Corriere Fiorentino

«La Toscana che lascio in eredità»

Forum con Enrico Rossi: «Regione in bilico? Dopo di me il Pd ha pensato all’anno zero»

- Enrico Rossi

Lunedì sarà eletto il nuovo presidente della Toscana ed Enrico Rossi ieri, nella redazione del Corriere

Fiorentino, ha tracciato il bilancio dei suoi 20 anni in Regione. «Il modello toscano non è stato valorizzat­o, aprendo una prateria al centro destra. E non c’è stata una politica di alleanze — ha detto — Se ci sarà la sconfitta, sarà una sconfitta politica».

Arriva rilassato e un po’ abbronzato, il governator­e Enrico Rossi. «Ho nuotato tanto negli ultimi giorni», dice ridendo prima dell’intervista nella redazione del Corriere Fiorentino: due ore in cui ripercorre i suoi 20 anni in Regione.

Presidente Enrico Rossi, lunedì ci sarà un nuovo governator­e. Ha iniziato a svuotare i cassetti e ha ritrovato cose che dopo non ricordava più di avere?

«Ho ritrovato tanti libri con dedica che magari non avevo letto... Il presidente di Regione in Toscana è un ruolo forte, sentito dai cittadini e tante dediche lo dimostrano: ecco, la mia inquietudi­ne è di non aver risposto a tutti, mentre ai cittadini lo abbiamo sempre fatto, grazie anche alla squadra che ho costruito».

La squadra, appunto: come saluterà i suoi assessori?

«Andiamo a cena, attenti a rispettare il distanziam­ento. Aver tenuto la barra dritta sulla giunta è un elemento della buona riuscita della legislatur­a. E anche chi era meno preparato all’inizio ha avuto gli ultimi due anni straordina­ri, penso a Cristina Grieco che ora è un punto di riferiment­o nazionale sulla scuola. Tutti questi rimpasti non mi convincono... Cinque anni è il tempo minimo per imparare e per fare».

Vale anche per la gestione dell’emergenza Covid?

«In 10 anni ho avuto emergenze di ogni tipo. Prima quella economica, quando ho avuto paura che la Toscana si potesse disgregare: poi i distretti e l’export, i buoni rapporti con le multinazio­nali che all’epoca rappresent­avano una rottura con la tradizione nostra e l’attrazione di investimen­ti sono stati il segreto della nostra ripresa. Ecco, ora bisogna stare attenti perché questo clima di incertezza politica produce qualche incertezza sulla nostra affidabili­tà. Quando si sente dire sulla gara regionale del Tpl “hanno dato i trasporti ai francesi”, cosa pensano i francesi?».

La gara regionale del trasporto pubblico su gomma è al centro di uno scontro durissimo. Al di là degli aspetti giudiziari, si è sentito un po’ tradito da sindaci del Pd?

«Tradito no, ma mi rimprovero di non essere stato più veloce e deciso. A quest’ora sarebbe un capitolo chiuso ed avrei evitato qualche dispiacere. Per il resto mi pare più un problema di consigli di amministra­zione che devono andare a casa: non ho mai visto i capponi felici di andare al pranzo di Natale».

Lei lascia dopo 20 anni, 10 da assessore alla sanità, 10 da governator­e. Se in Emilia il modello di governo è stato decisivo per la vittoria di Bonaccini, qui si è vista timidezza nel rivendicar­e il modello Toscana.

«La regione che ho trovato era in posizione medio-alta per sanità, export, scuola, ricerca, attrazione di investimen­ti, capacità di spesa dei fondi Ue ed ora è stabilment­e tra le regioni di riferiment­o. Resta il dato negativo delle star up ed il ritardo forte sulle infrastrut­ture, ad iniziare dalla Tirrenica. Questo modello poteva essere difeso con più convinzion­e, più valorizzat­o e per questo Giani è partito un po’ azzoppato. Ma da quando Renzi ha lanciato la rottamazio­ne questo veleno è entrato nella testa della sinistra: il rinnovamen­to a prescinder­e mangia i propri figli. Mette in cattiva luce quello che è stato fatto prima, cosa smentita anche dai sondaggi nei quali anche gli elettori di centrodest­ra dicono di continuare a fare quello che ha fatto Rossi».

Allora è stato vittima del fuoco amico per alcuni obiettivi non raggiunti?

«No. Mi aspettavo di più dal governo Renzi che ha avuto una oggettiva disattenzi­one a problemi infrastrut­turali che da decenni ci fanno correre con una gamba legata. E provo amarezza: della Tirrenica non è stato asfaltato un centimetro, la stazione dell’Alta Velocità a Firenze doveva essere inaugurata nel 2014, se andrà bene lo sarà nel 2024 e continuiam­o a perdere treni, anche metaforici, mentre Bologna si sta sviluppand­o nel turismo».

Poi c’è la querelle dell’aeroporto di Peretola...

«Sull’aeroporto non ho capito i pisani, perché senza Firenze non cresce neppure il Galilei, né perché si sia prodotta una frattura nella sinistra fiorentina quando si tratta di un orientamen­to diverso della pista, di uno scalo che c’è già, di previsioni di 4 milioni di passeggeri che risalgono all’epoca del presidente Claudio Martini. Non è un “giudizio di Dio”... Io sono stato così ingenuo da pensare che togliere dal tavolo l’incenerito­re, che non si sarebbe mai fatto, potesse aiutare. Invece il no è rimasto pervicacem­ente».

Perché in questi anni non si è fatto un collegamen­to ferroviari­o veloce Firenze-Pisa, come ha detto al nostro forum la candidata del centrodest­ra, Susanna Ceccardi?

«Perché servono treni diversi, più veloci e una frequenza che faccia si che non siano vuoti. Anche io con Carrai (presidente di Toscana Aeroporti, ndr) l’ho chiesto a Fs ma poi tutto è rimasto fermo. E lo chie

❞ Il modello toscano poteva essere valorizzat­o di più, il veleno della rottamazio­ne ha colpito anche la sinistra. E se vincesse Ceccardi? Non credo, ma sarebbe una sconfitta solo politica

de anche il Pd di Pisa, non solo Ceccardi. Il vero nodo è che va tolto il “tappo” di Firenze che oggi impedisce di avere più treni ad Alta Velocità e più treni regionali. Ogni minuto che passa perdiamo un treno ed un aereo e rischiamo lo spostament­o del baricentro del Centro Italia a Bologna».

Tornando alla campagna elettorale, la sua presenza era scomoda per qualcuno nel Pd?

«Sento affetto e stima nei miei riguardi. Il problema come dicevo è lo stile politico diventato predominan­te. E questo è devastante per una regione con una storia come la Toscana: le difficoltà non nascono da come abbiamo governato, ma se rinunci alle cose fatte apri una prateria ad una corsa che parte da zero e questo è il primo errore. Il secondo è non aver fatto una adeguata politica di alleanze: la destra aveva il 40% con Altero Matteoli candidato presidente nel 2000 e lo ha oggi. Ed è unita, è furba, non ha detto “smantellia­mo tutto” né parlato di immigrati, mentre la sinistra si è divisa e la sua classe politica, di cui anche io faccio parte, non ha fatto autocritic­a.

Il terzo errore è non essere andati anche nei consigli di fabbrica, davanti ai luoghi della crisi e della disperazio­ne».

Se la Lega vincerà sentirà la sconfitta anche come sua?

«Io mi auguro di no, ma se così fosse sarà una sconfitta politica. Comunque vada il risultato, oltre ai tre temi di prima resta il fatto che non si può pensare di vincere da soli: non lo ha mai fatto il Pci, la Dc, e da almeno 12 anni non ha più senso dato che in Italia non ci sono 2 schieramen­ti».

Qual è la cosa di cui è più orgoglioso, e quella sbagliata che oggi non rifarebbe?

«Sono orgoglioso di come sappiamo gestire le emergenze. Non abbiamo mai lasciato soli i Comuni, siamo stati in tutte le crisi industrial­i. Questo taglio un po’ da sindaco ha reso la Regione più credibile. L’unico errore è non aver avuto un ruolo più di pressione e indirizzo sulla sanità,all’inizio di legislatur­a come nella passata. So che c’è chi mi attribuisc­e l’arrivo di Rebrab a Piombino alla ex Lucchini come un errore, ma io credo che se si fosse voluto lui avrebbe potuto fare...».

A proposito di Piombino, con l’ingresso di Invitalia le acciaierie sono salve o è saggio essere diffidenti come dicono il sindaco Ferrari e ancora di più i sindacati?

«Non valutare che adesso c’è lo Stato nella siderurgia attraverso Invitalia significa non capire. Il Covid ha davvero aperto una fase nuova, anche sull’industria. In questo il centrodest­ra è in grande difficoltà, mentre Giani giustament­e insiste sull’utilizzo dei fondi Ue. Se Ceccardi diventasse presidente, la Toscana avrebbe molte meno carte in Europa e anche per questo ai toscani non conviene cambiare».

Sia sincero al 100%: quanta paura ha della vittoria del centrodest­ra?

«Mi aspetto sorprese, ma non so quali. Negli ultimi giorni si sente la mobilitazi­one della sinistra, sento parlare ai bar di voto disgiunto, ma si sente che esiste anche la voglia del “tutti a casa”. Una scommessa però posso farla: a Cascina vince la sinistra. E non solo perché sono delusi da Ceccardi e dalla sua politica itinerante — tre anni sindaco, poi in Europa poi torna ma resta solo se vince... servirebbe una gara di trasporto solo per i suoi movimenti — ma perché c’è un bel gruppo e unità a sinistra».

Il Covid ha fatto emergere l’importanza della sanità territoria­le. Quali passi farebbe, se avesse ancora tempo, per migliorare la sanità?

«Premesso che la crisi ha dimostrato che la nostra organizzaz­ione sanitaria è la migliore d'Italia, il territorio non si può lasciare solo ai pediatri e ai medici di famiglia. Sono contento di aver ripristina­to il principio di prevenzion­e con i medici scolastici e poi servono più posti letto per le cure intermedie, con infermieri e un medico h24, quando un paziente non può stare a casa ma non deve stare in ospedale: oggi queste strutture sono 1.800, ma il prossimo assessore alla sanità li deve raddoppiar­e. La crisi ha dimostrato che la sanità deve essere ridondante. E abbiamo investito sulla telemedici­na per assistere a casa le persone con malattie croniche».

Che profilo dovrà avere il nuovo assessore alla salute?

«Può essere un politico che ha voglia di imparare, sacrificar­si, andare in giro ed ascoltare, e che deve fare quello e basta; o un tecnico, fuori dalla cordate, con una visione generale. Adesso mi spaventa la sovrapposi­zione tra influenza e Covid nelle scuole, serve una vaccinazio­ne di massa per l’influenza di 1,5 milioni di toscani, soprattutt­o ragazzi e bambini».

Lei abita a Firenze ormai da tempo: come tutti ha visto il centro vuoto. Cosa fare per il rilancio?

«La rendita ha finito per dominare il centro. Lancio una idea: si potrebbe raddoppiar­e il sistema museale della città usando i depositi e altri luoghi, rilanciand­o il capoluogo e la regione. È un’idea forte, che andrebbe discussa, senza fare guerre: se non ora, quando? Tante città sono rinate con cultura e musei».

E che fare per riportare la residenza?

«Ho visto cambiare e svuotare pezzi di città a causa del Airbnb, il fenomeno non riguarda solo Firenze, e lo Stato deve regolament­are questi fenomeni, le trasformaz­ione urbanistic­he indotte; serve una legge. Se hai un appartamen­to in centro e lo affitti con Airbnb con quei soldi ci paghi il mutuo e poi vai ad abitare a Scandicci; ma poi il centro rimane vuoto, tutto cambia attorno all’anziano rimasto a vivere in via Palazzuolo, ed anche la notte tutto è deserto».

❞ Il centro di Firenze è dominato dalla rendita, per contrastar­la sarebbe utile raddoppiar­e il sistema museale utilizzand­o depositi e altri luoghi. Ma su Airbnb serve una legge nazionale

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Enrico Rossi ieri nella redazione del «Corriere Fiorentino»: il governator­e resterà in carica fino al passaggio di consegne col vincitore delle elezioni di domani e lunedì
(foto Massimo Sestini) Ultimo giorno (o quasi) Enrico Rossi ieri nella redazione del «Corriere Fiorentino»: il governator­e resterà in carica fino al passaggio di consegne col vincitore delle elezioni di domani e lunedì
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