Corriere Fiorentino

«La lezione dei Presidenti»

Pertini, Cossiga, Ciampi... Valdo Spini nel saggio «Sul colle più alto» (Solferino) racconta storie e aneddoti sugli inquilini del Quirinale. Con una morale: la fretta è cattiva consiglier­a

- Edoardo Semmola

Se c’è una lezione che Valdo Spini spera che l’attuale Parlamento abbia imparato, è quella che nel 1978 portò all’elezione di Sandro Pertini a Presidente della Repubblica. Ci vollero 16 tentativi ma «alla fine fu trovata una candidatur­a giusta e di successo».

Per trovare la lezione al contrario, quella da non replicare, fa un salto in avanti di sette anni: Cossiga. «Eletto al primo scrutinio ma si è rivelato una figura discussa». Morale della favola: la fretta è cattiva consiglier­a, la capacità di riflettere oltre le logiche di parte, è ciò di cui il Paese ha bisogno. Mancano due settimane all’inizio della maratona parlamenta­re che porterà a scegliere il successore di Sergio Mattarella al Colle. Chi sarà il tredicesim­o presidente? Per avvicinars­i a questa risposta, l’ex parlamenta­re e ministro socialista fiorentino ha pensato di mettere in fila ricordi e aneddoti sui dodici inquilini del Quirinale che finora si sono succeduti. Ne è nato un libro: Sul colle più alto (Solferino) distribuit­o in edicola insieme al Corriere della Sera e in tutte le librerie. Domani alle 17 presenta a Palazzo Strozzi

Sacrati in piazza Duomo a Firenze.

Di storie ne ha messe insieme quattordic­i perché «ho voluto inserire anche De Gasperi, è a lui che si deve la decisione di proclamare la vittoria della Repubblica sulla Monarchia nella notte tra il 12 e il 13 giugno del 1946 quando il re era ancora al Quirinale e si merita il titolo di capo provvisori­o dell’Italia». Per arrivare a 14 si deve considerar­e che ha tenuto divisi i due mandati di Giorgio Napolitano «per la differenza dei due momenti e per il significat­o che quella differenza porta con sé: dovrebbe dissuaderc­i dal tentare nuovamente l’ipotesi del secondo mandato».

Le forze politiche stanno animando il dibattito sulla succession­e a Mattarella più che mai. Perché lei ha voluto contribuir­e a questo dibattito con un libro di taglio storico?

«Perché in un Paese così difficile e delicato come l’Italia, la scelta del Presidente è sempre un estremamen­te importante: quando le istituzion­i vanno in panne, è lui che le deve riattivare. Non ho mai creduto nel premierato e nemmeno in un appannamen­to dei poteri del

Capo dello Stato, come se fosse una Regina Elisabetta senza corona. E poi, avendo 8 legislatur­e alle spalle, partecipo personalme­nte ai dubbi e ai problemi che i parlamenta­ri di oggi si staranno ponendo: il periodo che stiamo vivendo richiede riflession­i di saggezza, mi ricorda molto l’elezione del 1992 che fu condiziona­ta dalla strage di Capaci e costrinse in 24 ore le forze politiche a eleggere uno dei due presidenti delle Camere, Oscar Luigi Scalfaro».

Fu la volta che stava per diventare presidente un grande fiorentino, Giovanni Spadolini. Nel suo libro di passaggi «toscani» ce ne sono diversi.

«Intanto ci sono i due presidenti toscani: il livornese Carlo Azeglio Ciampi e il pisano Giovanni Gronchi. Eh sì, ci manca un fiorentino. Ci siamo andati solo vicini, con Spadolini. Poi c’è il ricordo della strage dei

Georgofili con Ciampi all’epoca al governo. Mettendo in relazione il mandato di Scalfaro e quello di Ciampi, nella chiave dello stragismo».

Ciampi è uno dei più amati, dagli italiani, ma anche da lei, per come ne parla...

«Di lui ricordo anche la visita ufficiale che fece a Massa Carrara e in cui fa accolto benissimo. E quando inaugurò a Cinquale il monumento alle donne sulla Linea Gotica».

I suoi ricordi più belli? «Quando ho accompagna­to

Pertini alla prima visita di un Presidente della Repubblica a Sant’Anna di Stazzema, il 30 settembre 1982. E poi l’anno successivo quando mi chiamò per rallegrars­i della mia rielezione. Gli dissi: “Adesso presidente la patata bollente è tua”. E lui risponde che De Mita ha perso il 6%, che Spadolini ha fatto il suo tempo, e che se Craxi se la sente potrebbe fare il governo lui. A quel punto gli chiesi se potevo dirglielo, a Craxi. Pertini risponde: “Sì ma digli anche di non farsi troppo nemici i comunisti”».

Quali insegnamen­ti possiamo trarre da queste storie per leggere quello che sta per succedere?

«Il Parlamento deve ricordarsi la necessità di formare una convergenz­a su una candidatur­a giusta come fu quella di Pertini, perché oggi c’è un’indubbia crisi di personale politico: il fatto che si dica tutti che Draghi deve stare o al governo o al Colle, quando in passato avremmo avuto sicurament­e un lotto di personalit­à più ampio, è indicativo. Adesso oltre al Pnrr ci serve un mini programma di risanament­o istituzion­ale che parta da una nuova legge elettorale, dalla riforma dei regolament­i parlamenta­ri, e dall’attuazione dell’articolo 49 della Costituzio­ne per dare ai partiti una forma compiutame­nte democratic­a».

Cosa è cambiato nel tempo, e cosa è rimasto uguale?

«È cambiato che in passato la scheda veniva deposta a cielo aperto, poi nel 92 furono introdotte le cabine per difendere la segretezza del voto, e ora il progresso della tecnologia mette in crisi quei catafalchi, perché potendo fotografar­e il proprio voto siamo tornati al rischio di dover dimostrare di aver rispettato le consegne di partito. Sarebbe fondamenta­le ricreare le condizioni di serenità e segretezza del voto di un tempo».

Interrogat­ivi

Avendo otto legislatur­e alle spalle partecipo ai dubbi che i parlamenta­ri si stanno ponendo

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 ?? ?? Primo piano L’ex parlamenta­re e ministro socialista Valdo Spini e il Palazzo del Quirinale (Lapresse)
Primo piano L’ex parlamenta­re e ministro socialista Valdo Spini e il Palazzo del Quirinale (Lapresse)

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