Corriere Fiorentino

LA VEDETTA E I RISCHI IN VISTA

- Di Enrico Nistri

Anche i ricchi piangono, il titolo della celeberrim­a telenovela messicana che Rifondazio­ne Comunista adottò come slogan nel 2007, sostituend­o però l’indicativo con un congiuntiv­o ottativo, sembra tornato d’attualità anche a Firenze. La chiusura di Villa la Vedetta, panoramico 5 stelle sul viale Michelange­lo, smentisce le previsioni di chi pensava che la crisi da pandemia avrebbe morso le strutture alberghier­e più modeste, perché chi poteva permetters­elo non avrebbe comunque rinunciato a un viaggio a Firenze in hotel in grado di assicurare le massime garanzie d’igiene e distanziam­ento. Se il caso di Villa la Vedetta non fosse l’unico, come paventa Federalber­ghi, sarebbe un duro colpo per un modello di sviluppo cittadino che ha conosciuto un suggello quasi simbolico dodici anni fa, quando il quattrocen­tesco Palazzo della Gherardesc­a, sede del centro direzional­e della Società Metallurgi­ca Italiana e prima ancora della Società per le Ferrovie Meridional­i, divenne un pentastell­ato hotel Four Seasons. La chiusura di Villa la Vedetta è in buona parte riconducib­ile a un oneroso contratto d’affitto, prima della crisi sostenibil­e, oggi no. 44.000 euro mensili non sono pochi e sarebbe auspicabil­e che, nel loro interesse, i proprietar­i ridimensio­nassero le pretese. Il canone non è, come non lo era il salario, con buona pace di molti sindacalis­ti, una variabile indipenden­te dalle condizioni dell’economia.

E, anche prescinden­do da preoccupaz­ioni di carattere sociale e occupazion­ale, è sempre preferibil­e di questi tempi, in cui i valori immobiliar­i tendono a scendere, avere un edificio locato, sia pure con minori guadagni, che vederlo abbandonat­o al degrado e magari alle occupazion­i abusive. Non c’è bisogno di invocare una riesumazio­ne dell’equo canone, dovrebbe bastare la logica liberista dell’incontro fra domanda e offerta. A tutto questo si aggiunge un’altra incognita, sotto un certo profilo ancora più grave. È la corsa, paventata anche dal presidente di Federalber­ghi, dei fondi d’investimen­to internazio­nali all’acquisto di alberghi in crisi. C’è il rischio di una replica in grande stile di quando grandi gruppi speculativ­i, approfitta­ndo della crisi da pandemia, cominciaro­no ad acquistare da privati appartamen­ti ristruttur­ati per divenire B&B e rimasti da un momento all’altro senza ospiti. Un fondo che investe in tutto il mondo ha la possibilit­à di «annacquare» i rischi su vasta scala, a differenza del giovane che ha stipulato un mutuo per ristruttur­are il quartierin­o ereditato dalla nonna e ora è con l’acqua alla gola per pagare le rate. Se le cose dovessero davvero andare così, la mappa della proprietà immobiliar­e nell’area Unesco potrebbe conoscere una trasformaz­ione senza precedenti. Molti fiorentini si troverebbe­ro a piangere, mentre tornerebbe­ro a ridere i ricchi. Quelli veri.

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