UN MOSAICO DI STILI E FALSI STORICI SENZA IERI NÉ DOMANI
Dal punto di vista topografico, via Santa Caterina d’Alessandria non è che la continuazione di via Nazionale dopo piazza Indipendenza; da quello urbanistico, il cambiamento è invece sufficientemente netto da giustificare i diversi odonimi.
L’intitolazione alla martire egiziana del quarto secolo si deve all’enorme devozione di cui era oggetto nel Medioevo (tra i «quattordici santi ausiliatori», era patrona di ben sessantaquattro città). Non traggano però in inganno le due isolate colonne corinzie all’angolo di via Poggi, che parrebbero rimandare all’ellenismo alessandrino: in realtà la chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore fu progettata da Giuseppe Martelli in un superato stile neoclassico e le due colonne non sono che l’eredità della facciata, rimasta incompiuta. Né si trova eco reale di Santa Caterina nell’istituto a cui dà oggi il nome, anch’esso di costruzione recente. Per trovare le sue tracce, e con esse l’origine del toponimo, è necessario scavare: a lei faceva infatti capo un antico monastero, posizionato di fronte a via delle Ruote, che ospitava in origine le agostiniane; da esse passò a molti altri ordini: ai Cavalieri di Santo Stefano, poi ai Capitani del Bigallo, e poi per loro iniziativa agli Abbandonati, che nel 1788 lasciarono spazio a una scuola femminile leopoldina, mentre con l’Unità i locali divennero un deposito di Sali e Tabacchi, fino a quando nel 1950 non vi venne costruito sopra il Palazzo del Tesoro.
Fu forse un inconscio senso di colpa per la perdita dello storico monastero a portare il Comune a costruire la chiesetta di San Giuseppe, adibita (con involontaria ironia, visto che si sarebbe ritrovata di fronte l’Agenzia delle Entrate) a cappella mortuaria. Data in uso ai Padri delle Missioni, col suo falso stile gotico fu una pezza peggiore del buco, fatta salva la Pietà del Dupré nella lunetta. Meglio sarebbe stato forse, andare all-in e puntare sulla modernità integrale, come fece Adriano Olivetti che assegnò la costruzione del suo palazzo, oggi «Centro Leasing» (civici 32-34), a un architetto d’avanguardia come Alberto Galardi.
Così via Santa Caterina d’Alessandria avrebbe potuto essere la proiezione di via Nazionale verso il futuro; è, invece, col suo mix di antichità, modernità e falsa antichità, un più realistico commento all’Italia contemporanea: un luogo, per dirla con Gramsci, in cui il passato è morto ma il futuro fatica a nascere.