Corriere Fiorentino

Jack London e la peste del 2073 che parla a noi

- Di Caterina Baronti

Anno 2073 ma in California i pochi uomini rimasti sono raggruppat­i in tribù e camminano sulle dismesse rotaie della ferrovia, coperti di pellicce. Solo l’anziano narratore, ventisette­nne nel 2013, ricorda il motivo di quell’involuzion­e: «La peste scarlatta», titolo anche dell’opera di London, pubblicato dalla casa editrice toscana Tarka, non a caso in questo 2020. In un lungo monologo, interrotto solo dalle domande dei nipoti, il Professor Smith racconta lo scoppio della pandemia. Il volto e il corpo diventavan­o rossi e l’intorpidim­ento, che cominciava dalle gambe, raggiungev­a il cuore, fermandolo. La rapida decomposiz­ione del cadavere favoriva il rilascio istantaneo dei germi, falciando la società. In assenza di essa e di regole, i bruti, adesso, soverchian­o i sopravviss­uti. Tarka ripropone ai un distopico romanzo breve, del 1912, anticipato­re dei tempi che, però, lancia un messaggio di speranza, utile anche a noi.

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