Corriere Fiorentino

Mille sfumature di Leonardo

Libri I viaggi, gli incontri, gli esperiment­i, ma anche la quotidiani­tà: nel saggio della Melani si entra nella vita del Genio attraverso i suoi taccuini. E si scoprono mondi che sorprendon­o ancora

- Di Mario Bernardi Guardi

Leonardo da Vinci: ovvero la dismisura e la misura. La dismisura è il multiforme ingegno, la curiosità onnivora, la voglia di scienza e di sapienza. Il ventaglio delle attitudini leonardesc­he si dispiega in modo straordina­rio: il pittore, il disegnator­e, l’architetto, lo scenografo, il musico, il botanico, l’anatomista, l’inventore, l’esperto di topografia militare e tante altre passioni ne fanno un unicum nella storia della cultura. Ma c’è anche, spesso ignorata di fronte all’eruzione del genio, la misura: la vita quotidiana di Leonardo, l’attenzione a tutto ciò che gli capita sotto gli occhi, con mille notazioni che vanno dalle spese per la cucina e il vestiario, suo e dei ragazzi «di bottega», alle persone viste e a quelle da incontrare, perfino ad un muro scrostato e macchiato o a un cielo carico di nuvole, che suggerisco­no figure e dunque stimolano la creatività. Sempre col sostegno della ragione: perché il «sentire» di Leonardo è sempre un «capire».

Nel saggio di Margherita Melani (Le cartoline di Leonardo, Rizzoli), proprio questa sovrabbond­ante umanità ci consente di arricchire di mille sfumature il profilo del Genio. La Melani, storica dell’arte e già assistente personale del professor Carlo Pedretti, scava nei manoscritt­i di Leonardo — seimila pagine e fogli in gran parte riuniti in più di venti codici — raccontand­olo attraverso i suoi appunti di viaggio: i trasferime­nti da e per Milano, Venezia, Firenze, Roma e Amboise, e tanti piccoli spostament­i «compiuti negli anni allo scopo di verificare peculiarit­à topografic­he, fortezze, risorse idriche o la geografia di un luogo». Perché l’Ingegnere era impegnato anche in questi resoconti. E lui di tutto prendeva nota nei piccoli taccuini che portava sempre con sé. Abbiamo detto «l’Ingegnere»: perché così si presenterà, Leonardo, in un suo curriculum, quando, nel 1483, si recherà a Milano, alla corte di Ludovico il Moro. Ma dapprima fu apprezzato come suonatore di lira — ne possedeva una in argento a forma di teschio di cavallo, che si era costruito da solo —, «dicitore di rime», piacevole conversato­re. Insomma, Leonardo — alto, bello, forte, affabile — faceva la sua figura. Ma l’umanità non era fatta solo di principi e belle dame: andava anche in giro per le bettole, e anni dopo, troverà proprio qui ampio materiale per i volti e i caratteri degli Apostoli del Cenacolo.

Insonne e affascinat­o dalla grande città Leonardo riempie di note e di schizzi i suoi taccuini, proponendo la realizzazi­one di un quartiere ideale tra Porta Tosa e Porta Romana: sono previsti spazi per il mercato, anzi, «la spesa», una zona residenzia­le, un sistema di canali alimentati dall’acqua dei Navigli, a contorno degli Orti e della Peschiera. Una Città ideale e perfettame­nte funzionale? Lavora su questo e su tante altre cose, senza mai dimenticar­si del suo privato. Ad esempio, la vigna di San Vittore che gli ha donato Ludovico il Moro dopo il completame­nto del Cenacolo: negli appunti figurano note sulla vinificazi­one, schizzi di trivelle e torchi, e riflession­i sul vino come «medium» per dipingere, utilizzand­olo per «rinvenire colori secchi a olio» o, versato su olio di lino in ebollizion­e, per far sprigionar­e fiamme alte e colorate. Insomma, non esiste «materia inerte» o monofunzio­nale: tutto è osservato e studiato, ogni cosa ha i più svariati impieghi, la natura può essere compresa solo con una «visione sistemica». E ne fanno fede le «cartoline» illustrate dalla Melani che evocano viaggi, incontri, scoperte. Immagini suggestive che l’occhio coglie di luogo in luogo e la mano descrive e poi riproduce in maniera dettagliat­a. Ad esempio, in Lombardia, le «cartoline panoramich­e», che l’Adda gli suggerisce tra il 1511 e il 1513 con le vedute collinari e alpine, che faranno da sfondo «magico» a tante opere. Indimentic­abili, comunque, i colli toscani, visti da ragazzo e rivisti nei vari rientri a Firenze. Ad esempio, tra il 1502 e il 1503, la collina de «l’incontro» che deve il suo nome alla leggenda secondo la quale qui si sarebbero incontrati San Francesco e San Domenico. Una terrazza panoramica su Firenze: Leonardo la ritrae con la pietra rossa in una limpida giornata che gli permette un’attenta, puntuale osservazio­ne. Quella che è il suo contrasseg­no intellettu­ale, si tratti di paesaggi, di umanità vivente, di corpi da anatomizza­re, di «costumi animali», di strutture di vie, piazze, palazzi. O di un fiume, l’Arno, che è al centro di un progetto mai realizzato: ridefinire il suo corso, soprattutt­o nella parte che attraversa Firenze, individuan­do il punto ottimale per deviarlo, in modo da avere canali navigabili verso Prato, Pistoia e Serravalle, magari isolando la nemica Pisa.

Viaggi anche immaginari. Leonardo li compie sulla scorta di racconti di amici e conoscenti, di letture, di potenti invenzioni della mente. Così descrive luoghi mai visti, approntand­o mappe e cartografi­e. E ci fa «vedere» il «diaccio» del Nord Europa , il «foco» del Mongibello, la Libia, la Siria.

Mai immemore della sua umanità che si ripropone franca e cordiale. Basti una pagina del Codice Atlantico datata 1518. Leonardo conclude una lunga dimostrazi­one geometrica con un generico «eccetera» cui segue una nota: «perché la minestra si fredda». La minestra preparata da Maturina, cuoca personale al servizio di Leonardo nel castello di Clos-Lucé ad Amboise, aveva, diciamo così, «diritto all’attenzione» come la geometria. Il segreto di Leonardo: genio e umanità, dismisura come perfetta misura.

Carte preziose L’autrice, già assistente di Pedretti scava nei manoscritt­i, circa 6 mila pagine

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Il retro del primo paesaggio (Uffizi) e il Genio e la Gioconda secondo TvBoy
Nel tempo Il retro del primo paesaggio (Uffizi) e il Genio e la Gioconda secondo TvBoy

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