Il prorettore, la «zarina», il chirurgo fuoriclasse Tornati nel mirino dei pm
«Ho ricevuto un avviso di garanzia». Luigi Dei, rettore dell’Università di Firenze, ha sorpreso ancora una volta tutti, scardinando la regola di segretezza delle indagini. «Ogni documentazione ritenuta utile è stata acquisita dell’autorità giudiziaria per ogni opportuna valutazione. Sono sereno e fiducioso che ogni vicenda potrà essere chiarita». Non è la prima volta. Anche nel giugno scorso, aveva annunciato con un comunicato stampa di essere indagato per presunte irregolarità nel concorso universitario per la cattedra che si aggiudicò nel 2018 Pierluigi Stefàno, cardiochirurgo di fama internazionale. D’altra parte, Dei ha fatto della trasparenza la sua battaglia, sin da quando è stato eletto rettore nel 2015 a Firenze, dove ha vissuto tutte le tappe del suo percorso universitario: studente, ricercatore e divulgatore. Prese a prestito le parole di Dwight Eisenhower quando nel giugno di quell’anno da direttore del dipartimento di chimica batté con 1.096 voti la ex prorettrice e biologa di Careggi Elisabetta Cerbai: «Sono convinto che un capo debba avere l’umiltà di accettare pubblicamente la responsabilità degli errori dei subordinati che ha scelto e che, del pari, debba riconoscere pubblicamente il merito dei loro successi». Stile pacato, con piglio giovanile postò su Facebook il risultato di quella sorprendente elezione sulle note di Magnificient degli U2. Mai sul piedistallo, dicono al’unisono, sostenitori e detrattori.
Nel 2019, nel pieno dell’inchiesta sui presunti concorsi pilotati, propose la sua ricetta per garantire la trasparenza nel reclutamento di ricercatori associati e ordinari. Un «pulsante anticorruzione» per denunciare le irregolarità, commissioni nominate con sorteggio e controlli sui professori a tempo pieno con incarichi extra. «La prevenzione è fondamentale e vogliamo valorizzare il che sia valorizzato sempre di più il merito», così presentò le nuove regole sull’arruolamento dei docenti. Non è l’unico a ritornare nel mirino della Procura fiorentina. Spunta ancora una volta Monica Calamai, ex direttore generale dell’azienda di Careggi, ex direttore dell’assessorato toscano alla Salute, tra le persone più influenti nelle decisioni dell’allora governatore Enrico Rossi, e da luglio 2020 alla guida della Ausl di Ferrara. Il suo nome era apparso anche nell’inchiesta sul concorso pilotato a professore associato in neurochirurgia. Per la Procura, quella cattedra sarebbe stata cucita su misura per il veneziano Alessandro Della Puppa, che se lo aggiudicò nel 2018. All’epoca dicevano: non c’è decisione sulla sanità che non passi da Monica Calamai. È laureata in medicina ma ha dedicato la sua carriera all’amministrazione. Venne battezzata la «zarina» di Careggi. Nel 1999 assume la direzione sanitaria dell’Asl di Grosseto e in breve tempo, è promossa direttore sanitario a Siena e poi direttore generale ad Arezzo e successivamente a Livorno. Nel 2013 approda a Firenze come dg a Careggi. È l’inizio del rinnovamento. Attrae investimenti che portano alla rivoluzione dei reparti e impone ai medici standard di produttività mai conosciuti prima. Decisioni non sempre apprezzate dagli universitari che lamentano di essere trascurati rispetto ai medici ospedalieri. È lei che invita i dipendenti a mettersi in forma: non solo per migliorare le condizioni fisiche ma anche per evitare assenze per malattia.
Ritorna nel mirino della Procura l’ex prorettore Paolo Bechi. Nel 2019 come nelle attuali carte dell’inchiesta, sarebbe anche lui a ideare e programmare i concorsi costruiti su misura sui candidati. Un passato da professore ordinario in chirurgia generale, un mago nella chirurgia gastrointestinale, autore di importanti brevetti chirurgici. Ha uno stile d’altri tempi. È lui la voce del mondo accademico nell’eterno scontro con gli ospedalieri. È lui che propone l’arruolamento delle star della medicina a Careggi: dal cardiologo Carlo di Mario al chirurgo epatico Paolo Muiesan.
Tra le star sbarcate a Careggi anche il veneziano Della Puppa, indagato per due volte nelle inchiesta per i concorsi pilotati. Nel 2018 vince la cattedra per associato: è ritenuto bravissimo in sala operatoria. Nel 2019, coinvolto nell’inchiesta, fu interdetto per sei mesi dall’attività organizzativa dell’Ateneo, ma la misura fu annullata dal Riesame e poi
La lettera a Firenze Dalla Puppa: «Sono venuti a cercarmi a Padova e da allora ho dovuto difendermi»
dalla Corte di Cassazione. Non si stancò di ripeterlo: «Sono venuti a cercarmi per portarmi da Padova a Firenze e ora mi trovo in questa bufera senza aver fatto nulla». Scrisse una lettera alla città: «L’idea di lavorare qui mi piaceva perché rappresentava una sfida che mi avrebbe permesso di aprire un nuovo ciclo della prestigiosa neurochirurgia fiorentina e renderla la più forte. Ho iniziato a lavorare e da quel momento ho dovuto pensare anche a difendermi. Non avevo mai dovuto difendermi nella mia vita, ma sempre difendere i pazienti dalla malattia. Ma credo nei fiorentini e vado avanti».