Paure e miracoli in Mugello
Fantastico Toscano Lo scrittore di Scarperia Nicola Lisi celebrò la sua terra per tutta la vita Superstizioni, morti misteriose, falsi pellegrini: un luogo fuori dal tempo tra invenzione e memoria
Il Mugello è terra di miracoli, come a ogni costo volle dimostrare l’arcidevoto, bigottissimo, Cosimo III de Medici, che alla ricerca di improbabili santi della casata che aveva portato all’apice il neopaganesimo nel Rinascimento, aveva trovato in quelle terre agrarie i due suoi candidati: Cresci e Onnione, a cui aveva dedicato sontuose chiese, investendo una fortuna per la canonizzazione che aveva lasciato tiepide le autorità vaticane. Nicola Lisi trova la sua maggiore affermazione nel mirabile Diario di un parroco di campagna, uscito da Vallecchi nel 1942, con le magnifiche tavole di Pietro Parigi, che condivideva con lo scrittore la fede e un sentire che trovava spazio, a Firenze, sulle pagine della rivista Il Frontespizio, che ospitò il debutto dell’ermetismo. Il luogo è Scarperia, paese natale: nel romanzo un curato registra quotidianamente, sotto il nome del santo del giorno, quello che accade sotto il segno della meraviglia. All’insegna di Santa Francesca Romana Vedova, annota: «Stanotte l’acqua è ghiacciata persino negli orcetti e nelle catinelle. I pesci che rallegravano la vista nella vasca rimasti senz’aria, saranno tutti morti. Quello del vaso di vetro sulla credenza di salotto non ha patito freddo, perché è prossimo alla stufa. Così scampato da morte per combinazione, mi sembra anche più bello». Dedicandosi alle attività della campagna, scopre con la sorella, dando spazio alle superstizioni popolari, che esiste il «vento Luminello» che determina la morte dei polli, una scomparsa tanto misteriosa, quanto drammatica, con gli animali che: «ribaltavano dalla parete a terra così lentamente come se fossero stati figure di carta e non carne creata». Una anziana moribonda rivendica di essere sepolta con il suo abito da prima comunione, e questo è considerato possibile perché si tratta di una dama nubile. Insomma il Mugello come un nuovo Medio Evo dell’anima. Qui arrivano un servita e un carmelitano per dialogare in piazza di fede e politica. Nella gran folla, spicca un mangiapreti che è giunto per deridere i religiosi e invece si mette a piangere a dirotto e si converte. Scarperia è quindi un luogo fuori dal tempo e dalla Storia, eppure vi accadono fatti di cronaca, tra cui una serie di ratti di persone («misteriosa e certamente triste è la sorte dei poveri rapiti»). Tra l’altro viene sottratta la bambina dei contadini prossimi, ritrovata morta, con «la neve che le aveva fatto crocchia sui capelli», non per il temuto stupro, ma perché si era persa in un fittissimo rovaio, che le aveva straziato il corpo. Su quelle montagne gelate giunge perfino un pescatore, dal corpo tatuato, che ha perduto l’imbarco e vagabonda in cerca di elemosina, che ottiene mostrando il corpo pieno di icone. In tutto questo ordine il demonio fa sempre capolino: appare un morto a cavallo, antico compagno di seminario che ha lasciato la fede, mentre nei sogni Gesù evoca un seguito di uccelli che tengono tutti in bocca un orologio, a significare il tempo umano che rapidissimo sfugge e può redimersi solo nella preghiera. L’ultimo libro di Lisi, Parlata dalla finestra di casa (edito sempre da Vallecchi nel 1973) narra il suo territorio in chiave di spiritualità nei secoli: «Nel vicchiese, dove il Beato Angelico fanciullo si sentì ispirato a svelare, tramite la pittura, il segreto nei colori dell’eterno, si è avuta la protestataria scolastica esperienza di Don Milani», con cui aveva frequentazioni fiorentine, più che nel territorio che li legava. Scrive Lisi, come all’inizio del secolo al Palazzo dei Vicari di Scarperia si tenesse un contenzioso tra un socialista e un rappresentante dei ricchi, quando il paesaggio dei miracoli, apparentemente immutabile, stava in realtà profondamente risentendo degli stravolgimenti dell’epoca. Lisi racconta in tutta la sua opera il senso dello stupore di fronte alla meraviglia del Creato, che vuole rifiutare ogni cronaca, trovando una propria specifica via nelle vicende del cattolicesimo letterario toscano, tra le invettive di Domenico Giuliotti, le acute disamine di Giovanni Papini e le violente visioni di Federigo Tozzi. Pur frequentando Firenze e i circoli letterari, celebrò per tutta la vita, tra invenzione e memoria, il suo Mugello in toni affini a quelli che Pascoli aveva dedicato alla Garfagnana. Racconta di falsi pellegrini, veneri equivoche, morti che ritornano, bestemmiatori inveterati, tutte figure del maligno, temutissimo, eppure sempre presente all’immaginazione, come reagente necessario alla mistica gloria di Dio celebrata dallo scrittore. Egli scrisse cronache dei miracoli quotidiani sulle colline in cui era cresciuto, in cui il mondo agrario celebrava la sua ultima stagione mitologica, di cui Lisi non seppe immaginare la fine.