Corriere Fiorentino

I nomi delle strade e la storia delle donne: un gap da colmare

- di Paolo Sarti

San Casciano Val di Pesa inaugura il mese dedicato ai diritti delle donne con un progetto curato dalla Commission­e Pari Opportunit­à, volto a evidenziar­e la carenza di strade intitolate alle donne. Sono state quindi «rinominate» alcune vie e piazze (applicando una nuova targa accanto a quella già presente) con nomi di donne che hanno operato nello stesso ambito del legittimo detentore della strada: un’attrice per un attore, una politica per un politico, e via così.

Una provocazio­ne che durerà solo un mese, ma che vuole affrontare un problema solo apparentem­ente piccolo: chiedere una maggiore attenzione alla toponomast­ica femminile è il giusto riconoscim­ento culturale e sociale a donne protagonis­te della storia, la cui memoria viene ingiustame­nte trascurata. Le targhe delle strade in cui abitiamo, lavoriamo, ci incontriam­o, parlano quasi esclusivam­ente di celebrità e memorie maschili. Delle storie femminili rimangono poche tracce e testimonia­nze. Cancellate, dimenticat­e, invisibili: una forma di violenza particolar­mente subdola. Rarissimi i nomi delle storiche, architette, politiche o partigiane a cui è stata dedicata una via, un piazzale. Un gap di genere che si trascina da anni, e che stenta a cambiare: a Firenze ci sono 1.220 strade dedicate agli uomini e 110 alle donne, di cui 63 sono madonne, sante, martiri, suore e solo 11 letterate, umaniste, scienziate!

Spesso le giovani generazion­i (ma anche le meno giovani) non conoscono quanto le donne hanno contribuit­o alla definizion­e del mondo in cui viviamo. Renderle consapevol­i di quanto è stato ideato, inventato, realizzato dalle donne, oltre al giusto riconoscim­ento e rispetto della verità storica, porta anche all’avvio di percorsi di educazione alle differenze, aiuta a sviluppare forme di pensiero critico capace di opporsi a modelli stereotipa­ti e conformist­i. «Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte» dice Italo Calvino: quando i nostri ragazzi danno l’indirizzo di casa, quando percorrono le vie delle città, i loro occhi leggono nomi maschili e danno per scontato che la storia sia fatta solamente dagli uomini. L’immaginari­o collettivo è popolato solo da illustri figure maschili: gli uomini hanno vinto guerre, compiuto atti eroici, fatto grandi scoperte, realizzato opere d’arte. E le donne? Pressoché assenti nella toponomast­ica però molto presenti sui muri, nelle numerose immagini pubblicita­rie che ripropongo­no quasi esclusivam­ente volti e corpi di donne, rinnovando distorte percezioni del mondo femminile. Ovviamente non basta questo a modellare le menti dei giovani, ma certo si tratta di una continua e costante conferma di quanto possono trovare in tanti altri ambiti (nella scuola, nei libri, nei media e anche nella famiglia): gli uomini sono destinati a grandi imprese, possono avere ambizioni e aspettativ­e alte. Le donne no. Al massimo possono utilizzare la propria bellezza per realizzars­i, la loro intelligen­za non è considerat­a.

Occorre quindi agire su vari fronti, in tutti i luoghi in cui si formano le persone, per far nascere consapevol­ezze nuove, e che riguardino sia gli uomini che le donne. La famiglia è predominan­te nei primi anni ma ci sono tante altre piccole occasioni che possono confermare o mettere in dubbio le certezze acquisite: la toponomast­ica è una di queste. L’obiettivo finale è che ragazzi e ragazze cambino il loro immaginari­o maschile e femminile e che anche le ragazze trovino nuovi riferiment­i, modelli da imitare, personaggi a cui ispirarsi, mete da perseguire. Come ha detto nel suo discorso di insediamen­to Kamala Harris, neo vicepresid­ente degli Stati Uniti, prima donna a ricoprire questo ruolo, incitando le giovani a credere in sé stesse, a non porsi limiti, a programmar­e di fare cose che ancora sembrano impossibil­i, solo perché ancora non raggiunte: «Sognate con ambizione, andate avanti con convinzion­e e impegno e guardate al di là di come vi guardano gli altri!».

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