nascoste da scovare