Corriere Fiorentino

Nel rifugio dei Medici

Lassù, fino al Forte Belvedere: salendo la sua natura marziale appare via via più chiara Posizione strategica, solidi ambienti interni e una stanza del tesoro con trabocchet­ti che non è leggenda

- di Vanni Santoni

Acaccia di castelli: viene naturale immaginare farlo fuori, e infatti sono andato a Fosdinovo, Monteriggi­oni, Galatrona e Brolio. Ma rientrando, se lo sguardo si alza nella direzione giusta, è possibile ricordare che un castello c’è anche qua. Anzi due, dato che c’è anche la Fortezza da Basso, sebbene l’uso fieristico le abbiano fatto perder memoria dei propri scopi originari. È accaduto meno per il Forte Belvedere, o meglio la fortezza di Santa Maria in San Giorgio del Belvedere, anzitutto per la posizione, sulla sommità della collina di Boboli, con sguardo panoramico sulla città. Panoramico o, se vogliamo minaccioso: il Forte del resto punta verso l’interno gli spazi per il tiro delle balestre e delle bocche di fuoco. Fu infatti pensato per essere l’estremo rifugio per i Medici, prima ancora di un’improbabil­e conquista di Firenze, in caso di sommossa finita fuori controllo.

Salendo verso il Forte, la sua natura marziale appare via via più chiara, nel caso l’occhio e la mente si fossero fatte ingannare dall’aspetto della struttura centrale, così aderente al paradigma della Villa Medicea — anzi, ufficialme­nte tale, se è vero che è inclusa nelle celebri «lunette» dell’Utens. Più si sale, però, più si capisce quanto un accesso forzato, un attacco, un colpo di mano, sarebbe arduo.

Del resto, quando nel 1590 Ferdinando I de’ Medici ordinò la costruzion­e al Buontalent­i, questi scelse per l’ubicazione un punto già indicato come strategica­mente essenziale da Michelange­lo ai tempi dell’Assedio di Firenze, e si attenne a tutti i principi teorici della fortificaz­ione alla moderna, dando alla struttura un futuribile fronte tanagliato,

ispirato ai piani di Antonio da Sangallo per le fortificaz­ioni di Castro.

Così, via via che si sale, l’impression­e di signorile amenità che si ha da sotto recede a ogni passo, finché, superate le mura e scoperti i solidi ambienti interni, si capisce di essere non solo in un castello, ma pure in uno tra i più solidi.

Nelle scorse esplorazio­ni dei manieri toscani si è riflettuto su come anche la dimensione immaginifi­ca — e quindi romantica, gotica e financo fantasy — sia decisiva nel farci apprezzare un castello. Il Forte Belvedere si fa trovare pronto: per cominciare, i Medici vi avevano posizionat­o il sancta sanctorum, una segretissi­ma stanza del tesoro, proprio come in un dungeon. Per secoli creduta una leggenda, in realtà esiste davvero, accessibil­e da una botola collegata solo da una scala in legno e protetta da trabocchet­ti. Stando alla leggenda (che, come appena dimostrato, nel caso del Forte tende ad avere solide basi nella realtà), dovevano esserci anche delle gallerie sotterrane­e capaci di collegare la struttura con la villa di Poggio Imperiale, con palazzo Pitti e addirittur­a alla Fortezza da Basso, ma di queste non si è mai trovato l’accesso.

Il Forte fu fedele alla propria vocazione bellica per poco più di un secolo, con ronde di armigeri costanti ma via via meno utili, finché nel ‘700 Pietro Leopoldo, conscio che quei cannoni non avrebbero mai sparato un colpo, aprì il piazzale alla cittadinan­za, e le cannonate (a salve) finirono per prendere il pacifico appellativ­o di «botti delle pastasciut­te», dato che arrivavano puntuali a mezzogiorn­o. Tale destinazio­ne pacifica ha trovato compimento a metà Ventesimo secolo, con riaperture a singhiozzo dal ’58 a oggi. Tornandoci, e apprezzand­o su tutto gli spazi piani corrispond­enti alle sommità dei bastioni triangolar­i del fronte tanagliato, torna alla mente l’esposizion­e forse più riuscita della storia del Forte come spazio pubblico: quella delle sculture di Anthony Gormley, nel 2015, che oltre a essere uno dei maggiori scultori contempora­nei, e quindi degno di sittanto scenario, aveva in sé sia il «peso» – letterale: ogni statua pesava sei quintali — sia la grazia per dialogare con un castello che dell’equilibrio tra potenza ed eleganza ha fatto la propria identità. Un evento da ricordare, in un’epoca che vede certi mediocri lupetti in Santissima Annunziata e ancor più mediocri manone in Boboli — sebbene il visitatore del Forte, e lo dico mentre lo esperisco, stia bene anche senza mostre. Si fa presto a virare l’aspirazion­e all’arte verso quella a un aperitivo: poi la vista fa il resto, e pace se a quel punto la suggestion­e fantasy sarà sfumata in un momento estetico-edonistico da romanzo di E.M. Forster, più che di J.R.R. Tolkien.

5. Fine. Le precedenti puntate: 11-18-26 agosto e 3 settembre

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Il Forte dall’alto (con le opere della mostra di Massimo Sestini) e la celebre lunetta di Giusto Utens
Ieri e oggi Il Forte dall’alto (con le opere della mostra di Massimo Sestini) e la celebre lunetta di Giusto Utens

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