LA VEDETTA E I RISCHI IN VISTA
Anche i ricchi piangono, il titolo della celeberrima telenovela messicana che Rifondazione Comunista adottò come slogan nel 2007, sostituendo però l’indicativo con un congiuntivo ottativo, sembra tornato d’attualità anche a Firenze. La chiusura di Villa la Vedetta, panoramico 5 stelle sul viale Michelangelo, smentisce le previsioni di chi pensava che la crisi da pandemia avrebbe morso le strutture alberghiere più modeste, perché chi poteva permetterselo non avrebbe comunque rinunciato a un viaggio a Firenze in hotel in grado di assicurare le massime garanzie d’igiene e distanziamento. Se il caso di Villa la Vedetta non fosse l’unico, come paventa Federalberghi, sarebbe un duro colpo per un modello di sviluppo cittadino che ha conosciuto un suggello quasi simbolico dodici anni fa, quando il quattrocentesco Palazzo della Gherardesca, sede del centro direzionale della Società Metallurgica Italiana e prima ancora della Società per le Ferrovie Meridionali, divenne un pentastellato hotel Four Seasons. La chiusura di Villa la Vedetta è in buona parte riconducibile a un oneroso contratto d’affitto, prima della crisi sostenibile, oggi no. 44.000 euro mensili non sono pochi e sarebbe auspicabile che, nel loro interesse, i proprietari ridimensionassero le pretese. Il canone non è, come non lo era il salario, con buona pace di molti sindacalisti, una variabile indipendente dalle condizioni dell’economia.
E, anche prescindendo da preoccupazioni di carattere sociale e occupazionale, è sempre preferibile di questi tempi, in cui i valori immobiliari tendono a scendere, avere un edificio locato, sia pure con minori guadagni, che vederlo abbandonato al degrado e magari alle occupazioni abusive. Non c’è bisogno di invocare una riesumazione dell’equo canone, dovrebbe bastare la logica liberista dell’incontro fra domanda e offerta. A tutto questo si aggiunge un’altra incognita, sotto un certo profilo ancora più grave. È la corsa, paventata anche dal presidente di Federalberghi, dei fondi d’investimento internazionali all’acquisto di alberghi in crisi. C’è il rischio di una replica in grande stile di quando grandi gruppi speculativi, approfittando della crisi da pandemia, cominciarono ad acquistare da privati appartamenti ristrutturati per divenire B&B e rimasti da un momento all’altro senza ospiti. Un fondo che investe in tutto il mondo ha la possibilità di «annacquare» i rischi su vasta scala, a differenza del giovane che ha stipulato un mutuo per ristrutturare il quartierino ereditato dalla nonna e ora è con l’acqua alla gola per pagare le rate. Se le cose dovessero davvero andare così, la mappa della proprietà immobiliare nell’area Unesco potrebbe conoscere una trasformazione senza precedenti. Molti fiorentini si troverebbero a piangere, mentre tornerebbero a ridere i ricchi. Quelli veri.