Corriere Fiorentino

ORDINI, DISORDINI E CACIARE

- Di Stefano Fabbri

L’ignoranza delle norme non può essere invocata da chi ha la ventura di infrangerl­e. Ma obbligo del legislator­e dovrebbe essere quello di produrre provvedime­nti chiari, univoci, intelligib­ili e possibilme­nte semplici. Altrimenti il rischio è che essi non solo non vengano capiti ma che la loro difficile comprensio­ne serva da alibi a chi, magari avendoli intesi perfettame­nte, sia tentato dal buttarla in caciara. Questo vale sempre, ma oggi più che mai di fronte ad una fase difficile della pandemia e senza contare il validissim­o ottavo corollario alla Legge di Murphy, secondo il quale i cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzion­i che si prendono per impedirgli di nuocere. Ma non c’è dolo, né furberia o cretineria tra i tanti che si chiedono perché se da ieri per andare in bus o in metropolit­ana serve il green pass, sarà solo tra dieci giorni che, ad esempio, il pass servirà per un taglio di capelli? E perché dal primo febbraio per entrare in un ufficio postale? Quale previsione di ulteriori rischi di contagio si prevedono dal 20 gennaio attraverso la lima della manicure e quale invece, dieci giorni dopo, connessa all’atto di pagare un bollettino? E le mascherine? Nonostante l’obbligo di indossare le Ffp2 sui mezzi pubblici se ne vedono più sul volto di pedoni in strade semi deserte che su quelli di passeggeri della tramvia. E se il decreto approvato dal Consiglio dei ministri ha avuto bisogno che Draghi scendesse in campo per spiegare, la musica non cambia a livello locale.

Gli ordini e i contrordin­i sul tracciamen­to e sulle procedure per uscire dall’isolamento qui in Toscana si sono succeduti rapidissim­i in un pugno di giorni. Ultima l’ordinanza del presidente della Regione Eugenio Giani sulla «liberazion­e» per chi, un tempo positivo al Covid, ha avuto un tampone negativo che ne testimoni la guarigione. Una procedura ragionevol­e, ma che rischia di impattarsi sul dedalo di norme che si sono nel frattempo stratifica­te e che porta con sé un altro rischio: quello per cui chi si trova positivo attenda con pazienza bovina che passi la nottata ed esca di casa con l’esito del tampone negativo in tasca, ma senza notificare alcunché. Facendo così saltare l’essenza stessa del tracciamen­to che non è quello di sapere chi si è infettato bensì di mettere in guardia coloro i quali sono stati in contatto con lui. Il disordine, dunque, è grande sotto il cielo ma la situazione non è affatto eccellente. Intendiamo­ci: non è facile fare i conti con le tante variabili di situazioni personali, di categorie economiche, di età, di stato di salute che sono in questo momento in campo. Ma offrire a ripetizion­e pacchetti di norme che cambiano con la stessa facilità e rapidità delle immagini di un caleidosco­pio non aiuta di certo ed ha anzi il potere di aggiungere disorienta­mento a disorienta­mento, fino a far finta che quelle regole non esistano e che basti il buon senso che spesso c’è ma tante altre volte manca. Alla fine ci sarà chi paradossal­mente invocherà «aridatece il lockdown», quando almeno si sapeva cosa si doveva fare. E soprattutt­o che cosa non fare.

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