Corriere Fiorentino

IDENTITÀ SENZA BANDIERE?

- Di Ernesto Poesio

Sarebbe davvero curioso se, come raccontano le indiscrezi­oni, la nuova maglia della Fiorentina richiamass­e quella degli anni ‘80. Di Passarella, Bertoni, Socrates certo. Ma soprattutt­o quella di Giancarlo Antognoni. Sarebbe curioso se proprio mentre la Bandiera viola se ne va sbattendo la porta, la società di Commisso scegliesse di andare a caccia delle proprie radici. Curioso, inspiegabi­le con gli occhi del sentimento, molto meno con quelli del mercato. Già, perché il giglio con la «F», tanto contestato all’epoca, appare oggi più contempora­neo, come lo è la scelta di molti club (Juventus, Inter, Roma ad esempio) di proporre nuovivecch­i brand. Il passato come risorsa per il futuro, se il concetto può valere (e bene) nel marketing, più difficile è quando si ha a che fare con le persone. Non «bandiere immobili», ma ponti con le realtà in cui, acquistand­o un club, le nuove proprietà (sempre più spesso straniere) sarebbero tenute a confrontar­si. Ma nella logica del business, di ponti è sempre meglio averne pochi. Per poter tirare dritto, senza sentimenta­lismi o consigli che non portano solo al profitto immediato. L’apporto di Giancarlo Antognoni alla Fiorentina non poteva essere monetizzat­o (a parte qualche cena come premio vinto ai punti). Perché l’esperienza non ha un prezzo e perché la capacità di vivere le logiche di uno spogliatoi­o non si comprano. Eppure, come dimostra l’Italia di Mancini, sono quelle risorse che fanno la differenza fra una storia sportiva di successo e una anonima. L’era Commisso era iniziata con un bagno di folla, è continuata con la ricerca del consenso e poi col tentativo di creare un rapporto diretto con i tifosi bypassando tutto e tutti. Una specie di fortino, dentro o fuori, con me o contro di me. Tanti ex viola nell’ultimo anno hanno deciso di andarsene o sono stati accompagna­ti alla porta come Dainelli, Buso, Donadel per non parlare di Cesare Prandelli o Borja Valero. Il giorno della presentazi­one di Italiano Daniele Pradè ha per la prima volta ammesso una mancanza di identità. Siamo d’accordo con lui, e più volte lo abbiamo evidenziat­o. Ora più che mai è quella la strada. Da percorrere però senza la propria bandiera. Non è un controsens­o?

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