Caso Bekaert due anni dopo: un Natale con 170 lettere di licenziamento?
L’aut aut dell’azienda: altra cassa integrazione o lettere per 170 entro il 15 dicembre
Un Natale veramente amaro si preannuncia per i 170 lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno: l’azienda — secondo quanto riferiscono fonti a diretta conoscenza della vicenda — avrebbe già informato il Governo dell’avvio delle procedure per recapitare le lettere di licenziamento a metà dicembre. Il motivo è che nel prossimo mese di marzo scadrà la cassa integrazione accordata per prendere tempo e trovare un acquirente per la fabbrica di Figline Valdarno e la comunicazione di licenziamento deve essere inviata ai lavoratori entro 75 giorni dalla scadenza di quel termine. Così Babbo Natale porterà a decine di famiglie il peggiore dei doni. A denunciare la situazione sono stati i sindacati, Fim, Fiom e Uilm, che denunciano il «silenzio inaccettabile» delle istituzioni: «Sulla reindustrializzazione ci sono stati impegni ben precisi presi da Governo e Regione ad ora completamente disattesi, come quello di una convocazione entro ottobre — dicono i sindacati — Chi ha responsabilità istituzionali non si può sottrarre agli impegni presi con queste famiglie, con questo territorio».
Le strade a questo punto sono due: o il Governo concede una proroga degli ammortizzatori sociali oltre il mese di marzo (sentiero difficile da percorrere visto che nello scorso agosto l’Esecutivo ha concesso per decreto la possibilità di licenziare in caso di cessazione dell’attività, derogando al blocco dei licenziamenti imposto inizialmente in funzione «anti Covid»), oppure si trova nell’arco di qualche settimana l’acquirente che non si è stati capaci di trovare in due anni e mezzo.
Quando la multinazionale belga Bekaert annunciò di voler cessare le proprie attività nello stabilimento toscano, infatti, il Governo (allora il ministro dello Lavoro era Luigi Di Maio) e la Regione (guidata da Enrico Rossi), la ricondussero a più miti consigli concedendo gli ammortizzatori sociali e impegnandosi a trovare un soggetto interessato a rilevare la produzione o almeno parte di essa. Dopo due anni e mezzo, si sono registrati gli avvicendamenti sia in sede ministeriale che regionale, ma di acquirenti non se ne sono visti. Sfumata anche l’ipotesi — caldeggiata da una parte delle rappresentanze sindacali — di costituire una cooperativa di lavoratori per dare continuità alla produzione, siamo di fatto al punto di partenza. Ma con la scadenza degli ammortizzatori sociali, Bekaert, che è ancora formalmente titolare dei rapporti di lavoro, dovrebbe ricominciare a pagare gli stipendi ai lavoratori. E non ha nessuna intenzione di farlo. L’ultima notizia filtrata risale allo scorso agosto, con l’interessamento di Trafilerie Meridionali, azienda attiva nel settore delle lavorazioni metalliche che avrebbe valutato il dossier con il supporto di Invitalia. Poi è sceso un silenzio inquietante che non è stato rotto neppure per l’incontro che avrebbe dovuto svolgersi alla fine dell’estate per l’aggiornamento dell’accordo di programma.
I sindacati chiamano in causa il Governo e il presidente della Regione Eugenio Giani che li incontrò subito dopo essersi insediato.
I cancelli della Bekaert sono diventati un simbolo, hanno visto sfilare decine fra ministri, parlamentari, consiglieri regionali. Persino Sting ha preso la chitarra e ha cantato la propria solidarietà. Ma di concreto non s’è mosso nulla.
I sindacati fanno notare che il prossimo 21 marzo salterà completamente il blocco dei licenziamenti (anche in caso di prosecuzione delle attività, con un ulteriore allargamento della possibilità di interrompere i rapporti di lavoro già parzialmente reintrodotta con il decreto dello scorso agosto) e c’è il serio rischio che la Toscana si avvii verso un autentico disastro sociale.
I sindacati confederali
«Sulla vicenda è calato un silenzio inaccettabile da parte delle istituzioni. Regione e Governo hanno preso impegni ben precisi sulla reindustrializzazione, a ora completamente disattesi»