I CATTOLICI TRA REALTÀ E POLITICA
Come in altre regioni italiane, anche le elezioni toscane sono state toccate dal ritorno dell’antica questione relativa allo spazio politico dei cattolici nella complessa e fluida geografia partitica italiana. Alcune candidature nelle liste di alcune forze politiche, riconducibili a parti importanti del mondo cattolico, assieme all’emergere di una sorta di insofferenza diffusa dentro una parte della rete associativa che anima quella realtà, fanno di questo voto regionale un passaggio interessante per valutare spazi e opportunità di un impegno politico dei cattolici in quanto cattolici. La tornata elettorale che segna la riconferma del centrosinistra e porta Eugenio Giani alla presidenza della Regione ha caratteristiche che, al di là di una lettura segnata dalla certo legittima retorica politica della tradizione del buon governo, mostrano i segni di una realtà culturale e sociale assai più complessa. Ricollocato nella storia elettorale degli ultimi quindici anni, il voto del 20-21 settembre restituisce non solo una serie di nodi ancora irrisolti, sul piano della vita della regione, ma anche un elettorato divenuto più fluido e mobile. Vi è una porzione considerevole di elettori che, a ogni voto, si muove in ragione di valutazioni che attengono non certo all’appartenenza ideologica, ma piuttosto rispondono ad aperture di credito verso chi è ritenuto più idoneo ad assumere la guida politica della Regione.
Dentro questo scenario si assottiglia anche in Toscana lo spazio di divisioni identitarie e si riduce lo spazio elettorale di partiti o formazioni politiche che intendano intestarsi una rappresentanza cattolica. E tuttavia questo orizzonte non esaurisce, dal punto di vista dei cattolici, l’attenzione che dovrebbero portare alla cosa pubblica e al suo governo. L’assenza di schemi culturali forti dentro un panorama partitico oramai modellato su esigenze elettorali più che di governo, determina un vuoto culturale crescente e uno stato di costante distanza fra dimensione sociale e quadro politico. Fragilità, queste, che si palesano con chiarezza sempre maggiore di fronte al ritorno di un primato della realtà che ancora non trova interpreti adeguati. Ed è proprio sulla realtà e sulla sua intelligenza che si delinea invece il profilo di una funzione «politica» dei cattolici, che si sostanzia mediante due disposizioni, due facce di una stessa moneta: lo sforzo di capire le cose nella loro verità e l’attitudine a ricondurre le cose alla dimensione che è loro propria, rifuggendo da ogni assoluto, perfino dalla logica della «negoziabilità». In questo terreno, che sta fra la realtà e la politica, i cristiani sono chiamati a giocare una sensibilità che si radica nella coscienza del Vangelo come punto di perenne contraddizione rispetto a ogni struttura e ad ogni potere. In tempi di facili trionfalismi elettorali, tanto esili quanto di corto respiro, è questo un modo di guardare anche la politica che riporta ad un sano relativismo che è radicato nella sapienza antica del Popolo di Dio. Sono queste le coordinate di un cammino possibile per i cristiani di questo tempo, anche in Toscana, e al tempo stesso di uno spazio nel quale vi è un compito più che politico, che guarda all’uomo e alla comunità umana e non resta impigliato nei limiti di una parte.