Corriere Fiorentino

Imprendito­re condannato a due anni per la morte di un lavoratore

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CAMPO NELL’ELBA Massimo Schezzini lavorava il campo di un stabilimen­to balneare con la motofresa, la mattina del 29 maggio 2017. Tutto avvenne in una manciata di minuti, nella zona di Bonalaccia, all’isola d’Elba. La macchina che andava a passo d’uomo si ribaltò e l’operaio rimase intrappola­to tra le lame della motozappa. I soccorsi furono tempestivi, ma inutili. Per lui non ci fu più nulla da fare. Aveva 58 anni e tutti lo ritenevano un operaio esperto. Per quell’infortunio, il tribunale di Livorno ha condannato in abbreviato (rito che prevede la riduzione di un terzo della pena) il titolare dello stabilimen­to a due anni di reclusione, pena sospesa. Dovrà anche risarcire l’Inail e famiglia, la compagna e due figli della vittima, che si erano costituiti parte civile con l’avvocato Cesarina Barghini.«Dopo quattro anni e quattro mesi è arrivata la sentenza», sussurra al telefono Catalina Schezzini, sorella ed ex sindaco di Rio d’Elba. «Ma ogni udienza ha risvegliat­o, in me e negli altri due fratelli, il terribile dolore per la perdita di Massimo. Non c’è giorno che non ripensi a quella mattina: è uscito da casa salutando: “ci vediamo a pranzo”. Ma non è più ritornato». Massimo Schezzini in passato aveva gestito l’albergo di famiglia, poi dopo la vendita della struttura si era dedicato ad altri lavori. «Era allegro mio fratello, aveva tanti amici. Guidava l’auto e la moto, andava in surf e in barca a vela, ma ha sempre fatto tutto con estrema perizia. Quel giorno avremmo dovuto incontrarc­i, invece, l’ho ritrovato, privo di vita, sul tavolo di un ospedale. È diventato uno dei tanti operai morti sul lavoro».

Valentina Marotta

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